Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Lucy Fricke
Editore: Corbaccio
Traduzione: Cristina Proto
Pagine: 240
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Betty e Martha partono da Berlino per un viaggio in Svizzera con una Golf scassata. Accompagnano il padre di Martha, malato terminale, a porre fine alla sua vita in una clinica. Ma il viaggio prende una piega del tutto inaspettata quando il padre decide di rimandare la sua scelta e di fare una deviazione nei luoghi della sua giovinezza. Betty e Martha lo assecondano e capiscono che anche per loro è giunto il momento di cambiare strada e buttarsi, anche a rischio di qualche incidente di percorso. Hanno quarant’anni e si conoscono da sempre: la loro amicizia, forse, è l’unico appiglio in una vita che fino a questo momento hanno percorso lasciandosi trascinare senza riuscire a trovare dei punti fermi. Dalla Germania scenderanno verso sud, prima in Italia sul Lago Maggiore poi nel Lazio e quindi in Grecia, dove Betty pensa di poter incontrare il suo, di padre, che credeva morto e che invece sembra essersi nascosto in un’isola greca. Con un’autoironia graffiante e una sincerità disarmante, Lucy Fricke racconta di donne che fanno i conti con il loro passato e il loro presente, di addii che a nessuno vengono risparmiati, e di genitori che si eclissano troppo presto dalla vita dei figli. E la domanda che si pongono e che ci poniamo non è tanto da dove proveniamo, ma piuttosto come possiamo riscoprire e accettare le nostre origini.
Recensione
Paese che vai, padri che trovi.
Martha e Betty sono amiche da vent’anni, legate dalla stessa ritrosia nel raccontare il proprio passato, dai silenzi, dall’infanzia poco felice e dal rapporto complesso con i propri padri. Già, il plurale è d’obbligo, perché Betty ne ha avuti tre – “quello buono, detto anche il Trombonista, quello cattivo, soprannominato il Maiale, e quello naturale, detto Jochen” – e Martha ha dovuto fare i conti con una presenza intermittente, che ora la vuole accanto per il poco tempo che resta, chiedendole di accettare la decisione più difficile.
Un bagaglio leggero – gli unici vestiti sono quelli che indossano, tanto non staranno via molto, no? – una vecchia auto e un anziano ansimante sul sedile posteriore, le due donne partono per un viaggio che è missione, dovere e conclusione, ma anche ricerca e nuovo inizio.
E, cambiando aria, anche i padri mutano, abbracciando i loro opposti, esaudendo desideri o sollevando veli e maschere: le distanze si accorciano, l’amore (sarà poi amore davvero?) svela il suo lato più gretto, la rabbia si trasforma, si trasferisce, sfuma.
Da una fantomatica clinica in Svizzera al lago Maggiore, per annegare una antica passione, passando per la Toscana, la campagna romana e infine la Grecia, dove la storia antica comincia e la vita può forse ripartire.
E quarant’anni – con la paura di innamorarsi o un figlio che non arriva – non sono tanti, non sono troppi per guardare in faccia la realtà struccata, per fare a pugni con i sogni, gli affetti infantili idealizzati e i volti veri, solcati da rughe, espressioni sardoniche e codardia. Non è tardi e non è mai, ma è soltanto il momento giusto per giocare a carte col passato e scommettere sul futuro più incerto, buttando giù il presente con un ouzo alla goccia, un sorso infuocato di rakomelo, un boccale di birra (o tutto insieme, a una festa del genere tutto è concesso).
Chi sono i padri, chi sono le figlie e dove sono tutti?
È sempre il momento per domandarselo e la risposta non è scontata né immutabile. Padre è chi ci passa il DNA e poi sparisce, chi ci regala, magnanimo o crudele, ricordi indelebili che ci influenzeranno per sempre, o chi eleggiamo come tale, anche se non lo sa, anche se magari non lo vuole?
Figlia è una perenne bambina o colei che si fa a sua volta genitrice, stampella e casa di chi non si regge più sulle proprie gambe e torna infante, tra capricci e tenerezze? Soprattutto, chi è che decide? L’esistenza è una regista inflessibile o esiste un margine di improvvisazione?
Con Figlie, Lucy Fricke tratteggia personaggi profondamente umani e imperfetti, situazioni ironiche pur nella loro tragicità, itinerari e labirinti in cui perdersi è necessario… per poi dipanarsi con i propri tempi e il proprio stile, per poi uscirne mutati, ex bruchi pronti a spiccare il volo, per una notte sola o una vita intera.
A cura di Francesca Mogavero
Lucy Fricke
Lucy Fricke è nata ad Amburgo nel 1974, ha studiato Letteratura tedesca all’Università di Lipsia, ha lavorato per molti anni nel cinema e ha pubblicato tre romanzi prima di Figlie, che ha ricevuto il Bayerisches Buchpreis 2018, ha superato le centomila copie in Germania, è stato venduto in numerosi paesi e da cui è stato tratto un film in arrivo nelle sale cinematografiche. Nel 2016 Lucy Fricke è stata borsista a Roma, come vincitrice del Premio dell’Accademia tedesca di Roma.Vive a Berlino.
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