Vardø. Dopo la tempesta




Recensione di Francesca Marchese Avelluto


Autore: Kiran Millwood Hargrave

Traduzione: Laura Prandino

Editore: Neri Pozza

Genere: romanzo storico

Pagine: 336

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. 1617, Norvegia nordorientale. In una funesta vigilia di Natale, il mare a Vardø si è improvvisamente sollevato e una folgore livida ha sferzato il cielo. Quando la tempesta si è acquietata in uno schiocco di dita, così com’era arrivata, le donne si sono raccolte a riva per scrutare l’orizzonte. Degli uomini usciti in barca non vi era, però, nessun segno. Quaranta pescatori, dispersi nelle gelide acque del Mare di Barents. Alla ventenne Maren Magnusdatter, che ha perso il padre e il fratello nella burrasca, e a tutte le donne di Vardø non resta dunque che un solo compito: mettere a tacere il dolore e cercare di sopravvivere. Quando l’inverno allenta la presa e le provviste di cibo sono quasi esaurite nelle dispense, le donne non si perdono d’animo: rimettono le barche in mare, riprendono la pesca, tagliano la legna, coltivano i campi, conciano le pelli. Spinte dalla necessità, scoprono che la loro unità può generare ciò che serve per continuare a vivere. L’equilibrio faticosamente conquistato è destinato, però, a dissolversi il giorno in cui a Vardø mette piede il sovrintendente Absalom Cornet, un fosco e ambiguo personaggio distintosi, in passato, per aver mandato al rogo diverse donne accusate di stregoneria. Absalom è accompagnato dalla giovane moglie norvegese, Ursa, inesperta della vita e terrorizzata dai modi sbrigativi e autoritari del marito. A Vardø, però, Ursa scorge qualcosa che non ha mai visto prima: donne indipendenti. Absalom, al contrario, vede solo una terra sventurata, abitata dal Maligno. Un luogo ai margini della civiltà, dove la popolazione barbara dei lapponi si mescola liberamente con i bianchi e dove una comunità di sole donne pretende di vivere secondo regole proprie

Recensione


Vardø. Dopo la tempesta è un romanzo storico di quelli che si leggono tutto d’un fiato, seduti sul bordo della sedia, stringendo convulsamente tra le mani qualsiasi cosa capiti a tiro.

E’ una di quelle storie che nonostante si conosca già come andrà a finire non si può fare a meno di continuare a girare le pagine, riempiendosi gli occhi e il cervello di immagini disturbanti, che vorremmo non essere costretti a dover leggere o anche solo immaginare.

Perché  Vardø dopo la tempesta è la storia di uno dei periodi più bui che si sia mai abbattuto nella storia dell’Occidente: un tempo di ignoranza e superstizione, di paura e di degrado, di crudeltà e repressione.

Un tempo di stigmatizzazione e di condanna del diverso, perpetrato in nome di un dio, per il quale si sono commesse le peggiori repressioni, umiliazioni e segregazioni e che hanno portato a la caccia alle streghe.

E neanche Vardø, piccolo avamposto sulla costa nord orientale della Norvegia, sferzato dei venti e gravato da condizioni atmosferiche inclementi, è stato risparmiato dalla follia degli uomini e dall’ignoranza. Anzi, proprio qui tra il silenzio della storia e quello dovuto alla posizione remota e isolata ha avuto luogo una caccia e una repressione silenziosa ma implacabile: otto donne norvegesi, accusate di stregoneria e atti impuri con il diavolo, che il 24 dicembre 1917 avrebbero scatenarono una tempesta epica per uccidere i quaranta gli uomini dell’isola – tra mariti e figli – per prenderne  il possesso. E’ in questo clima che il sovraintendente Cornet, giunto direttamente dalla Scozia per ordine del Lensmann del Finnmark, arriva con la novella moglie investito dall’autorità del re Cristiano IV il quale, incapace di guadagnarsi meriti nella politica estera, riversa le sue frustazioni in quella interna, cercando il favore del popolo prima nella caccia ai Sami e poi alle streghe.

La prosa della Hargrave è perfetta nel rendere questa situazione. Vardø. Dopo la tempesta è un libro, cupo, estremamente atmosferico in cui le condizioni climatiche impietose sono rispecchiate totalmente nel senso di fatalità e impotenza incontro al quale si muovono tutti i personaggi.

Come la breve estate artica che illumina ma non scalda mai a sufficienza, così i momenti di spensieratezza del romanzo sono brevi e sporadici, ma resi con inaspettata intensità. La storia d’amore al centro della vicenda ne è un ottimo esempio: mai forzata, mai eccessiva. Appena abbozzata e costruita su parole non dette e sguardi scambiati di sfuggita.

Lo stesso vale per i personaggi: l’autrice non si perde in digressioni sul loro passato. Li abbozza, li pennella in maniera altalenante e discontinua. Non è facile provare empatia per loro ma tuttavia le loro emozioni giungono al lettore, intense seppur per breve durata.

La narrazione procede tra tratti più o meno prevedibili e si concretizza in un finale intuibile ma di grande impatto scenico e visivo. Le parti più incisive sono sicuramente quelle dedicate al processo e all’esecuzione delle presunte streghe. Su tutto spicca la minuziosa ricostruzione storica e delle condizioni di vita del periodo, che sono rese dall’autrice con dovizia di particolari e un attento occhio ai dettagli.

In conclusione quindi per leggere e apprezzare Vardo. Dopo la tempesta bisogna essere pronti e decisi. Non è un libro da leggere in qualsiasi momento, ma certamente la lettura sarà in grado di regalare forti emozioni e intense riflessioni.

A cura di Francesca Marchese Avelluto

frau1/booksthermodinamic

 

Kiran Millwood Hargrave


é una pluripremiata poetessa, drammaturga e romanziera britannica. I suoi libri per l’infanzia hanno vinto numerosi premi nazionali. Vardø. Dopo la tempesta è il suo primo romanzo storico.

 

Acquista su Amazon.it: