A tu per tu con l’autore
Intervista a cura di Leonardo Di Lascia
Com’è nata la passione per la scrittura?
Dalla passione per la lettura. Leggere è stata una parte così importante della mia vita, fin da piccolissima, che provare a mia volta a scrivere è stato quasi inevitabile. Diciamo per puro spirito di emulazione. Ho cominciato con racconti e romanzi brevi, di ispirazione horror. Il mio riferimento, è infatti Stephen King. Poi, col passare del tempo, mi sono spostata sul genere legal thriller. Ho studiato giurisprudenza, e credevo che sarei diventata un avvocato. Invece le cose sono andate in modo differente, ma la passione per i tribunali e i processi è rimasta, e ho provato a trasporla nei miei scritti.
È corretto, classificare i tuoi romanzi come legal thriller o la consideri una scelta troppo riduttiva?
Legal thriller è una definizione molto americana, ma è di certo il genere di riferimento dei miei primi due romanzi. Ovvero: un’indagine di polizia giudiziaria che si conclude nelle aule di un tribunale, possibilmente avente per protagonisti un avvocato e/o un agente di polizia. E in effetti sia “La consistenza dell’acqua” (ripubblicato da NewtonCompton col titolo “Delitto al Museo” NDR) che “L’imputato” sono proprio questo. Poi potremmo discutere del fatto che il processo penale americano, per la sua struttura, offre molte più opportunità narrative e una superiore spettacolarità rispetto al processo penale italiano, che si sviluppa in modo più lineare e meno coreografico. Niente però cui un po’ di fiction non possa rimediare.
Anna è un personaggio molto intraprendente e curioso, quanto c’è di Eleonora Carta?
Somiglio tanto ad Anna. Per certi versi è un mio alter ego. La sua passione per il diritto, la sua determinazione, la sua tenacia, sono anche mie. Poi ci sono aspetti che ci allontanano. Non sono impulsiva quanto lei. Solitamente pondero una scelta per un tempo quasi esagerato, e sempre con grande titubanza. Anna è fondamentalmente libera. Vive senza condizionamenti, e in perfetta autonomia, forse anche perché non deve rendere conto a nessuno delle sue scelte. Per me non è così. Poi Anna corre, e io non sono mai stata capace di essere continua e costante nell’allenamento. Ma c’è un’altra cosa che ci accomuna: la gatta. Anzi, diciamo proprio che la gatta del libro è la mia 🙂
Eleonora Carta
Nel libro “L’imputato”, compare un lato islamico molto esoterista che si manifesta con molti simboli legati al Corano. È stato voluto questo approccio alla cultura islamica, scegliendo come protagonista un ragazzo marocchino “L’imputato”? Sei un’appassionata di simbologia? Hai approfondito questo argomento? Qual è il tuo pensiero riguardo a questo argomento, in questo momento storico, così difficile? Pensi possa essere travisato il senso del libro?
Non ho inteso dare significati sociali o politici alla storia che ho raccontato. Ho raccontato un’esperienza, che è stata anche mia quando a Torino mi sono trovata a scoprire una realtà così lontana da me, da noi. Interi quartieri ormai popolati di persone appartenenti ad un’altra cultura, religione, e tradizione di pensiero. Ho svolto lunghe ricerche, basandomi anche su miei studi pregressi in tema di tradizione iniziatica occidentale. Ho scoperto un mondo sterminato e assolutamente affascinante legato alla filosofia islamica, agli scritti sufi, alla gnosi ismailita e all’esicasmo. Ho studiato la simbologia coranica e islamica, e le sue relazioni con le simbologie occidentali, per arrivare a capire che esiste una comune matrice culturale di fondo, cui tutto si è ispirato. Solo una piccola parte di quanto ho letto è arrivata ne “L’imputato”, e naturalmente, non avevo la minima intenzione di fare riferimento ai tragici eventi degli ultimi tempi. Non credo (e spero) non si possa fraintendere il mio messaggio o strumentalizzarlo. Oltre a trattarsi di fiction, come detto, non volevo esprimere giudizi, anche perché non ne sarei in grado. Il cosiddetto “terrorismo di matrice islamica”, come anche i problemi legati all’immigrazione e agli sbarchi di migranti sono problemi troppo dolorosi e troppo complessi, sui quali non ho competenze sufficienti.
Ti è capitato di approcciarti al thriller nordico? Conosci qualche autore?
Come non conoscerli… la scuola nordica è ormai regina del genere. Ho letto un po’ di tutto, specie Nesbo, Larsson, Paasilinna – anche se i suoi sono thriller un po’ particolari. Ho anche amato tantissimo una serie televisiva che ha avuto anche una fortunata trasposizione americana (Forbrydelsen/The Killing) che mi è stata di grande ispirazione. Però (e con questo so di deludervi) rimango appassionata del thriller americano. Quello nordico è davvero troppo cupo per la mia sensibilità.
Progetti per il futuro?
Sto scrivendo una raccolta di racconti (thriller) e una nuova storia, non più ambientata a Torino, ma in Sardegna, che è la mia terra. Un’altra indagine di polizia giudiziaria, con una donna come protagonista, ma non sarà Anna. Spero possa essere finito entro il 2016.
Grazie mille! A presto
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