Akuaba




Recensione di Alessio Balzaretti


Autore:​ Francesco Staffa

Editore:​ D Editore

Genere: Romanzo

Pagine: 238

Anno di pubblicazione: 2020

 

 

 

 

 

 

Sinossi. Un’ombra dal passato oscura gli sguardi di Guido e Ada. Oggi, quel passato bussa alla porta, affiorando dal luogo dove trent’anni prima, in Nigeria, tutto è iniziato. È proprio dal paese africano che prende il via una vicenda in cui migrazioni, neocolonialismo, corruzione e manipolazione si intrecciano a un groviglio di passioni, desideri, ambizioni inseguite a qualsiasi costo. Dopotutto, chiunque è costretto, prima o poi, a perdere l’innocenza per cedere alle proprie ossessioni, per annullarsi, per perdere la propria anima. Ambientato tra Roma e Lagos, tra il litorale laziale e la misteriosa foresta di Osogbo, Akuaba mette in scena le ossessioni e le debolezze dei suoi protagonisti, dalla dilaniata Amma al tormentato Adebisi, dall’inquieta Fabiënne al cinico Franco, dalla posseduta Ada al soggiogato Guido. Sospeso tra noir e cronaca, Akuaba mostra le contraddizioni che albergano in ogni essere umano per riflettere sul disperato bisogno di imporsi, anche a discapito dell’altro da sé.«Conosceva quel ciondolo, era un amuleto diffuso. Una protezione che le donne indossavano per favorire la gravidanza e per assicurare salute e bellezza al nascituro. Un oggetto rituale capace di infondere forza e sostegno. Akuaba, così si chiamava»

 

Recensione

C’è sempre una debolezza che, nella vita, ci rende complici di qualcosa di sbagliato.

Forse è la rincorsa a qualcosa di impossibile quello che ci spinge a superare il confine, ad andare oltre ciò che, anche per noi, risulta immorale.

Akuaba è un simbolo di prosperità, un amuleto, una preghiera innalzata alla dea madre, che però, in questo romanzo, diventa il desiderio irraggiungibile, il punto di non ritorno di Guido e Ada.

È umanamente difficile aprire gli occhi sul periodo storico degli anni ottanta e su quella sorta di neo-colonialismo che vide molti italiani cercare fortuna in quei paesi africani, come la Nigeria, che offrivano opportunità di ricchezza e benessere a scapito di un popolo soggiogato da governi incapaci.

La storia che ci racconta Francesco Staffa è il rovescio della medaglia nella vita di due coppie di coniugi, l’una alla ricerca della ricchezza e l’altra della gioia di un figlio che la natura non vuole concedere.

Gli interessi reciproci creano contraddizioni irrimediabili e la situazione politica instabile del paeseche li ospita fornisce le premesse per raggiungere illecitamente i rispettivi obbiettivi.

Perché delle brave persone dovrebbero approfittare di una giovane donna e della bambina che porta in grembo? Perché, per un amico e per la propria moglie, Guido dovrebbero tradire gli ideali di rettitudine su cui ha costruito la propria vita?

Il libero arbitrio, in una realtà di regole fragili come è la Nigeria descritta dall’autore, mi ha fatto pensare quanto sia facile cadere nell’errore e, al tempo stesso, come sia difficile accettarne le conseguenze che, prima o poi, si presentano come un conto da pagare.

Come lettore mi sono trovato spiazzato da Ada il cui desiderio accecante di maternità ha distrutto la vita di Amma e altrettanto da Guido a cui avrei voluto urlare mille volte di fermare la spirale violenta in cui si stava facendo trascinare.

Adebisi è il nome in cui ci identificheremo alla fine di questa storia, perché lui, il padre di quella bambina strappata ad Amma, sarà il simbolo della parte più profonda delle coscienze dei protagonisti che sanno di avere sbagliato e sanno di non avere alcuna possibilità di redenzione.

Non è di vendetta che si parlerà per Guido e Ada, ma di un processo dove saranno chiamati adautoinfliggersi la condanna rivelando nientemeno che la verità.

La loro esistenza a seguito degli eventi narrati, sarà un conto alla rovescia che forse distruggerà l’amore verso quella figlia frutto del desiderio irraggiungibile.

Faccio i complimenti a Francesco Staffa per essere riuscito ad incastrare tanti argomenti in un unico racconto, tracciando sentieri diversi che si sono ricongiunti inesorabilmente in un finale agro dolce.

La scrittura è scorrevole ma richiede attenzione proprio perché le vicende si alternano con continuità ma su piani differenti e su personaggi diversi.

Ho trovato, ma forse solo come sensazione personale, nello stile e nelle ambientazioni, un richiamo ai romanzi di Roberto Costantini che ha raccontato l’Africa di quel periodo magistralmente, come del resto fa il nostro Francesco.

Tra tutti gli stati d’animo che Akuaba ci lascerà, sicuramente troveremo la rabbia verso la fragilità di quella linea oltre cui i diritti umani di un popolo vengono schiacciati, purtroppo, anche ai giorni nostri.

Leggiamo questo romanzo per non dimenticare.

     

 

 

 

Francesco Staffa


Francesco Staffa, antropologo, ha collaborato con diversi musei etnografici ed è stato consulente per la trasmissione Rai Geo e Geo. Ha scritto per diverse riviste, tra cui Nazione Indiana e AM –Antropologia Museale. Lavora come tiflodidatta.

 

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