Intervista a Elena Mandolini




A tu per tu con l’autore

A cura di Antonella Bagorda


 

 


Ciao Elena, ti do del tu così rompiamo il ghiaccio fin da subito.

Ho avuto il piacere di immergermi nella lettura del tuo romanzo L’ultima cura, edito Dark Zone, e devo ammettere che sei stata una piacevolissima scoperta. Hai affrontato una delle paure più grandi che sicuramente accomunano la maggior parte delle persone: la perdita del controllo della propria mente e dei propri ricordi. 

 

Come nasce l’idea di creare questo strano mondo in cui hai inserito Claudia, la tua protagonista?

Ciao Antonella, grazie per la stupenda recensione e per il tuo benvenuto. L’idea nasce proprio dall’affrontare questa paura legata alla perdita della memoria e del controllo della mente. Purtroppo, sono vicina a una persona con gravi problemi neurologici e ho sentito il bisogno di metabolizzare quello che vedo e vivo accanto a lei. Il momento più drammatico è quando ti rendi conto che stai perdendo te stessa e non riesci a fermare questa discesa nell’oblio. L’angoscia, l’ansia e un senso di claustrofobia accompagnano primi anni della malattia e ho cercato di far vivere a Claudia queste emozioni. Si ritroverà a dover combattere contro l’incertezza del sé. Vivrà la paura e si porrà una domanda fondamentale: la mente è ancora mia amica, o è diventata una nemica? Si chiederà cosa è reale e cosa no. La mente ha un potenziale incredibile: può renderci capaci di sognare macchinari ancora inesistenti e mondi fantastici, come può anche donarci ansia e panico. Ne L’Ultima Cura ho tentato di raccontare questo: l’immenso potenziale e il decadimento della mente umana.

 

Il tuo romanzo è un grande mix di generi e sei stata brava a non far mai trasparire tracce di forzature. C’è del thriller, dell’horror, del fantasy, c’è anche un po’ di fantascienza… Qual è il tuo genere o il tuo autore di riferimento? Quello da cui sei partita e che ti ha bisbigliato all’orecchio che era arrivato il momento di scrivere le tue storie? 

Ammetto che amo scrivere le storie che amo leggere: horror, fantascienza, thriller e una punta di romanticismo. Nei romanzi, come lettrice, ho sempre cercato storie che fondessero bene eros e thanatos. Fin da piccola mi sono avvicinata a Dylan Dog, al cinema horror e alla fantascienza. Come autori ho amato Stephen King, Poe e Lovecraft e i romanzi classici come Dracula, Frankenstein e Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde. In adolescenza mi sono avvicinata anche a Anne Rice, Dan Simmons, Ira Levin, Henry James e Shirley Jackson. La scrittura è sempre stata parte di me. Volevo scrivere sceneggiature per il cinema e per anni ho lavorato come critica cinematografica e teatrale. Poi, un giorno, è scattata la molla. Ricordo perfettamente quell’attimo e la sensazione che ho provato. Ero dentro una libreria di Roma e ho pensato fosse giunto il momento di scrivere le storie che appuntavo nel computer da tanti anni. La vera fortuna è stata aver vicino persone che mi hanno sempre spronata e mai bloccata.

 

 

Mi sposto per un attimo dal tuo libro perché ogni parola potrebbe essere un rischio spoiler, e noi non vogliamo assolutamente spoilerare nulla delle sorprese che hai inserito in questo tuo romanzo, quindi ti farò una domanda un po’ cattivella. Tu sei una grande appassionata di cinema e anche i tuoi studi sono sempre andati in quella direzione, al punto di voler intraprendere a livello professionale la strada della critica cinematografica. Se dovessi scegliere, cosa butteresti giù dalla torre: cinema o libri? E perché? 

Cavolo! Bella domanda. Non saprei davvero cosa scegliere. Perché, nella mia mente, scrittura e cinema sono connessi. Tutti mi dicono che i miei romanzi e i racconti sono molto cinematografici. Forse, alla fine, sceglierei di salvare il cinema. Perché la curiosità di leggere è nata grazie alla settima arte. Dopo aver visto il film Chi ha paura delle streghe alle elementari, ho subito cercato il romanzo nella piccola biblioteca della scuola. Da lì, ho iniziato a giocare con l’immaginazione in maniera diversa. Se prima la usavo per divertirmi con bambole e giocattoli, dopo, ho cominciato a utilizzarla per creare delle storie. 

 

Sempre rimanendo in tema cinema, credo che il sogno di qualsiasi scrittore sia quello di veder realizzata una trasposizione cinematografica o televisiva della propria opera. Pensi che il genere che scrivi, principalmente fantasy/horror, possa essere realizzato in Italia e possa incontrare i gusti di una sostenuta fetta di pubblico?

Nota dolente. Dopo aver conseguito un Master in scrittura per cinema e tv, mi è stato detto più volte che le mie storie non avrebbero trovato sbocco in Italia. Da lì, è nata la decisione di diventare critica cinematografica: quei rifiuti mi avevano buttata a terra. Lavorando nel giornalismo, ho avuto modo di conoscere sceneggiatori e registi con idee innovative e interessanti ma che non venivano mai ascoltati e non riuscivano ad arrivare alla grande distribuzione. Purtroppo, la fuga di cervelli non è solo in ambito scientifico ma anche in quello artistico. Negli ultimi anni ho visto qualche spiraglio, come Lo chiamavano Jeeg Robot, ma la porta non è ancora stata spalancata davvero. È come se il cinema italiano avesse paura di tentare nuove strade, di investire soldi in progetti inediti e intriganti. Spero che presto arrivi una rivoluzione sul nostro grande schermo.

 

Per concludere torniamo al tuo romanzo, L’ultima cura. Vorrei salutarti con la domanda che mi piacerebbe fare a qualunque scrittore al mondo, riferita a ogni suo romanzo scritto, cioè una domanda sul fattore autobiografico. Quanto c’è di te nella tua protagonista Claudia, anche lei scrittrice di romanzi thriller/horror, e quanto nel romanzo in generale?

Direi che in ogni lavoro c’è un poco di me. Anzi, c’è un poco di me in ogni personaggio. Che siano sfaccettature del carattere, desideri o paure, una parte di me arriva a loro. Anche in maniera involontaria. Sicuramente in Claudia c’è una sfumatura particolare: usare la scrittura per metabolizzare periodi difficili o per rendere omaggio a momenti speciali. Per lei, le parole diventano un mezzo per comprendere meglio ciò che la circonda, per vedere con maggiore lucidità il momento che sta vivendo. E non solo. Scrivere, per Claudia, è anche divertimento e sinonimo di passione. Io sono come lei, da questo punto di vista. E ammetto di averle regalato una mia piccola dipendenza. Entrambe non possiamo fare a meno del caffè!

 

Ti ringrazio per la tua disponibilità e ti lascio l’ultima parola per parlarci dei tuoi prossimi progetti e per salutare i lettori di Thrillernord. 

Grazie mille a te! È stato un vero piacere. Adesso mi sto muovendo tra due progetti. Il primo è un romanzo post apocalittico che sta richiedendo tante energie, a cominciare dal suo complicato world building. Il secondo è una serie di racconti che spazia tra steampunk, distopia e horror. Vi saluto con una citazione che amo di Ennio Flaiano. Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni. Non smettete mai di leggere e sognare.

Elena Mandolini

 

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