Il giardiniere e la morte




Georgi Gospodinov


Traduttore: Giuseppe Dell’Agata

Editore: Voland

Collana: Sirin

Pagine: 208

Anno edizione: 2025


Sinossi. Con l’abituale maestria Georgi Gospodinov ci racconta la vita di un uomo e le storie che compongono un’esistenza, ogni esistenza. Perché la fine dei nostri padri è la fine di un mondo.


« Il tempo e le relazioni umane sono il quadrante letterario di Georgi Gospodinov. Questa volta a maggior ragione, perché scrive della morte (la fine del tempo) del padre (l’intimità).» – Simone Innocenti, La Lettura

Un romanzo su quanto dobbiamo ai nostri padri, su cosa ci fa essere quelli che siamo e una dichiarazione d’amore struggente: un figlio assiste il padre durante una lunga e crudele malattia. Lo ricorda lavorare in giardino, curare le piante da frutto, i fiori… pian piano il campo visivo si allarga ai vicini, ai conoscenti, all’intera Bulgaria povera e dignitosa.

 Recensione

di

Sabrina De Bastiani


C’era di tutto in queste storie – il cielo, la terra, le due città e il paese con tutte le sue stagioni, l’estate con la mietitura, l’autunno con la vendemmia, l’inverno con il Natale, mentre lo sgozzamento del maiale era un capitolo a parte, lo raccontava in modo che il sangue sgorgava a fiotti nello studio del dottore e gli sporcava un po’ il camice bianco, ma lui, concentrato sul racconto, neanche si mosse. Poi mio padre raccontò del giardino, in teoria aveva cominciato coi dolori alla schiena quando zappava, ma il racconto si espanse in rose, ciliegie e prugne, così che l’intero studio cominciò a fiorire. E l’ecografo in mano al dottore mise le gemme come un tulipano e ormai non sarebbe più stato in grado di trovare neanche l’ombra di

una metastasi.

Raccontava mio padre, raccontava, di vita e di morte, Sapeva che, se si fosse fermato, tutto ciò che aveva introdotto nello studio sarebbe scomparso come la rugiada mattutina sulle fragole dell’orto.

Solo mentre raccontava le costole non gli dolevano, la schiena non gli faceva male, i polmoni non lo trafiggevano, non aveva alcun dolore.

Pian piano nello studio erano entrati i medici più giovani e le infermiere, dietro la porta sbirciavano altri malati per vedere quello spettacolo miracoloso, cosa sono quegli agnelli, maiali, ciliegi in fiore e storie. E chi ascoltava non sentiva più dolore.

C’è di tutto in questo libro. 

C’è tutto, in realtà.

Nel mutismo di quando occorre esprimere i propri sentimenti, Georgi Gospodinov trova la voce. La trova  per restituirli in forma di parola, di suono, di immagine. Di ricordo.

Sì, questo è verosimilmente il piccolo fuoco del lutto, se puoi parlare, scrivere, ordinare le parole. Sono solo in dubbio se i rametti di queste parole lo allevino o lo fomentino ancora di più.

Sua la voce, inconfondibile, suo anche il dolore, quello per la perdita del proprio padre. Suoi i ricordi, piccoli grandi squarci di quotidianità, di tempi difficili, di tempi più semplici.

Una storia personale, quella che l’Autore ci porge. Una storia di dolore – Tento di localizzare questo dolore nel mio corpo, da dove precisamente sgorghi. Ora è in basso sul petto, la dove c’è il diaframma, mi blocca, mi impedisce di respirare. In realtà il dolore si sposta. Adesso sta in alto, in gola, da qualche parte là, dove si trova la centrale del pianto. Ora è pastoso, come pane malcotto, difficile da inghiottire –  di bellezza, di sublime, di ineffabile –Mio padre se n’è andato. Non so cosa fare – di ironia tenace e tenera –Immagino mio padre sbirciare da dietro le mie spalle, leggere e rimproverarmi. Non occuparti di queste cose, scrivi altri libri. Ma, sì, e qui non è esattamente come lo hai scritto. – Quel vigile urbano non era del paese vicino, ma di due paesi più in là –  di viscere e di fiori – C’è una particolare tristezza e bellezza nell’appassimento, ma non la disperazione che viene con l’invecchiamento per gli uomini e gli animali. Perciò di sicuro continuo a fotografare le rose che se ne vanno, i giaggioli, i tulipani, le peonie che perdono i petali, calle impallidite e viole… La botanica sa come si muore in bellezza, senza morire. La botanica sa ancora molto di più riguardo alla morte.

Una storia personale che si fa universale, che si fa universo. Che parla di noi e a noi.

Perché Gospodinov non  descrive il suo dolore, lo scrive, lo denuda sottovoce, senza epica, senza elegia, con compostezza, con estrema dignità  e proprio così riesce a trasmetterne l’intensità, la forza primordiale.

Ed è attraverso le pagine di questo eccezionale Autore, della sua scrittura unica e illuminata,  che il  filo della vita di un padre morente si illumina come quelle ragnatele su cui batte il sole, che all’improvviso diventano visibili d’autunno.

Un padre che non ha mai perso la calma, quel niente di grave ripetuto in ogni occasione fino alla fine, che ha saputo curare il tempo così come il suo giardino. Un tempo scandito da stagioni, piogge, sole, feste e solstizi. Da foglie e fiori che germogliano, da tante piccole grandi azioni, ogni giorno. Gesti misurati, appassionati, il prendersi cura. 

Prendersi cura.

Quand‘è il momento di fermarsi? 

Lo guardo e penso che non ci hanno insegnato a invecchiare. Cosa si fa alla fine della vita? Come rallenti, come ti abitui al fatto che il tuo compito adesso consiste nel riposarti (ma è un compito, riposarsi)?

Non ti abitui. Non rallenti, non riposi, non smetti di sognare.

In modo che questa bambina possa ricordarmi. Ecco il suo sogno, l’idea di immortalità, o comunque la si voglia chiamare, rimanere nella memoria di una bambina.

Semplicemente non smetti, non puoi. 

I ruoli smettono nella notte più buia,   quando un padre  diventa figlio del proprio figlio e un figlio  diventa padre del proprio padre.

Non andiamo in clinica, gli dico una sera, anch’io sono più tranquillo quando sono qui da te.

Anch’io sono più tranquillo quando sei qui con me, volevo dirgli. 

La perdita. 

Della memoria custodita, del ricordo,  della propria identità.

Mio padre era quell’Atlante che sosteneva sulle spalle tonnellate di passato. E ora che se ne è andato sento tutto questo passato sgretolarsi, rovesciarsi silenziosamente su di me e seppellirmi con tutti i suoi pomeriggi. I pomeriggi dell’infanzia crollare silenziosamente. E non ho chi chiamare in aiuto.

Dialoga con il padre, Gospodinov, ricordandolo e raccontandolo ai lettori, dialoga con filosofi e poeti del passato e più vicini, non per trovare risposte ma per ascoltare.

Non sono la croce di marmo, il nome e le date a custodire la memoria. Ma proprio la parte organica di un ciliegio spuntato da un nocciolo, qualche cespuglio, le erbe di campo o una lucertola che guizza intorno ci ricordano chi giace là sotto. Una delle tombe più belle che io abbia visitato nel mio pellegrinaggio di un tempo era la tomba semplice di Thomas Mann e della sua famiglia, con una piccola pietra e piante mellifere particolarmente profumate, che attraevano sciami di api e di calabroni. Il loro ininterrotto ronzio rendeva il posto davvero meraviglioso.

Così immaginavo, dopo un po’ di tempo, il pezzetto di terra in cui giace mio padre – fiori, piante aromatiche e api ronzanti, che si abbassano in volo verso di lui con le ultime notizie dei campi e dei giardini vicini. (…)

So solo che, quando spunteranno i bucaneve o si aprirà il primo tulipano, mio padre giardiniere (o mio padre – giardino) sarà là.

Coltivare un’amicizia, un’amore, una passione, un orto, un giardino.

Coltivare. Prendersi cura. Far crescere.

Queste pagine, indimenticabili, inestimabili, ci coltivano. 

Ci coltivano.

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Georgi Gospodinov


Nato a Jambol nel 1968, è poeta innovativo e raffinato, prosatore e studioso di letteratura, oggi considerato lo scrittore più talentuoso della Bulgaria. Con il suo esordio narrativo, Romanzo naturale (Voland 2007), accolto come una vera rivelazione, ha immediatamente incontrato il favore di critica e pubblico che ne hanno decretato lo straordinario successo, e ha ottenuto il primo premio del concorso Razvitie per il romanzo bulgaro contemporaneo. È tradotto in diciannove lingue. Di Gospodinov Voland ha pubblicato le raccolte di racconti …e altre storie (2008), E tutto divenne luna (2018), Tutti i nostri corpi (2020) e i romanzi Fisica della malinconia (2013) – con il quale nel 2014 è stato finalista del Premio Von Rezzori e del Premio Strega Europeo –, e Cronorifugio (2021), con il quale l’autore si è aggiudicato il Premio Strega Europeo 2021. Di lui è stato detto: “Definito il Milan Kundera della Bulgaria… potrebbe essere accostato anche a Friedrich Dürrenmat… ma a ben vedere Georgi Gospodinov è uno scrittore unico.”