A cura di Manuela Baldi
Autore: Davide Staffiero
Editore: Eclissi editrice
Collana: I Dingo
Pagine: 155
Genere: Horror
Anno di pubblicazione: 2018
SINOSSI: Il signor Bloch, pensionato metodico e vagamente misantropo, trascorre le sue giornate secondo quello che lui chiama Programma, ovvero una rigida tabella oraria che scandisce ogni singolo aspetto della sua vita quotidiana. Una catena di imprevisti finirà per incrinare l’impalcatura psicologica alla base del suo equilibrio, costringendolo ad affrontare i peggiori demoni del proprio subconscio.
RECENSIONE:
Romanzo di esordio di Davide Staffiero, Il Programma, racconta, in un crescendo di tensione narrativa, come la vita quotidiana del protagonista, il signor Bloch venga progressivamente stravolta da fatti normali per la maggior parte delle persone, ma sconvolgenti per lui. Il romanzo è ricco di citazioni, a cominciare dal cognome del protagonista, Bloch, che ricorda il famoso Robert, autore di Psycho, quello portato al cinema e al successo da Alfred Hitchcock).
Staffiero si occupa di programmazione televisiva e nel libro si intuisce la sua passione per il cinema. Il signor Bloch, solitario, vedovo, sollevato per il fatto di esserlo, metodico al limite del disturbo ossessivo-compulsivo, non riesce a gestire piccole varianti al Programma. Si aprono scenari completamenti nuovi e il protagonista pian piano, modificherà il suo Programma, fino a disattenderlo completamente.
La tensione nella lettura rimarrà alta per l’abilità di Staffiero nel descrivere le allucinazioni del signor Bloch, i lettori saranno ansiosi di capire come proseguirà e come terminerà la vicenda, ma saranno colpiti sia dalla fragilità, sia dalla solitudine del signor Bloch, che apparentemente vive una vita “normale”. Siamo ai confini della realtà, oppure davvero gli abissi della mente possono portare a una situazione simile? L’epilogo lascerà spiazzati e con moltissime domande.
Intervista
Abbiamo rivolto alcune domande a Davide Staffiero per conoscerlo meglio
Cosa legge Davide Staffiero?
Leggo di tutto. Con i libri sono onnivoro esattamente come lo sono con i film. Da Hemingway a Lovecraft, da Kafka a Lansdale. Mi appassionano i classici della letteratura, come adoro i fumetti, da Bonelli a Garth Ennis, passando per Frank Miller.
Uno dei miei primi amori, scoperto per caso in giovane età (troppo giovane, direbbero alcuni), è Stephen King. E ancora oggi mi accompagna, perché lo ritengo un narratore formidabile, al pari di tante altre firme che la critica accademica porta normalmente in palmo di mano.
Volendo definire un’area d’interesse, non posso negare una certa attrazione per il “lato oscuro”, quindi spesso e volentieri cerco stimoli in zona horror-thriller.
Come nasce un romanzo come Il Programma?
Il Programma nasce da suggestioni diverse che hanno trovato nel signor Bloch la loro sintesi.
Da un lato, l’assoluta mancanza di tempo che caratterizza la nostra epoca (sempre di corsa, con l’agenda piena e rari i momenti da dedicare esclusivamente a noi stessi); mi sono chiesto cosa sarebbe potuto succedere a un uomo che pur avendo consacrato ogni minuto della giornata alla propria persona, finisca per ritrovarsi comunque imbrigliato in una gabbia temporale.
Dall’altro, una riflessione sui pericoli della solitudine, che anche quando viene cercata proprio per evadere dalle costrizioni della vita sociale, rischia di fare più male che bene.
Nel personaggio di Bloch confluiscono poi una serie di piccole fissazioni e manie, sia mie personali, che di altre persone incontrate e osservate nel corso della mia vita.
La solitudine in un mondo iperconnesso può essere considerata un male del nostro tempo?
La solitudine credo sia una caratteristica endemica dell’essere umano. Chi più, chi meno, siamo tutti soli, indipendentemente da quanti “amici” abbiamo su Facebook. Perché alla fine della giornata, quando cala il buio, al di là di quanto possa essere soddisfacente o meno la nostra vita sociale, saremo comunque costretti a fare i conti con noi stessi, con i nostri fantasmi, le nostre fragilità. Ed è proprio quello che succede a Bloch, che della propria solitudine ha fatto un vanto, una missione di vita, ingenuamente convinto che i problemi vengano solo dall’esterno.
Siamo ai confini della realtà?
Sì e no. Con Il Programma mi sono spinto ai confini della realtà, ma con il proposito di parlare dell’Uomo. Ritengo che uno dei grandi pregi del “fantastico” (horror, fantasy o fantascienza, poco importa) sia proprio la possibilità di sondare la natura umana partendo da un contesto immaginario, non per forza ancorato alla realtà di tutti i giorni. La realtà stessa, del resto, è il risultato di una percezione del tutto personale e ognuno la legge con i propri occhi. Il fantastico ci permette di giocare con le nostre paure in una zona protetta, sicura. Le paure però rimangono concrete, molto concrete.
Come scrive Davide Staffiero? Segue una scaletta o tutto gli viene di getto?
Lo sto ancora scoprendo. Questo è il mio primo romanzo ed è uscito abbastanza di getto. Il Programma ha il vantaggio di avere una trama molto semplice, lineare, incentrata su un unico personaggio e con pochissimi elementi secondari. Di conseguenza i punti cardine della storia mi erano molto chiari fin dall’inizio: sapevo da dove partire e sapevo dove volevo arrivare. Per tutto quello che sta nel mezzo mi sono limitato a seguire il signor Bloch.
Più che nell’articolazione della trama, le difficoltà si sono presentate nel tentativo (spero riuscito) di rendere chiaro al lettore il percorso psicologico del personaggio senza annoiare o risultare troppo ripetitivo.
Perché un lettore dovrebbe leggere il tuo libro?
Perché forse potrebbe trovarci dentro qualcosa di sé.
Perché un personaggio immaginario, con caratteristiche se vogliamo “estreme”, non è detto che non sia in grado di dirci qualcosa su noi stessi. O quantomeno invitarci a riflettere. La mia speranza è che venga letto come un’avventura psicologica, che pur non fornendo risposte concrete, contribuisce nel suo piccolo a sollevare qualche domanda.
Davide Staffiero
Grazie a Davide Staffiero
Davide Staffiero
Davide Staffiero, classe 1984, è nato e cresciuto in Svizzera. Inguaribile cinefilo e avido consumatore di serie tv, dopo un breve periodo come critico cinematografico si è trasferito in televisione, dove oggi seleziona i film da proporre in palinsesto. Lettore onnivoro e spettatore curioso, divora storie per passione e per lavoro, tanto che qualche volta gli viene voglia di scriverne una di suo pugno. “Il Programma” gli è valso una menzione al merito al Premio Internazionale Salvatore Quasimodo 2017.