Adesso giochiamo

Sinossi. Arezzo, 1973. Un bambino senza nome diventa testimone di una storia che affonda le sue radici nel lontano 1944, nel passato ipocrita e fascista di un’intera nazione. Ma tutto ha inizio con un anziano settantenne felice all’idea che una prostituta gli si conceda gratis. Il giorno dopo, al momento del ritrovamento del cadavere del vecchio Alderigo Cartocci, viene recapitato un telegramma, epigrafe sepolcrale di un apparente regolamento dei conti: “Adesso giochiamo”. In una sola frase, la storia di un Paese che annaspa nel sangue degli innocenti e nelle menzogne dei colpevoli. Tra vecchi diari, gioielli rubati e una sequenza di omicidi, il carabiniere Paolo Magnolfi deve riportare alla luce i segreti e le vergogne che macchiarono gli ultimi anni di una guerra tragica e feroce come poche altre. Alla ricerca di una verità scomoda con cui ancora oggi fatichiamo a fare i conti: di cosa è capace un uomo quando perde la propria umanità? Che cosa accade quando la diversità fa più rumore dei bombardamenti e più paura della solitudine?
Autore: Massimo Fusai
Editore: Libro/mania
Genere: Thriller
Pagine: 229
Anno di pubblicazione: 2022
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Recensione di Chiara Forlani
È tenero il rapporto che lega l’autore al protagonista bambino del libro, suo probabile alter ego, che ci offre un quadro della vita e delle usanze degli anni Settanta, familiari a chi di noi è meno giovane, ma tanto differenti dallo stile di vita attuale. Erano gli anni nei quali in una piccola città come Arezzo si andava a scuola da soli perché non c’erano pericoli, in cui le merende erano diverse a seconda del ceto sociale, ci si trovava a giocare in strada e alla maestra si doveva sempre obbedire. Il piccolo protagonista si dedica a tutto questo, ma è anche testimone di un delitto, della morte violenta di uno strano essere che trascorre la propria esistenza immerso in una squallida libidine ed è un nostalgico fascista. Il bimbo vive questo avvenimento in modo ambivalente: da un lato ne è spaventato e dall’altro si sente un piccolo eroe, che può testimoniare di fronte ai coetanei la sua paurosa esperienza. Sarà proprio lui a contribuire al recupero di alcuni vecchi quaderni ritenuti molto importanti, che riportano una cronaca scritta dal medico Venanzio Panai, risalente al periodo successivo all’armistizio, gli anni 1943-44, che cambiarono gli equilibri politici di un’Italia stremata dalla guerra. In quel frangente Arezzo fu gravemente bombardata, prostrata e messa in ginocchio.
L’autore è molto bravo a portarci con sé, a coinvolgerci appieno nella storia che sta narrando. Insieme al rigattiere che lo ha tra le mani, leggiamo anche noi, come se fosse in diretta, il diario compilato dal dottore e ci ritroviamo a vivere in un’epoca terribile, nel corso della quale alcuni uomini si rifugiano in un casone lontano dalla città e si macchiarono di violenze atroci.
Si aggiunge a questa sapiente miscela la ricchezza e verosimiglianza dei dialoghi tra cittadini di Arezzo, arricchiti qua e là da un tocco di dialetto. Questo li rende più realistici e attraenti per il lettore, grazie alla musicalità e alla simpatia che solo il parlare toscano riesce ad avere.
L’idea più originale del libro, a mio parere, è stata quella di alternare pagine di storia cruda e realistica, riproposte dalle pagine del diario che viene dal passato, a momenti di rievocazione dei piccoli piaceri e passatempi di un bambino decenne anni negli anni Settanta. A momenti esilaranti come quello della pentola di minestra centrata dal pallone del protagonista, che vola direttamente dal fornello al pavimento imbrattando le scarpe della mamma, tirate a lucido per la serata danzante con la famiglia, seguono le morti sanguinose dei membri di un gruppo che durante la guerra si è macchiato di varie nefandezze. In questo modo tra una morte e l’altra il lettore ha la possibilità di tirare il fiato, grazie all’innocenza di un cucciolo d’uomo, che spesso ci fa sorridere con le sue gesta.
È proprio nel contrasto tra le vicende atroci che arrivano dal passato e l’innocenza di un bambino che risiede il valore del testo, che non si compiace delle brutture che l’animo umano può compiere ma le presenta in modo piano e cronachistico, come pura constatazione del punto più basso che un gruppo di uomini ha potuto raggiungere, mettendo in atto la propria crudeltà nei confronti di chi era debole o diverso.
È difficile scrivere di più senza rivelare troppo, per un romanzo che sembra correre verso un finale che può sembrare scontato, ma che si rivela ben diverso. Solo il piacere della lettura di un testo profondo e ben documentato, che alterna diverse epoche storiche e fedi politiche, in un carosello fatto di cupidigia e crudeltà, ma anche di umanità a tutto tondo.
“Era il segno lasciato dai tempi, dagli anni e dalla storia, la quale talvolta è monumentale e talvolta miserabile, come in questo caso.”
Consiglio la lettura di questo libro a chi ama il mistero, a chi ama la storia, ma anche a chi ama ritrovarsi nella purezza di un bambino.
Massimo Fusai
è nato nel 1963. Vive ad Arezzo con la moglie Luciana e lavora a Firenze come tecnico informatico. Appassionato di storia, astronomia, musica, viaggi (tanti, in passato) e soprattutto libri. Gestisce un canale Instagram e un blog letterario, dove non pubblica recensioni, ma propone spunti e riflessioni in merito ai libri che legge, Adesso giochiamo è il suo romanzo d’esordio.
A cura di Chiara Forlani
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