Recensione di Valentina Cavo
Autore: Gustav Meyrink
Traduzione: Carlo Mainoldi
Editore: Skira
Genere: Horror gotico
Pagine: 268
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. Il Golem, l’essere artificiale creato dalla magia del rabbino Loew, riprende vita grazie allo scambio di un cappello nel Duomo di Praga, squarciando il velo che separa il mondo reale da quello segreto e oscuro dei sogni. Il Golem, cui una parola infilata tra i denti conferisce una vita provvisoria e cui la stessa parola, privata della prima lettera, spegne l’esistenza (Emeth – verità, Meth – morte).
Recensione
Il Golem è una figura della cultura ebraica, una gigantesca creatura di argilla con una forza titanica e che può essere usato, come una sorta di “robot”, infilando dentro la sua bocca dei bigliettini con su scritte le azioni che deve compiere. Un po’ come per altri personaggi quali Dracula o Frankestein, il Golem fa parte di quel filone della letteratura gotica che è alla base della nostra cultura odierna, e rientra tra quelle figure a metà tra folklore e leggenda.
La storia si svolge nel ghetto ebraico di Praga, una città di per sè misteriosa e ricca di storie antiche, che qui vediamo come protagonista, la percepiamo in tal senso attraverso le vivide descrizioni che ne fa l’autore, con le sue strade piene di neve e ghiaccio tra le quali pare sia nato il mito del Golem. Leggendo questo libro si ha proprio la sensazione di freddo sulla pelle e in alcuni momenti anche nel cuore, dato che quella che viene narrata in queste pagine non è di certo una leggera favoletta della buona notte, ma qualcosa che colpisce duramente allo stomaco e che non può passare inosservato.
Proseguendo con la lettura troviamo via via una parata di personaggi che vanno dalla bellezza e giovinezza di Rosina alla bruttezza grottesca e dalla cattiveria del rigattiere Wassertrum fino alla bontà di Hilliel. Vividi archetipi della psiche umana, ognumo di loro, alla fine, incarna una parte di noi, un’umanità varia e ricca di sfumature. Il protagonista della storia è un intagliatore di pietre preziose, Pernath, che si vedrà incastrato senza via di scampo in una serie di eventi che lo porteranno inesorabilmente alla rovina, entrando in contatto con le zone in ombra e torbide dell’animo umano.
Il Golem di Meyrink, che è stato pubblicato a puntate tra il 1913 e il 1914 e che vede la sua prima stampa in lingua tedesca nel 1915, è il suo più popolare e famoso romanzo e si capisce anche il perchè, dato che ha racchiuse in sé tutte le componenti per interessare il pubblico dell’epoca e renderlo al contempo un piccolo capolavoro di scrittura, sempre attuale e godibile anche ai nostri tempi, e che fornisce al lettore quel sentore di antico e di drammatico che lo farà scivolare piacevolmente tra le pagine, restando più o meno ignaro del processo “iniziatico” a cui si è sottoposto e che è parte fondamentale della filosofia stessa dell’autore.
Gustav Meyrink
Gustav Meyrink (Vienna 1868, Starnberg 1932) Gustav Meyrink, pseudonimo di Gustav Meyer, era figlio illegittimo di un ministro del Württemberg, il barone Karl von Varnbüler, e di Marie Mayer che affermava di discendere dai nobili Meyrink.
Crebbe con la nonna materna ad Amburgo, frequentò il ginnasio a Monaco, s’iscrisse alla scuola di commercio di Praga, dove a vent’anni cominciò la sua carriera di banchiere. Il fallimento di questa carriera dopo vari problemi tra cui un duello e una breve incarcerazione, gli permise di darsi completamente alla letteratura. Il Golem (Der Golem, pubblicato in Italia da Bompiani) pubblicato nel 1915 fu il suo romanzo e quello che ebbe maggior successo: le duecentomila copie iniziali furono vendute in pochi anni.
Pubblicò in seguito altri romanzi, tra i quali L’angelo della finestra occidentale, tutti in vario modo ispirati a quelle scienze esoteriche, alchemiche, magiche, di cui Meyrink fu un grande cultore.
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