Recensione di Marina Morassut
Autore: Laura Purcell
Traduttore: Alda Arduini
Editore: DeA Planeta
Genere: thriller
Pagine: 382
Anno pubblicazione: 2018
Sinossi. Inghilterra, 1865. Rimasta vedova e incinta del primo figlio, la giovane e inquieta Elsie parte alla volta della tenuta del marito insieme alla zitellissima cugina di lui, Sarah. Ma in quell’angolo di campagna inglese remoto e inospitale, l’opportunità di trascorrere in pace il periodo del lutto diventa qualcosa di molto più simile a una prigionia: un esilio opprimente in attesa che l’amato fratello Jolyon giunga da Londra a salvare Elsie dall’isolamento e dalla noia. A distrarre lei e Sarah dalla cupa atmosfera in cui sono sprofondate, solo l’intrigante diario di un’antenata dei Bainbridge, Anna, vissuta e tragicamente morta più di duecento anni prima; e la stanza in cui giacciono ammassate decine di figure di legno dalle sembianze realistiche e straordinariamente inquietanti. Quegli “amici silenziosi” che Anna si procurò allo scopo di deliziare ospiti illustri, presto costretti a ripartire in circostanze mai del tutto chiarite.
Recensione
Il suo romanzo, ambientato in Inghilterra (tra Londra e The Bridge/Il Ponte, la tenuta avita di campagna), si può suddividere temporalmente in tre distinti blocchi, che si sovrappongono continuamente a livello di capitoli, per tenere sempre ben desto l’interesse dei lettori, che all’inizio manca di efficacia nella tensione narrativa nella parte più antica della narrazione – nella primissima parte del romanzo – e che ad un certo punto, all’aumentare della lunghezza di ciascun capitolo e delle ripetute note cupe delle descrizioni, fa aumentare anche l’ansia mista all’angoscia del lettore che prende sempre più piede, in misura uguale al terrore e alla sfiducia nella propria sanità mentale di Elsie, la principale protagonista.
Come dicevamo, siamo nell’Inghilterra del 1635 ed Anne, con il marito Josiah e la figlia di nove anni Hetta (Henrietta Maria, nome che condivide con la Regina), vive a The Bridge, la tenuta appena acquistata e che diventerà la tenuta della famiglia Bainbridge. Come da classico che si rispetti, Anne “pasticcia” con erbe e pozioni – ed è quindi malvista dalla servitù e dai villici. Anne ha qualche potere di premonizione, ma era la sorella, morta giovane e più grande di lei, ad avere avuto dei “doni”. Dopo aver partorito l’ennesimo figlio maschio, la giovane Anne non potrà più avere figli, a causa di complicanze. Ma lei vuole assolutamente avere una figlia, che prenda il posto della sorella morta e quindi, in una notte particolare, con pozioni ed invocazioni particolari, riesce a restare incinta. La figlia purtroppo nasce muta e già in parte segnata da questo episodio centrale, che la rende incomprensibile agli altri…
Inghilterra 1865: Elsie, zitella e proprietaria insieme al fratello di una fabbrica di fiammiferi che fino a quel momento ha gestito lei (visto i 12 anni di differenza di età con il fratello minore Jolyon), sposa il quarantacinquenne Rupert Bainbridge, ultimo rampollo della dinastia Bainbridge che nel 1635, nella grandiosa tenuta The Bridge, ha accolto il Re Carlo I° e la consorte, la Regina Enrichetta Maria di Francia. Dopo pochi mesi dal matrimonio e già incinta, Elsie perde il marito Rupert, che muore improvvisamente a The Bridge, senza motivo apparente. Come di consueto per le donne delle famiglie agiate dell’epoca, la vedova, in compagnia della scialba e zitellissima Sarah, una cugina del marito morto, verrà “sepolta” per un anno in campagna, per il periodo del lutto.
Sarà questa la storia protagonista e che terrà banco, insieme a ciò che accadrà diversi mesi dopo e che sarà presentato nei diversi capitoli con il nome di “Ospedale di St. Joseph”, un manicomio di Londra, dove una Elsie muta e sotto costante sedativo, tra laudano e morfina, è in attesa della sentenza, perché lì la nostra protagonista è entrata come assassina.
Come detto, una Elsie irriconoscibile, nella cui mente devastata noi lettori entreremo per farci contagiare dalla paura isterica che suscitano alcuni particolari “dipinti” lignei di origine olandese e soprannominati “gli amici” – e cha avrebbero semplicemente dovuto spaventare in modo scherzoso ed al contempo intrigare la corte reale durante la famosa visita del 1635.
Ambientato in atmosfere cupe e grigie, cui la flora e le stagioni fanno da perfetto contraltare naturale alla natura inquietante degli uomini e alla cupa ed angosciante grandiosa tenuta, con solai chiusi a chiave che improvvisamente si aprono per rivelare diari segreti e strane creature, nursery polverose ed abbandonate da tempo che improvvisamente appaiono pulite quasi come se una nidiata di bimbi dovesse nuovamente allietare quelle quattro pareti, l’autrice è capace di affrescare una serie di epoche che fanno da base a quelle storie cupe che si raccontano nelle notti oscure e che poi non permettono di chiudere occhio al minimo scricchiolio…
Mesmerismo, sedute spiritiche: tutto questo va di moda nel Milleottocento a Londra… ma in campagna?
Sembra ricorrente per l’autrice il numero tre: le storie che si intersecano, anche se in realtà si parla di due vicende – e soprattutto i tre libri che hanno ispirato Laura Purcell nella creazione del suo romanzo e che la stessa autrice rivela in una sorta di video-selfie che ha registrato nella grande Libreria Waterstones di Gower Street, Bloomsbury, Londra (che ho visitato nell’estate del 2018) – che Vi invitiamo a vedere in Youtube – di cui Vi diamo conto qui brevemente, perché romanzi significativi:
L’altra Grace (Alias Grace, 1996) di Margaret Atwood: similare nell’ossatura al romanzo della Purcell, in quanto anche questo romanzo narra la storia di una donna imprigionata per assassinio e che non rammenta quanto accaduto e che l’ha portata all’arresto. Assistita da un dottore che cerca di scoprire la verità…
L’incubo di Hill House (The Haunting of Hill House, 1959) di Shirley Jackson: uno dei più famosi racconti di fantasmi della letteratura del XX secolo, che travalica i confini del genere horror e che si accosta a capolavori della ghost story come “Il giro di vite di Henry James” – e che la Purcell definisce come uno dei romanzi più spaventosi mai letti…
E soprattutto: La prima moglie, Rebecca di Daphne Du Maurier, 1938: una giovane dama di compagnia in vacanza a Montecarlo; Maxim de Winter, un affascinante vedovo che le propone di sposarlo; Manderley, un’inquietante castello della Cornovaglia che sembra vivere nel ricordo di Rebecca, defunta moglie del giovane sposo, la cui inquietante presenza incombe sulla nuova coppia ogni giorno di più…
Ed ancora il numero tre per come termina il romanzo, che a seconda delle esperienze, degli studi e delle credenze del lettore, si può arrivare a capire in tre differenti modi, di cui peraltro non diremo, perché a questo punto dovremmo fare rivelazioni inopportune.
E quindi, per continuare sull’onda della Gothic ghost story di Laura Purcell, a seconda di come si combina il numero 3 – definito il numero perfetto, potremmo avere il numero nove, la nona ora, quella in cui è morto Cristo. Oppure il famigerato numero 666.
La scelta ai lettori che avranno il coraggio di avventurarsi in questa storia dai cupi sentori tipicamente gotici.
A cura di
Marina Morassut
http://libroperamico.blogspot.it/
Laura Purcell
Laura Purcell ha lavorato in una libreria prima di diventare una scrittrice a tempo pieno. Vive a Colchester, la più antica città d’Inghilterra, con il marito. Per la serie dei romanzi storici “Georgian Queens”, ha scritto i seguenti romanzi: “Queen of Bedlam”, 2012 (Regina del manicomio) e “Mistress of the Court”, 2015 (Padrona della corte) – mai tradotti in italiano. Il suo romanzo “Gli amici silenziosi” ha vinto il “WHSmith Thumping Good Read Award 2018”. A Settembre 2018 è stato pubblicato il suo nuovo romanzo “The corset”.