(di Federica Gaspari e Valentina Marcis)
GONE GIRL
“Gone girl”, , di David Fincher, con Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Kim Dickens, sceneggiatura di Gillian Flynn, distribuzione 20th Century Fox, durata 149 min. – USA 2014
Il celebre detto recita: “Tra moglie e marito, non mettere il dito!”. Questo è semplicemente uno dei tanti proverbi e modi di dire che cercano di catturare – spesso scherzosamente – sensazioni e malumori che si celano dietro le quinte di un matrimonio a tinte chiare e scure. Non c’è stupore, quindi, nel constatare che molte volte le più affascinanti e agghiaccianti storie thriller ruotino intorno a un legame di questo tipo. L’autrice statunitense Gillian Flynn capisce questo nel 2012, immortalando tra le pagine del suo terzo romanzo “Gone Girl” le strane vicende che coinvolgono una giovane coppia di una isolata e grigia cittadina del Missouri. Il successo è immediato: milioni di lettori si avventurano nelle complesse dinamiche della relazione che unisce – oppure sfinisce? – i due protagonisti. Parallelamente, già dal 2011, si sviluppa il processo di lavorazione per il grande schermo. L’omonimo film conquista le sale cinematografiche internazionali nel 2014, con un team di tutto rispetto: alla sceneggiatura proprio lei, la Flynn, e alla regia uno dei guru del thriller d’autore, David Fincher, cineasta che con la tensione e la suspense gioca a livelli irraggiungibili dai comuni mortali. Parole chiave dell’intero film, ovviamente, ambiguità e incomprensione.

Amy
Dopo aver gustato libro e film, è impossibile immaginare qualcuno di diverso dalla britannica Rosamund Pike, magistrale nei panni della magnetica protagonista Amy Dunne; una figura che sia su carta stampata che su pellicola è tagliente con le parole e imponente anche con la sua assenza dalla scena. E’ davvero la povera Amy vittima di uno sfortunato evento, oppure è solo una manipolatrice? Questo personaggio suscita emozioni contrastanti: il suo viso angelico si contrappone alla profondità di uno sguardo che nasconde ben altro che buone azioni. Quello che sorprende è che, nel più profondo, nonostante tutto, forse riusciamo anche a giustificare Amy per le sue azioni: come leggiamo nelle pagine del suo diario, infatti, Amy nota dei cambiamenti in suo marito, e nonostante i suoi sforzi per capirlo e migliorare le cose, non riesce a riportare la situazione così come era all’inizio del loro matrimonio. Incredibile pensare che la Pike, con la sua bellezza raggelante e superba, non sia stata la prima scelta per il casting: lei è Amy in ogni sospiro, sguardo e gesto, capace di mostrare, con lucidità e freddezza, tessere del suo passato e di un’infanzia caricata di aspettative e desideri dai genitori scrittori. Tra tutti, queste emozioni e contrasti tornano prepotentemente a galla nel momento in cui Amy scompare nel nulla, senza lasciare alcuna traccia.

Nick
L’invadente assenza di Amy toglie ulteriore spazio a Nick, il protagonista maschile della vicenda: è proprio lui che, dal giorno della di lei scomparsa, diventa il principale sospettato dell’accaduto. È un uomo che nel corso degli anni ha perso il suo fascino e la sua determinazione, diventando una maschera inespressiva dei suoi anni più esplosivi. Proprio qui si trova il colpo di genio del film, la scelta che non ti aspetti. Fincher, per il ruolo di Nick Dunne, ha scelto Ben Affleck; e ha scelto bene. Il volto del protagonista è quello di un attore che per tutta la sua carriera è stato tutt’altro che immune a critiche sulle sue capacità espressive. L’interprete statunitense, astutamente, si prende gioco di tutto questo, dando vita a un personaggio dallo sguardo perso nel vuoto, privo di ambizioni e, quindi, perfettamente in contrasto con l’immagine idealizzata e carismatica che i primi flashback vorrebbero suggerire. Si rivela, insomma, il classico ragazzo che riesce a conquistare la ragazza perfetta, ma che al primo imprevisto si limita a osservare il naufragio del suo matrimonio, scegliendosi una sua studentessa come amante. Sulla sua figura alleggiano sin dal principio grandi dubbi: il mezzo sorriso sempre stampato sul volto e le sue reazioni contrastanti, ci portano molte volte a dubitare di lui. E il pluripremiato attore riesce benissimo a trasmetterci i suoi stati d’animo: amiamo Amy quando lui la ama e la detestiamo quando lui, odiandola, ci fa conoscere i lati negativi del suo carattere. Nella seconda parte del film, il ruolo è più definito: scoperto l’inganno della moglie, Nick prende le redini della situazione: anche qui abbiamo un’ottima interpretazione dell’attore, che si trova doppiamente a fingere. Sul finale, infine, si riprende la stessa non chiarezza presente nel libro: Amy e Nick devono fingere di essere nuovamente la coppia perfetta: è solamente una finzione, o no? Si sa, David Fincher non è contento se non riesce a lasciare qualche assillante dubbio nella mente dello spettatore!

Secondo il regista, infatti, l’attrice che interpreta Margot doveva essere complice, in grado di pensare, esprimersi e talvolta finire le frasi all’unisono con Nick; e tutto ciò lo ha trovato in Carrie Coon. Per quanto riguarda i genitori di Amy, Lisa Bannes e David Clennon si sono rivelati all’altezza della situazione: i genitori che, dopo aver basato la loro vita e quella della loro figlia, sul successo dei libri con la piccola come protagonista, si ritrovano di punto in bianco a non sapere cosa fare nel momento in cui la Mitica Amy scompare.


LE ATMOSFERE


Come suggerito in precedenza, è veramente difficile fare paragoni tra libro e adattamento cinematografico. Essi sono complementari nello spirito e nella sostanza: entrambi presentano diverse prospettive, ma solo alcune delle migliaia possibili; entrambi giocano abilmente con intrecci e voci dei personaggi. Nel libro emerge il forte contrasto tra Amy e il suo alter ego cresciuto nei libri dei genitori: una costante sfida che pesa sulle spalle della protagonista sin dalla tenera età. Sul grande schermo, invece, appare predominante la componente che riguarda il confronto della donna con se stessa, un continuo pensare e riflettere che porta a una imprevedibile trasformazione nella psicologia del personaggio. Proprio per questo ultimo aspetto, la bilancia è leggermente a favore del film, un più che lodevole prodotto cinematografico, a prescindere dalla sua natura di adattamento.