Funk e morte a L.A.




Recensione di Cristina Bruno


Autore: Nelson George

Traduzione: Gianluca Testani

Editore: Jimenez

Genere: giallo

Pagine: 282

Anno di pubblicazione: 2019

 

 

 

 

 

Sinossi. D Hunter è un nero vestito sempre di nero. Dovrebbe essere solo un bodyguard, ma per questioni di amicizia si ritrova a fare il manager di hip hop e per questioni di famiglia il detective. Night è il nome del cantante che deve accudire; Big Danny è invece il nonno tanto amato, che è stato ucciso mentre era alla guida della sua Buick Electra 225 del 1970. Trasferendosi dalla sua Brooklyn alla Los Angeles di Koreatown, Crenshaw e Pico-Union – quartieri dove neri, asiatici e latinoamericani si aggirano tra locali malfamati e strade malsicure – D è chiamato a sbrogliare l’intricata matassa dell’omicidio del nonno, piccolo commerciante onesto, scaltro gestore di nightclub e… forse altro. In lunghe giornate alternativamente languide e frenetiche, passa dalle ville di Beverly Hills e dai party a bordo piscina ai più abietti gironi di Los Angeles, tra gangsta rapper e teppisti di strada, dj coreani e messicani, prostitute e narcocorridos. E incontra personaggi dai nomi altamente “sonori”: Michelle, Red Dawg, R’Kaydia, e il più sonoro di tutti, Dr. Funk, l’anima musicale della città, figura misteriosa e sfuggente che rappresenta l’anello di congiunzione tra la black music più classica e l’hip hop più moderno. La mappa di Los Angeles che D tratteggia con le ruote dell’Electra ereditata dal nonno nasconde gli indizi utili per la ricerca della verità. Ma verità e giustizia spesso non coincidono.

 

 

Recensione

Il titolo originale “To funk and die in L.A.” richiama alla mente il film cult degli anni ’80 “To live and die in L.A.” di William Friedkin, ma le somiglianze finiscono qua. L’unica cosa che accomuna i due lavori è l’ambientazione a Los Angeles. La città di George però è considerata dal punto di vista delle minoranze, spesso corpose, che la popolano: afro americani, coreani, messicani. La convivenza tra le varie etnie non è sempre pacifica, anzi… le guerre tra bande rivali per il controllo di un quartiere o la spartizione di traffici illeciti è all’ordine del giorno.

È in questo contesto che si muove D Hunter, arrivato da New York per scoprire chi ha ucciso suo nonno Big Danny. D è nero di pelle e di vestiti e di professione è un bodyguard di musicisti. A Los Angeles viene ingaggiato come manager per un noto cantante, Night, e nel frattempo indaga per arrivare alla verità sulla sua famiglia. Chi era davvero Big Danny? Era solo il titolare di un negozio di alimentari e il gestore di un nightclub o la sua attività mascherava altro? Perché è stato freddato al volante della sua auto? D dovrà scavare a fondo nel passato del nonno, nella sua vita privata e nelle sue amicizie per riuscire a trovare la verità.

Lo sfondo in cui si muove D è insolito rispetto ai classici gialli. Non è la città di Connelly che ritroviamo tra le pagine di George, è un luogo particolare fatto di musica e suoni più che di palazzi e paesaggi. Il Cauhenga Pass o Koreatown li percepiamo solo di striscio mentre ascoltiamo le note di compositori funk, rap, hip hop. Tutta la vicenda si snoda lungo una scia musicale che ha per tratto dominante Dr Funk, un misterioso musicista di colore idolatrato da molti. Il suo apparire e scomparire all’interno del romanzo dà la sensazione dell’imprendibile fascino della musica, un fascino senza tempo e senza dimensione. D e tutti i personaggi che lo circondano, dal cugino Walli al cantante Night a Big Danny, si muovono sull’onda del ritmo della musica afro dai temi e dai versi forti, crudi come è spesso la vita di un nero negli Usa.

“All’inizio nessuno ci fece caso. Era solo un altro vecchio nero con la barba grigia e l’aspetto cencioso che spingeva un carrello di ferro sulla promenade di Santa Monica.”

Così si presenta l’imprendibile Dr. Funk, all’apparenza un barbone che poi all’improvviso prende dal carrello una scalcinata tastiera elettrica e si mette a suonare e cantare e allora accade la magia: la sua voce è un suono meraviglioso, è “il coro di una chiesa di campagna del sud” e quant’altro ciascuno potesse immaginare perché “ogni passante lo percepiva in maniera diversa”.

Questa è l’anima nera di L.A. che emerge dalle pagine di George, ricca di mille sfumature di colore, di sofferenza e di passione.

Un bel libro da leggere per gli appassionati di musica e non solo…

 

A cura di Cristina Bruno

fabulaeintreccio.blogspot.com

 

 

Nelson George


Nelson George: Scrittore, giornalista musicale, filmmaker e produttore televisivo, Nelson George è il più autorevole portavoce della cultura afroamericana e della black music. Editorialista per The Village Voice Billboard, ha scritto anche per Rolling StoneThe New York TimesPlayboyEsquire Essence. Tra i suoi molti saggi musicali, in Italia è stato pubblicato Motown. Storia e leggenda (Arcana, 2010). Regista di numerosi documentari, tra cui A Ballerina’s Tale, dedicato a Misty Copeland, l’unica solista afroamericana dell’American Ballet Theatre, Nelson George è anche tra gli autori della serie tv Netflix, The Get Down, e tra i produttori del documentario, uscito sempre su Netflix, The Black Godfather, dedicato a Clarence Avant, mentore dei personaggi più illustri della musica, della tv e della politica.

 

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