Intervista a Chris Hammer




A tu per tu con l’autore

A cura di Chiara Alaia e Leonardo Di Lascia


 

 

Qual è stata la tua prima idea: la trama, il prete o altri personaggi?

La prima idea è stata il personaggio del giornalista, Martin Scarsden, arrivato in una città morente, incaricato di scrivere una storia un anno dopo un terribile evento. Da lì è nata l’idea del prete che sparava alle persone. E da lì il resto della storia ha iniziato ad evolversi.

 

Questo romanzo si ispira a fatti realmente accaduti?

No, non proprio. Almeno non la storia del prete che spara ai membri della sua congregazione. Non conosco nessun evento simile nella vita reale. La morte degli autostoppisti si basa, molto vagamente, su un serial killer che ha assassinato degli escursionisti in Australia negli anni ’90.

 

Quanto il tuo lavoro di giornalista ti ha aiutato a creare il tuo protagonista, Martin Scarsden?

È stato molto utile. Capisco le motivazioni dei giornalisti e il modo in cui lavorano. Ma Martin non sono io: soffre di Disturbo Post-Traumatico da Stress e all’inizio di Scrublands è una specie di storpio emotivo: ha quarant’anni ma non ha ancora avuto una vera relazione adulta. Mi sono basato in linea di massima su alcuni giornalisti, fotografi e operatori di ripresa emotivamente danneggiati che ho incontrato nei miei anni come corrispondente estero.

 

 

In tema  di giornalismo e media, quali aspetti hai vissuto tu stesso sulla tua pelle?

Ho lavorato trent’anni come giornalista per televisione, giornali, riviste, online e libri. La mia carriera si è divisa tra la copertura della politica nazionale australiana e degli affari internazionali. Sono stato corrispondente internazionale sul campo per diversi anni, mandando reportages da più di 30 paesi in sei continenti. Ci sono state occasioni in cui, come Martin Scarsden, ho fatto reportages riferendo “il dopo”, la reazione a posteriori dopo certi accadimenti. Ad esempio, un anno dopo lo tsunami del 2004 sono andato ad Aceh, in Indonesia, per riferire sulla ripresa. Un esempio più rilevante è stato quando sono andato nella città di Jasper in Texas, alcuni mesi dopo un terribile omicidio di un afro-americano da parte di suprematisti bianchi. (https://en.wikipedia.org/wiki/Murder_of_James_Byrd_Jr.) Il mio articolo non riguardava l’omicidio, ma come la città stava affrontando il tutto. Eppure quella storia finì per essere totalmente incentrata sulla razza e sulla divisione razziale, quindi, sotto questo aspetto,  molto diversa dalla città e dagli eventi di Scrublands Noir.

 

Qual è la tua visione di giornalismo?

Il giornalismo etico e dotato di risorse adeguate è sempre più importante in questa era di notizie false e social media. È essenziale in una democrazia funzionante.

 

Ti piacerebbe che questo romanzo fosse il primo di una serie?

In effetti, ci sono già altri due libri della serie. In Australia, “Scrublands” è stato pubblicato nel 2018, “Silver” nel 2019 e “Trust” nel 2020. Tutti e tre con protagonisti Martin Scarsden e Mandalay Blonde. Possono essere letti come libri indipendenti, anche se probabilmente è meglio leggerli in ordine. Certo, spero che vengano tradotti tutti in italiano! “Silver” è ambientato in un altro luogo iconico australiano: una località balneare. “Trust” è ambientato nella Sydney post-Covid.

 

L’ambientazione di Scrublands noir è essenziale affinché il romanzo possa esprimere appieno la sua forza. Siamo a Riversend, un luogo immaginario nel New South Wales, in Australia. Martin si trova una città fantasma: nessuno per strada, negozi chiusi. Le descrizioni dei paesaggi sono numerose e accurate. L’ambiente corcostante è piatto, monocromatico, sbiadito da anni di siccità. Statico. Martin cerca l’orizzonte, ma è sfocato, indefinito: il cielo si fonde con la terra in onde tremolanti. Ho avuto l’impressione che l’ostentazione dell’immobilità del luogo fosse una scelta consapevole per fare da contrappunto alla “vivacità” delle vicende narrate, che si susseguono tra continui colpi di scena. Vuoi parlarne ai nostri lettori?

La città di Riversend è immaginaria, ma il paesaggio è molto reale. La terra in quella parte dell’Australia è davvero così piatta che puoi vedere la curvatura della terra. E quando fa caldo (e in estate è sempre caldo!) i miraggi dovuti al calore fanno sembrare come se l’orizzonte  si stesse sciogliendo nel cielo. Nell’estate del 2008-2009, ho viaggiato in quest’area al culmine della siccità millenaria, la peggiore siccità registrata dall’insediamento europeo. Stavo studiando per il mio libro di saggistica The River, pubblicato nel 2010. Ho soggiornato in una piccola città (che sembrava abbastanza diversa da Riversend – più estesa) ma aveva una cosa in comune: il fiume era arido fino all’osso. Questa era una città fluviale; una città fluviale senza acqua e con quaranta gradi di temperatura.  Quindi, se l’ambientazione sembra reale, è perché lo è! L’altra cosa che ricordo delle città che ho visitato in quel periodo è stato il senso di disperazione. Le banche si stavano riappropriando delle fattorie, i contadini stavano abbandonando le loro terre, il suicidio era comune. Al contrario, le comunità hanno anche dimostrato una notevole capacità di recupero: aiutandosi a vicenda, determinate a farcela, dotate di uno strano ottimismo e di un senso dell’umorismo pervasivo. Così alcuni anni dopo, quando ho pensato che avrei provato a scrivere romanzi gialli, avevo già l’ambientazione perfetta!

Chris Hammer

 

Acquista su Amazon.it: