Recensione di Giusy Ranzini
Autore: Stefano Tura
Editore: Piemme
Pagine: 370
Genere: Thriller
Anno Pubblicazione: 2016
“Il male continua a tormentarmi. Devi fermarlo. Solo tu puoi farlo.”
A volte, la vita vera è molto peggiore degli incubi. E proprio di vivere in un incubo ha l’impressione Marco: il volto martoriato da lividi e ferite, la bocca frantumata, le ossa degli arti barbaramente spezzate.
Ma il dolore più acuto non è certo dovuto alle ferite. Quando intravede, ancora semicosciente, il corpo di Anna, la sua compagna, abbandonato accanto a lui sul letto, lo sguardo vitreo e inespressivo che solo la morte sa creare, capisce che nulla potrà più essere come prima. Marco e Anna si erano trasferiti da poche settimane a Ipswich, nel Suffolk, lasciandosi alle spalle Bologna e un paese che non aveva dato loro granché.
L’Inghilterra li aveva accolti con un lavoro decente e soprattutto la speranza di un futuro migliore, speranza di cui ora non rimane neppure un frammento.
Un anno dopo di Marco e Anna nella cittadina inglese non c’è più neppure un vago ricordo, anche perché l’omicidio di una giovane prostituta croata ha spostato i riflettori sul vecchio caso di un serial killer apparentemente chiuso dieci anni prima.
Alla polizia locale e ai suoi zelanti e burocratici agenti, Scotland Yard affianca Peter McBride, nei registri della polizia noto anche come BigMac, accusato di vari crimini, condannato a qualche anno di reclusione. Un genio nel risolvere i casi più complessi, anche se con metodi decisamente poco ortodossi.
Dopo i primi sopralluoghi, McBride si accorge che è un’altra la pista da seguire e chiede aiuto a una vecchia conoscenza, Alvaro Gerace, poliziotto italiano che mai si è accontentato della soluzione più facile.
Insieme, pur rimanendo nei propri paesi, scopriranno che la verità, che a tutti, dai media alla polizia, fa comodo tenere nascosta, è atroce e affonda le sue radici negli istinti più bassi e ancestrali dell’animo umano.
McBride e Gerace, personaggi già incontrati nei precedenti libri di Stefano Tura, “Tu sei il prossimo” e “Non spegnere la luce”, arriveranno a incrociare le proprie indagini che toccheranno anche la storia di Marco e Anna.
Le storie narrate in questo romanzo e i fatti più salenti, si svolgono principalmente in due città diverse e molto distanti tra loro: Ipswich e Bologna.
L’autore ha la capacità di portare avanti più filoni narrativi, creando personaggi che entrano subito in empatia con il lettore e, nel contempo, riesce ad unire alla trama investigativa, spunti di riflessione su temi di attualità.
I temi spaziano dalla politica, alla corruzione fino ad arrivare alla guerra e in particolare viene raccontata, seppur in modo marginale, la guerra nell’ex Jugoslavia, avvenuta tra gli anni ’80 e’90.
La narrazione è eterodiegetica, in terza persona e, di conseguenza, i comportamenti dei protagonisti e dei personaggi secondari non vengono analizzati e giudicati dal narratore.
I capitoli sono brevi, la scrittura fluida e precisa, le descrizioni molto particolareggiate e curate nei minimi dettagli.
Il principio del male è un thriller teso, agghiacciante che porta il lettore verso il dolore e il mistero, tenendolo incollato dalla prima all’ultima pagina e, l’ultima frase del libro, fa presupporre che ci possa essere un seguito.
Stefano Tura
(Bologna, 1961) ha iniziato la sua carriera come giornalista di cronaca nera per Il Resto del Carlino. Nel 1989 è stato assunto in RAI: inviato di guerra in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e Sudan, nel 2006 è diventato corrispondente per il Regno Unito con Marco Varvello.
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