Eleonora Carta
Editore: Ischire
Genere: Spionaggio, Thriller
Pagine: 376
Anno edizione: 2025

Sinossi. In fuga, accusato di cyber spionaggio e tradimento, Paolo Fabbri – detto “il Corvo” – è il fulcro di un complotto internazionale che coinvolge apparati dello Stato e il misterioso Piano Legio. Recuperato dal governo italiano dopo la sua cattura in Libia, viene introdotto clandestinamente in Sardegna, dove il Maggiore Linda De Falco ha il compito di scortarlo fino a un porto sicuro. Ma l’isola non è solo uno sfondo: è un mondo a parte, selvaggio e magico, che sembra sospendere il tempo e alterare il corso degli eventi. Tra rocce millenarie e strade deserte, il loro viaggio diventerà un’esperienza sospesa tra realtà e sogno, in cui Paolo e Linda potranno scoprirsi sempre più legati, nonostante i segreti e le insidie che li circondano. Così, mentre il loro percorso finirà per intrecciarsi con le antiche suggestioni dell’isola, la verità sul Piano Legio minaccerà di cambiare per sempre non solo il loro destino, ma anche la posizione dell’Italia sullo scacchiere diplomatico internazionale.
Recensione
di
Salvatore Argiolas
Già il titolo, “I giorni del Corvo”, rende la temperatura narrativa dell’ultimo libro di Eleonora Carta, che richiama immediatamente, come un riflesso condizionato, il bestseller di James Grady “I sei giorni del Condor”.
Anche qui c’è un uomo in fuga dal sistema che lo vuole “neutralizzare” in quanto ritenuto pericoloso e foriero di guai per i servizi segreti.
Paolo Fabbri, il corvo, è un esponente dei servizi italiani di stanza in Libia che viene rapito in modo molto particolare, in quanto grande conoscitore delle dinamiche geopolitiche e tribali della nazione africana, straziata da una lunga guerra civile fomentata da tanti Stati interessati a incrementare il caos nell’area seguendo il motto di Mao Tze-tung “C’è una grande confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente.”
I servizi segreti italiani naturalmente si attivano per esfiltrare il prezioso Corvo, esperto e capace funzionario, considerato un genio nell’interpretazione dei fatti che si susseguono in quel particolare scacchiere della politica mondiale.
Fabbri viene fatto imbarcare in un barcone di migranti che viene fatto arrivare in Sardegna, nella costa sud-occidentale, dove viene preso in carico dal maggiore Linda del Falco, protagonista del precedente libro di Eleonora Carta, “Piani inclinati”, che ho riletto per ritrovare il contesto che fa da cornice alla spy story, che è indipendente dal primo libro e che si può leggere autonomamente.
Linda De Falco deve portare in salvo il Corvo e per farlo deve attraversare la Sardegna in lungo e in largo ponendo l’isola in primo piano, come protagonista assoluta, con i suoi silenzi, la sua storia millenaria, la sua intima simbiosi tra flora, fauna, territorio ed eredità culturale.
“Per quello che li conosco…per quel poco che li conosco, hanno innata l’idea che il mondo naturale sia dominato da una forma di comunicazione empatica e ininterrotta tra animali, piante, uomini vivi e morti, e in cui la storia, il presente e il passato non sono più definibili”.
“Come se fosse tutto un eterno presente”.
“Esatto”.
“La Sardegna per loro non è un luogo. E’ l’unico luogo possibile. Il sito primario, archetipo di tutto ciò a cui tendono e, che, ineluttabilmente e incessantemente, li chiama a sé, ovunque si trovano. Anche se si trovano qua”.
Il concetto di una Sardegna madre protettiva, esoterica con radici che affondano nella notte dei tempi, (Sardegna come un’infanzia” la descrisse Elio Vittorini), è un tema carsico che ricorre nella narrativa di Eleonora Carta, e penso anche al racconto “Disamistade”, scritto con Claudia Aloisi contenuto nella raccolta “Isole Niure” e questo substrato al di là del tempo e della storia, assieme alla più moderna realtà contemporanea, fa da sfondo alla fuga di Linda e di Paolo verso un riparo sicuro.
Tra protetto e protettrice si instaura un tensione psicologica di notevole interesse, polarizzata sia sul versante romantico sia sulla volontà di Linda de Falco di capire il reale contesto del rapimento, avvenuto in un paese disintegrato ma dove le influenze italiane e soprattutto dell’ENI, sono sempre state molto efficaci.
“Il legame tra Italia e Libia continua a essere cruciale: il governo libico consolida il suo consenso interno grazie all’export degli idrocarburi verso l’Italia. Ha presente, no? Wafa e Behr Essalam, il gasdotto Gerrestream e Gela, Sicilia. Per fare questo c’è l’ENI, il principale estrattore internazionale del paese. Se domani non ci fosse più, le nostre bollette cambierebbero, e sa cosa mi dà più fastidio?” disse spostandosi da quella posizione e voltandosi verso di lei. “Che la gente non ne ha idea. Che non capisce che senso abbia parlare di Libia o di Mediterraneo o di continente blu o dell’Africa.. perché sono argomenti che non ci riguardano, chissenefrega dell’Africa, della Libia. Purché se ne stiano a casa loro, chissenefrega. E invece no hanno idea di quello che succede là abbia ripercussioni immediate sulle nostre vite di tutti i giorni.”
Nei rapporti tra servizi e nei romanzi che li raccontano però le cose sono sempre molto complicate e il fine, spesso e volentieri, giustifica il mezzo, molte volte mettendo in moto un’operazione solo per vedere la reazione degli antagonisti e penso a capisaldi del genere come “Lassù qualcuno mi odia” di Desmond Bagley e “ La spia che venne dal freddo” di John Le Carrè.
“Quella tra il nostro paese e gli Stati Uniti non è una relazione. E’ pura sudditanza. Ottengono da noi tutto quello che chiedono. E non solo per ottuso servilismo o per l’insipienza della nostra classe politica, ma anche perché la nostra opinione pubblica è priva degli strumenti per riflettere sul ruolo del nostro paese nei loro giochi di guerra.”
“Cosa intendi per strumenti?”
“Intendo informazione corretta e completa, e intendo capacità di leggerla, interpretarla e codificare la realtà. Guarda quest’isola. Hanno trasformato la Sardegna in loro succursale. A La Maddalena parcheggiavano i loro sommergibili a propulsione nucleare, che montavano rampe di lancio per missili a testata atomica. E quando se ne sono andati via è sembrata una grande conquista. In realtà è stata l’ennesima operazione di facciata. Non se ne sono mai andati davvero…”
Ritengo questa la chiave di lettura del libro di Eleonora Carta, che segna il passaggio tra noir e spy story, ma che consegue lo stesso risultato di appassionare il lettore con una trama vivida e avvincente.
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Eleonora Carta
Nata a Iglesias nel 1974, si è laureata in Giurisprudenza all’università di Cagliari. Abbandonata l’idea della carriera forense, ha intrapreso un percorso di studi indipendente, in materia storica e antropologica, scrivendo saggi e traducendo in italiano scritti gnostici ed ermetici della tradizione iniziatica occidentale. Dal 2000 ha lavorato come editor freelance; negli stessi anni ha cominciato a dedicarsi alla scrittura. Dal 2011 trascorre parte dell’anno a Torino. Le atmosfere della città le sono valse d’ispirazione per il primo romanzo edito nel 2014 da Newton Compton, La consistenza dell’acqua. I contrasti di Torino sono protagonisti anche del secondo romanzo, L’imputato, terzo classificato al Festival Giallo Garda 2018. Nel gennaio 2019 torna in libreria con il saggio Breve storia della letteratura gialla, edito da Graphe.it, che nel mese di marzo vince il Premio Giuseppe Lippi al Festival “La Provincia in Giallo”. Con “Piani inclinati” è tornata alla sua terra d’origine costruendo un thriller di grandissima tensione psicologica. Dal 2016 è tra gli organizzatori della Fiera del Libro di Iglesias, Festival letterario del Sud Sardegna giunto alla sua V edizione.