Il maestro delle metope 




 Il maestro delle metope

di Vincenzo Ramaglia

WATSON 2022

Giallo, pag.394

Sinossi. Due giovani donne nude, imprigionate in una strana posa all’interno di un’enorme teca di vetro. Intorno ai due copri una vera e propria scenografia, piena di messaggi da cogliere e decifrare. Ecco cosa trovano l’ispettore Alice Malandra – appassionata di tatuaggi, serie TV, manga e profilingd’oltreoceano – e il suo consulente Geremia Molin – fotoreporter di cronaca nera, caustico e asociale – quando arrivano sul posto, l’11 febbraio 2011. Alla Questura di Trieste, infatti, sono giunte due telefonate identiche e inquietanti, da due diverse informatrici anonime. Entrambe segnalano un delitto in un appartamento in via del Bastione. Per fortuna la memoria enciclopedica di Leroux, vecchio libraio collezionista di edizioni rare e fanatico di polizieschi, li aiuterà a districarsi, da un capo all’altro del mondo, in un labirinto oscuro di rompicapo e colpi di scena sconcertanti, tra personaggi eccentrici e misteriosi come la città di confine – Trieste – in cui si muovono.


Recensione di Antonella Bagorda

Emesottedelamelorp.

Nella Questura di Trieste si è perso il conto delle volte in cui, nel giro di un paio di mesi, il telefono ha squillato, qualcuno ha risposto e una voce artificiale non ha fatto che ripetere in loop quella parola all’apparenza così priva di senso: emesottedelamelorp. Ed è proprio da queste bizzarre telefonate che tutto ha inizio.

Nel romanzo d’esordio di Vincenzo Ramaglia incontriamo per la prima volta l’ispettore Alice Malandra, una bizzarra poliziotta un po’ nerd e un po’ fuori di testa che si accompagna, in questa indagine, all’asociale fotoreporter Geremia Molin. E pure lui tanto a posto con la testa non è. Di fondamentale importanza per lo svolgimento delle indagini è anche l’aiuto che il vecchio libraio Leroux concede ai due; grande conoscitore di vecchi libri e vecchie leggende, appassionato di gialli e curioso quanto basta per non riuscire a farsi i fatti propri, Leroux si rivela essere il migliore alleato e consulente che la Malandra e Molin potessero trovare sulla loro strada.

Il caso che si troveranno a dover risolvere prende il via da due telefonate identiche arrivate in Questura; all’altro capo del telefono due voci di donna, fredde e inquietanti, segnalano un delitto avvenuto in un appartamento in via del Bastione. Giunti sul posto, l’ispettore e il fotografo si ritrovano ad ammirare due giovani donne nude imprigionate in un’enorme teca di vetro. Starà a loro cogliere i messaggi nascosti in quella perfetta messa in scena e essere tanto bravi da riuscire a trovare un punto di partenza per dare il via alle indagini.

Ma passiamo alle considerazioni su questo romanzo dallo stile impeccabile.

Stiamo parlando di un romanzo che mi ha fatto sentire odore di Zafón. Leggevo le descrizioni delle strade di Trieste e sentivo la nebbia e l’umidità della Barcellona Zafoniana; i ritmi serrati, l’ambientazione scura e oscura e le ombre nascoste nella notte; e poi l’affanno, la paura e la tensione trasmessi in maniera prepotente come fossero materia.

Un concentrato di minuzie, di fusi orari, di giri del mondo, di viaggi nel tempo, nella storia, nell’arte, nella mente. Dettagli descritti in maniera così precisa e sicura che a un certo punto me ne sono altamente fregata di andare a controllare che tutto corrispondesse a realtà. Sticavoli della realtà quando ci si ritrova persi nei meccanismi di una storia così assurda da essere allo stesso tempo per nulla credibile e del tutto tangibile.

È tutto così perfettamente architettato, dalla trama ai colpi di scena ai profili personaggio fino a raggiungere un finale epico, che quasi mi verrebbe da dire che non ho voglia di leggere un seguito, e che questi personaggi voglio tenerli nella memoria così come l’autore li ha lasciati tra i righi dell’ultima pagina. Ma ingannerei me stessa se mi sforzassi di non desiderare un seguito, anche perché, parliamoci chiaro, un seguito è fondamentale; necessario; obbligatorio.

Tecnicamente non ho nulla da dire a parte un inizio che ho faticato a mandare giù. Troppo lento, troppe informazioni all’apparenza superflue, abbastanza prolisso da farmi quasi venir voglia di mollare e passare al prossimo titolo che attende in libreria di essere letto. E invece bisogna insistere. Ma nemmeno tanto, eh? Poche decine di pagine in salita e poi c’è stato bisogno che qualcuno, ogni tanto, spezzettasse la mia lettura se no me lo sarei bevuto tutto d’un fiato senza rendermene conto.

E allora dal punto di vista della scrittura e dell’intreccio narrativo c’è poco da aggiungere e ogni altra parola sarebbe superflua. Forse, però, tutti i dettagli che hanno fatto di questo romanzo un’opera geniale hanno tolto un po’ di tridimensionalità ai protagonisti. Ecco, se dovessi trovare un difetto, a mente fredda, sarebbe proprio questo: mi sarebbe piaciuto riuscire a vedere in modo molto più reale i personaggi, mentre si muovono in un’ambientazione che invece sono riuscita a vedere, a sentire e a vivere in modo chiaro, senza alcun tipo di difficoltà.

Che altro si può aggiungere in merito a questo esordio letterario se non che auguro una lunghissima carriera all’autore?

Per chiudere: non che ci sia bisogno di fare la solita domanda, arrivati a questo punto direi che la risposta è già abbastanza chiara, ma facciamola lo stesso.

Consiglio la lettura di questo libro? 

Buttatevi in questo romanzo senza aspettarvi niente e lasciatevi inghiottire da un’ambientazione talmente nera da farvi smarrire la strada del ritorno.

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Vincenzo Ramaglia


è un compositore, musicista elettronico, docente di linguaggio audiovisivo e autore de Il suono e l’immagine. Musica, voce, rumore e silenzio nel film (Dino Audino Editore). Dal 2000 è direttore dell’Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma. Il maestro delle metope è il suo romanzo d’esordio.