Recensione di Francesca Marchesani
Autore: Concita Borrelli
Editore: Mondadori
Genere: Narrativa
Pagine: 144
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. «Papà, hai un’altra?» È dalla domanda feroce, inaspettata, della figlia Clotilde che ha inizio il monologo interiore del protagonista di queste pagine, un maturo magistrato, ora anche affermato scrittore, in bilico tra due amori e in perenne discussione con se stesso. Da una parte la moglie, necessaria come un’inestinguibile parte di sé, rappresenta il passato, il presente e la certezza domestica: grazie a lei il narratore regola i propri passi, e in sua assenza non può fare altro che incespicare. Ma l’antica passione si è ormai trasformata nella rassicurante consuetudine quotidiana, e allora entra in gioco l’altra donna, giovane e vitale da togliergli il fiato: con lei vive uno stato di gioia pura, non fa programmi, si sente libero come una foglia al vento. La rievocazione innescata dall’implicita accusa della figlia lo porta a ripercorrere le proprie origini e a confrontarle con l’oggi, alternandole alla lucida e spietata osservazione del nostro tempo. Famiglie ai saggi di pianoforte, ragazzine con borse griffate che progettano le estati a Panarea, madri nascoste nei Suv e in sogni pacifici, padri troppo compresi nel ruolo sociale di uomini arrivati. Tutto è apparentemente perfetto. A intervallare il racconto, le lettere di Marina, una intraprendente carcerata condannata a trent’anni per aver ucciso il marito. Il magistrato ne accoglie la confessione e in cambio le suggerisce la lettura di un romanzo in cui lei possa rispecchiarsi e trovare conforto: L’amante di Lady Chatterley . Tutti attraversano l’amore e la ferita. Tutti hanno diritto a sanarla e chiedere alla vita giustizia per il mal tolto. Ma di amore si muore? Nel riconoscere la bellezza dell’imperfezione e nel cercare di comprendere e accettare lo scandalo delle nostre contraddizioni, Concita Borrelli dà forma a un thriller avvincente che ha per sfondo Roma, scritto con la leggerezza di un interludio, in cui i personaggi si muovono in un cerchio sempre più stretto, a precipizio sugli abissi.
Recensione
Concita Borrelli fa regredire allo stato larvale questo magistrato, pezzo grosso del foro della città eterna. Lo trasforma in un sacchetto molle composto solo di organi, perché è così che ci riduce l’amore.
Non siamo più niente se non l’oggetto del desiderio di un’altra persona. E il nostro protagonista si divide fra due donne, due storie d’amore, una, due, tre, quattro vite parallele. Quella del padre, quella del lavoro, quella del marito premuroso e quella dell’amante focoso. E chissà quante altre, tutte racchiuse in un unico uomo.
E lui, in tutte queste pagine parla come si parla ad un amico, ininterrottamente, un corso inarrestabile di pensieri difficili da arginare. Lui sa che non si possono amare due donne contemporaneamente eppure è quello che gli succede.
A meno che non sia amore, ma ossessione quella per “l’altra donna” noi la conosciamo solo con questo nome. Non riusciamo a darle un volto ma sappiamo solamente che è una boccata d’aria fresca fra una vita e l’altra. Una panchina e un sorso d’acqua dopo un percorso di svariati chilometri.
La Borrelli ci prende per mano e ci fa scoprire questo suo mondo come se fosse una vetrina immacolata. Ma piano piano, inavvertitamente le cose possono creparsi e rompersi da un momento all’altro.
“La amo. La amo. La amo. Due uomini stanno vivendo la mia vita. Due uomini, uno rientra a casa, l’altro resta sotto le sue carezza. Uno macina lavoro e il sapore di una famiglia immobile e qualche farmaco di troppo, l’altro vorrebbe guardare un film con lei. E lei, come potrebbe guardare il film se ama capovolgere la testa sulla mia pancia e prendersi gioco di me?”
Concita Borrelli
Concita Borrelli è avvocato, giornalista e autrice televisiva. Collabora con Rai Uno (“Unomattina” e “In famiglia”), con le testate del gruppo QN e la rivista “Lampoon”.
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