Fammi male




Recensione di Michela Alfano


Autore: Francesca Bertuzzi

Editore: Mondadori

Genere: Thriller

Pagine: 327

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. Ana è disposta a tutto – ingannare, sedurre, ricattare – per scappare dalla città-clinica. Ha ventitré anni e li ha trascorsi tutti nel non-luogo fondato da suo padre in Svizzera, chilometri di laboratori su laboratori popolati da pazienti e da camici bianchi che, come novelli dèi dell’Olimpo, sperimentano le più moderne tecnologie mediche e farmaceutiche nel tentativo di vincere i limiti della scienza. E lei è il fiore all’occhiello delle loro manie di onnipotenza. Ana è “un esperimento, un abominio, una replica”: il suo corpo è in tutto e per tutto uguale a quello della primogenita dei suoi genitori, Anabelle, morta quando aveva più o meno la sua età di oggi. Ma ora Ana è più che mai determinata a scoprire che sapore ha la libertà. Anche perché alcuni sogni ricorrenti hanno cominciato a martellare il suo subconscio. Ed è proprio inseguendo questi incubi che si ritroverà sul litorale abruzzese di Vasto, teatro di molte delle sue visioni notturne. Lì assolderà un’investigatrice privata, la giovane e sexy Arancia – destinata a rivelarsi molto più di una semplice professionista -, e insieme a lei scoprirà che Anabelle è morta proprio a Vasto, durante una vacanza, in circostanze misteriose. A mano a mano che le due ragazze si addentreranno nelle indagini, il passato di Anabelle si trasformerà in una minaccia sempre più spaventosa per il presente di Ana, fino a quando anche le categorie del possibile e dell’impossibile saranno sovvertite. Che fine ha fatto davvero Anabelle, venticinque anni prima? Chi può averla uccisa?

Recensione

Ana è diretta. Ana è determinata. Ana è senza scrupoli.

Tuttavia, è facile trovarsi in empatia con lei, così spregiudicata e al tempo stesso così vulnerabile. La narrazione in prima persona e al presente ci catapulta nella storia senza tanti fronzoli e lo fa nel momento concitato in cui si chiude il capitolo più buio della vita di Ana: la fuga dalla città-clinica.

Cos’è la città-clinica?

Lo scopriamo attraverso i ricordi di Ana, ben dosati all’interno della storia.

Sapere cosa è accaduto a sua sorella Anabelle venticinque anni prima è l’unica via per capire chi è veramente Ana e perché le è stata negata la libertà.

Un viaggio nel passato che le farà incontrare alleati (o nemici?) vecchi e nuovi, persone che in qualche modo hanno avuto a che fare con la vita o con la morte di Anabelle e che posseggono, ciascuno, un piccolo tassello dell’intricato puzzle.

Personaggi forti, quasi stereotipati, descritti attraverso i loro eccessi, non suonano stonati in una storia che è tutta proiettata oltre i limiti: scientifici e umani. I luoghi familiari e piatti della cittadina marittima che è stata il teatro della vita di Annabelle e che è ora la scena del crimine su cui indaga Ana, si contrappongono a quelli freddi e asettici, ma al contempo spaventosi, della città-clinica.

Una storia incredibile, fantascientifica, che trova la propria origine in un sentimento vecchio quanto l’umanità: l’amore.

Quello adorante di un uomo verso una donna e quello incontenibile di una madre verso la propria figlia. Cosa si è disposti a fare in nome di questo amore?

Chi si è disposti a sfidare? Persino Dio?

Una narrazione che sa mantenere alta l’attenzione del lettore, pur affrontando temi già ampiamente trattati dalla letteratura e dal cinema. Un ritmo serrato, stemperato dalle parentesi in cui si fa luce sulla storia della Madre che, però, si dilungano eccessivamente su particolari non interessanti, rappresentando l’unica pecca di questo bel lavoro.

Francesca Bertuzzi


Francesca Bertuzzi: è nata a Roma nel 1981. Scrive per il cinema e ha pubblicato, per Newton Compton, Il carnefice (premio letteratura e cinema Roberto Rossellini 2011), La paura (2012) e La belva (2013).