Ballata per spiriti inquieti




Recensione di Claudia Cocuzza


Autore: Chiara Alaia

Editore: Bertoni

Genere: giallo

Pagine: 250

Anno di pubblicazione: 30 aprile 2021

 

 

 

 

 

 

Sinossi. Chi ha strangolato il jazzista Carlo Minguzzi nel camerino del Mood Indigo? Forse la stessa mano che ha ucciso, a pochi giorni di distanza, un noto batterista bolognese? A collaborare con la questura viene chiamato Nico Russo, irrequieto ispettore con un passato da chitarrista alle spalle. Col Natale alle porte, però, l’indagine procede a rilento. E, mentre la polizia brancola nel buio, un altro membro della band sparisce nel nulla. Guidato dal suo istinto e dai suoi acufeni, e grazie all’aiuto inaspettato di una hacker dal carattere impossibile, l’ispettore Russo dovrà scavare nel passato dei musicisti della Pratello Jazz Band per risolvere il caso, rimettendo insieme i pezzi di un puzzle che affonda le sue radici nella Bologna degli anni Settanta.

 

Recensione

Anche la luna è spaccata a metà stanotte.

Come noi.

«La luna è bugiarda, dice il proverbio. E sai perché? Perché fa esattamente il contrario di quello che vuole farci credere. Quando disegna in cielo la lettera “C”, verrebbe da pensare che stia crescendo. E invece no. È quando ha la forma di una “D” che cresce…»

Ballata per spiriti inquieti” è il secondo romanzo di Chiara Alaia, successivo a “Dove la terra finisce e il mare comincia”, del 2018.

È stata una grande sorpresa, è la prima cosa che mi viene da dire.

Trama costruita magistralmente, struttura perfetta, colpi di scena inseriti al punto giusto, suspancecostante con picchi di tensione notevoli. Al thriller si associa una sotto trama che non si può definire rosa, perché variazioni rispetto al tema giallo sono proprio impercettibili, ma l’intreccio con le vicende private dell’ispettore Nico Russo è interessante e dà movimento all’indagine.

Il romanzo mostra la propria originalità fin dalla struttura: la suddivisione in capitoli è sostituita da quella in tempi. Per capirne il motivo, dobbiamo accennare alla trama.

Siamo a Bologna, sotto Natale, giorni nostri. La città è scossa dall’omicidio di un noto jazzista, Carlo Minguzzi, esponente di una famosa band, nata negli anni Settanta, la PJB. L’uomo è stato strangolato con la corda di una chitarra.

Pochi giorni dopo, il secondo omicidio. Stesso modus operandi, un altro componente della band. È evidente che la Procura di Bologna, supportata dall’ispettore Russo, debba mettersi sulle tracce di un serial killer e che il movente vada ricercato nel mondo della musica.

Allora quello che ci ritroviamo tra le mani si trasforma da romanzo a partitura: il titolo è quello di un brano musicale, le sezioni diventano battute e ogni battuta è ritmata da quattro tempi, quelli che, in un testo di narrativa qualunque, chiameremmo “capitoli”.

La musica è il filo conduttore della narrazione, racchiude il movente ma fa di più, regge l’intera costruzione della trama.

La competenza dell’autrice in ambito musicale è evidente, quello che stupisce è l’utilizzo che fa delle proprie conoscenze: l’uso consapevole diventa nelle sue mani materia da plasmare, in una fusione tra musica e letteratura in cui l’una diventa imprescindibile dall’altra.

La ricostruzione dell’indagine è poi impeccabile: nessuna sbavatura, segno della meticolosità con cui la storia è stata studiata nei minimi particolari.

La narrazione è arricchita da numerosi dettagli tecnici, relativi al campo informatico e medico, che non la appesantiscono, anzi, la rendono più realistica e accurata, così come la descrizione della città che fa da sfondo alle vicende, una Bologna le cui strade il lettore ha l’impressione di percorrere insieme ai personaggi.

Il linguaggio è fluido, diretto, senza fronzoli, assolutamente adatto al contesto.

I personaggi sono ben caratterizzati; anche quelli che non hanno un peso decisivo nella storia non sono stati trascurati. Vi faccio un esempio. Gli inquirenti si riuniscono in Procura e sembra di vederli mentre discutono: Nico, con i suoi capelli rossi‒ sì, come il Malpelo di verghiana memoria‒, le lentiggini e un filo di barba; l’agente Rizzo che, a vederlo, tutto penseresti tranne che possa essere un poliziotto; il vicequestore Ferrero, impeccabile come se fosse appena uscito da una rivista di moda.

Oppure Sara, con il suo caschetto blu e l’immancabile Reflex, neanche cinquanta chili che si muovono freneticamente su e giù per la città; e poi le sorelle Giordani, Jack, Trani, persino lo studente brufoloso e spione: di ciascuno è impossibile non ricordare almeno un dettaglio.

Però, senza anticipare nulla, vi dico solo che, tra tutti, quello che non dimenticherò facilmente è senza dubbio Milo Davoli.

Neanche l’ispettore Russo, in realtà, ma a questo proposito nutro una speranza: questa indagine è conclusa, ma la scena finale lascia presagire un sequel.

Chissà che Nico Russo non torni presto con un nuovo caso da risolvere.

 

 

A cura di Claudia Cocuzza  

www.facebook.com/duelettricisottountetto/

 

 

Chiara Alaia


Napoletana di origine ed emiliana d’adozione, Chiara Alaia vive a Bologna. Si è laureata nel 2005 in Scienze della Comunicazione e lavora da anni in un’azienda di e-commerce, nell’ambito della moda. Appassionata di letteratura e musica, collabora inoltre con la webzine musicale SulPalco e con la redazione di Thrillernord. Nel 2018 è uscito il suo romanzo d’esordio, “Dove la terra finisce e il mare comincia” (Il Seme Bianco). Il suo racconto “Odore di mandorle amare” è stato pubblicato nella raccolta “Premio Giallo Indipendente 2019”. Il racconto breve “Chopin (il pianista e la ballerina)” è presente nell’antologia “#IoRestoACasa. Racconti dal marzo 2020” (Edizioni Pendragon, 2020). “Ballata per spiriti inquieti” è il suo secondo romanzo.

 

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