Intervista a Desy Icardi




A tu per tu con l’autore

 

 

Sig.ra Icardi,

dopo il primo romanzo, “L’Annusatrice di Libri”, in cui l’olfatto è il protagonista, con questo secondo romanzo il tatto è il secondo dei 5 sensi coinvolti. Ha un progetto per 5 romanzi, tanti quanti sono i sensi? E nel caso, ha già una traccia per i prossimi? La fine dei suoi romanzi, inoltre, pare sempre aperta, come se Lei si riservasse in un secondo tempo la ripresa del romanzo stesso. Può essere uno dei Suoi progetti futuri?

Sì, sto lavorando a una pentalogia sensoriale della quale fanno già parte L’annusatrice di libri e La ragazza con la macchina da scrivere. Il mio progetto prevede cinque romanzi, indipendenti tra loro ma legati dalla ricorrenza di alcuni personaggi, ognuno dei quali dedicato a uno dei cinque sensi. Ora sto lavorando al romanzo uditivo e strutturando lo schema di quello visivo. Lascio i miei finali un po’ aperti perché mi piace che il lettore possa elaborarli a suo gusto personale.

 

L’ambientazione nell’Italia ai tempi del fascismo e dele Seconda Guerra Mondiale è una scelta casuale, oppure ha un significato particolare per Lei questo periodo?

Ho scelto di ambientare la mia pentalogia sensoriale nel Novecento, un secolo molto ricco di eventi e caratterizzato da grandi cambiamenti, spesso repentini. Il romanzo L’annusatrice di libri è ambientato negli anni Trenta e Cinquanta,  La ragazza con la macchina da scrivere negli anni Quaranta e Novanta e mi restano ancora molti decenni intriganti, da utilizzare come scenario per i prossimi romanzi.

 

 

 

In questo romanzo, tra le figure più interessanti, possiamo sicuramente annoverare l’avvocato Ferro: è una pura invenzione? Ci può parlare un po’ di quest’uomo, che sicuramente avremmo voluto con molte più pagine a disposizione?

L’avvocato Ferro è un personaggio di pura invenzione, anche se alcune sue piccole caratteristiche e manie sono state ispirate da persone che ho conosciuto. L’avvocato Ferro è un omaggio ai lettori del presente, del passato e del futuro: vive in simbiosi con i suoi libri, misura il tempo in letture anziché in ore ed è una sorta di biblioterapeuta che sa consigliare a ciascuno il libro più adatto, in relazione al carattere e allo stato d’animo. Mi sono molto affezionata a questo personaggio, del quale intendo parlare ancora, mostrandolo in altre stagioni della sua vita.

 

Libri da Lei citati nel romanzo, in questo come nel Suo primo – e che qui anche l’avvocato Ferro dispensa. Tutte letture Sue? Anche Madame Bovary, che ha un significato particolare per l’avvocato Ferro? E:  come sceglie  un autore in generale – e lei in particolare – i libri da citare all’interno della sua opera?

Le letture di Adelina ne L’annusatrice di Libri e di Dalia ne La ragazza con la macchina da scrivere sono le stesse che affrontai anch’io alla loro età. Scelgo i titoli in base al gusto personale e, talvolta, in modo funzionale alla trama. Madame Bovary è un libro che amo moltissimo e che mi è piaciuto immaginare molto caro anche all’avvocato Ferro. Piccola nota di colore: ho una gatta di nome Bovary.

 

In realtà, anche se la Olivetti ed il tatto li abbiamo definiti protagonisti, avremmo dovuto specificare che sono co-protagonisti, visto che la figura centrale è Dalia Buonaventura, da giovane e da persona anziana. Ci può parlare un po’ di questa figura femminile? Come è nata? E l’idea della mancanza di memoria, voleva essere un portare in evidenza il problema di malattie legate alla senilità?, o è un escamotage per poter riandare nel passato?

Dalia è nata da un  manifesto pubblicitario anni Quaranta della Olivetti, raffigurante una giovane donna con un grande cappello, che mostra la sua macchina da scrivere portatile. Dalia è  una tipica figlia del Novecento: lavora per guadagnarsi da vivere, è incline all’avventura  senza disdegnare l’amore romantico e si ritrova a compiere scelte non sempre giuste, che tuttavia contribuiscono a farla diventare una donna complessa e completa. L’offuscarsi della memoria di Dalia, a causa del “suo piccolo incidente”, è lo strumento che utilizzo per parlare di memoria storica ed emotiva, due elementi alla base del mio romanzo.

 

Ultimamente diversi autori approfittano dei loro romanzi per omaggiare la propria città natia. Abbiamo letto con piacere della sua Torino, pur se ai tempi dei bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale: è un’espediente letterario per avere un’ambientazione geografica facile da riportare, oppure anche nel suo caso si tratta di un omaggio?

Si tratta indubbiamente di un omaggio ma anche di una scelta di comodo: nei miei romanzi le atmosfere legate ai luoghi sono più importanti dei luoghi stessi e Torino, la città nella quale sono nata e vissuta, è l’unica che conosco tanto profondamente da potermici orientare sia a livello spaziale che emotivo.

 

Lei in realtà ha scritto anche altri due romanzi: “Le Profumiere” (insieme a Darinka Mignatta) e “Tacchi e taccheggi”: ce ne può parlare?

In realtà ne ho scritti tre: Tacchi e Taccheggi è un  racconto lungo tratto da una mia pièce teatrale, Dove scappi? è un romanzo umoristico nel quale  ho riversato la mia esperienza di cabarettista e Le profumiere è un trattatello scientifico-umoristico illustrato dalla fumettista Darinka Mignatta, che raccoglie e sviluppa alcuni post di Patataridens, il mio blog dedicato alla comicità femminile.

 

Potrebbe parlarci della sua esperienza di ipovedente e di tutto ciò che ha comportato ed evidentemente delle idee che le ha fornito almeno nel primo romanzo, diciamo così?

Non so quanto l’essere ipovedente abbia influenzato il mio modo di scrivere, anche perché non ho idea di come sarebbe stata la mia scrittura se avessi avuto una vista “normale”. Di certo qualche  traccia del mio problema si riversa nei miei libri: Adelina, la protagonista de L’annusatrice di libri non riesce più a leggere (anche se il suo non è un problema visivo) e scopre di poterlo fare con l’olfatto. Ne  La ragazza con la macchina da scrivere ho introdotto Rosina delle case tristi, una ragazza  quasi cieca, ma dotata di un intuizione che si approssima alla preveggenza. Non credo alla frottola buonista che vuole i disabili dotati di poteri “speciali”, in grado di compensare il loro deficit. Chi ha una disabilità deve faticare più degli altri e non smettere mai di cercare nuove soluzioni per superare o aggirare gli ostacoli dei quali la vita è costellata, ma con Rosina delle case tristi, un personaggio che conto di sviluppare in altre storie, per una volta ho voluto cullarmi anch’io nel sogno del “potere speciale”.

 

E per ultimo, viste le sue molteplici attività di cabaret, formazione, monologhi tragicomici e attività di (quasi) scrittrice, come ha sottolineato Lei stessa: c’è un’attività prevalente per Lei? Come si articolano tutte queste attività nella Sua vita e soprattutto nel Suo lavoro di scrittrice?

Tutte le esperienze che si affrontano nella vita finiscono per intersecarsi l’un l’altra arricchendosi a vicenda, e questo non vale soltanto per la scrittura o gli ambiti artistici. Nel mio caso la recitazione e la scrittura di testi teatrali hanno migliorato il mio approccio ai dialoghi, la regia mi ha fornito strumenti per organizzare la narrazione e il cabaret mi ha permesso di infondere nelle mie storie un po’ di umorismo. Infine sono incline alla noia, ecco perché amo esplorare diversi linguaggi.

Desy Icardi

Marina Morassut

 

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