Intervista a Elisabetta Cametti




A tu per tu con l’autore

 

Elisabetta, dopo la laurea in Economia e Commercio, le tue scelte professionali ti hanno portato fin da subito nel mondo dell’editoria, tra l’Italia e Londra, ma, inizialmente, non come scrittrice. Ci puoi raccontare di cosa ti occupavi, cosa hai “respirato” dell’ambiente e cosa ti ha portato alla scrittura? È stata un’idea che covava già in te o è maturata attraverso esperienze e situazioni?

Fino al 2010 ho lavorato in DeAgostini come direttore generale della divisione collezionabili. Poi mi sono trasferita a Londra nel gruppo internazionale Eaglemoss, per il quale ho aperto la filiale italiana. Scrivo da sempre, da quando ero ragazzina e mi sedevo in mezzo al prato per raccontare i miei sogni al diario e romanzare le mie giornate. All’università ho scritto una serie di articoli di marketing. I romanzi sono stati un passo spontaneo. Una svolta a livello emotivo: ho sentito che era arrivato il momento di lasciare che la scrittura assumesse un ruolo più importante nella mia vita.

 

Senza dubbio tu sei ormai una scrittrice di rilievo, apprezzata in Italia e all’estero, un punto di riferimento nel genere thriller e thriller storico. Hai una tua cifra peculiare molto forte, che sta in una scrittura davvero felice e fluida, in un’eleganza naturale che infondi ai tuoi personaggi, alle tue protagoniste in primis ma anche ai comprimari, in una capacità di creare storie che realmente scatenano in chi ti legge il bisogno di approfondire le verità che gli hai suggerito. Non sfuggo al paragone, che spesso ti hanno usato, con Dan Brown e i suoi romanzi, perché trovo sia un raffronto dal quale non ci si può esimere, anche se a mio avviso le affinità si possono trovare solo in una scelta di genere e non nelle specificità dei libri, nei quali fin da subito tu hai evidenziato una tua assoluta identità. Qual è il tuo pensiero in proposito? Dan Brown ha ispirato in qualcosa la tua voglia di cimentarti nel genere oppure da cosa è scaturita?

Mi diverte scrivere trame complesse, ricche di personaggi le cui storie si intrecciano e di misteri che mentre si dipanano conducono a nuovi enigmi. E unisco alta tensione e intrighi al sentimento. Le protagoniste dei miei romanzi sono donne intense, vere, che non vogliono essere un riferimento per i canoni estetici ma per gli ideali in cui credono. Katherine Sinclaire ha capito che nella vita nulla vale più della coscienza. Per questo si concentra sull’obiettivo senza temere le conseguenze: non si preoccupa di essere arrestata quando ruba un’auto della polizia per inseguire un assassino. Né di rimanere ustionata quando si getta sulle fiamme per salvare la vittima di un femminicidio. Per quanto riguarda Dan Brown, be’… ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Significa che ha saputo interessare lettori con abitudini, esperienze e culture diverse. Non è facile e non è da tutti. Che dire? È un paragone che profuma di buono.

 

Possiamo dire che allo stato attuale due siano i cicli della tua produzione letteraria: la serie K, con protagonista Katherine Sinclaire, giunta ora al terzo episodio con KDove il destino non muore e la serie 29 con protagonista Veronika Evans, l’eroina de Il regista e di Caino. Associo entrambe queste figure femminili… a te. Sia per i ruoli professionali che svolgono e per gli ambienti nei quali si muovono, con gli ovvi distinguo dalla realtà, che per la fisicità. Trovo sia un elemento molto empatizzante identificare l’eroina in colei che ne è l’autrice, ricordo anni fa un film, “All’inseguimento della pietra verde” con Kathleen Turner e Michael Douglas, che ebbe un notevole successo e che “giocava” proprio sulla trasposizione dell’autrice sul suo personaggio. Al netto delle mie osservazioni, se le condividi, cosa c’è ancora e oltre di Elisabetta nelle tue protagoniste e cosa invece non ti appartiene di loro?

Veronika è una fotoreporter determinata a portare alla luce le ferite dell’emarginazione nelle metropoli. Katherine è una manager dell’editoria, con un innato senso della giustizia. Sono due donne molto diverse nell’aspetto, nel modo di ragionare, nell’approccio alla quotidianità. Tuttavia hanno un punto in comune: entrambe si fanno portavoce di valori importanti, quelli per cui io mi batto. Katherine lotta per l’integrità e per la difesa di ogni forma di vita. Veronika denuncia l’indifferenza. Come me vivono in una società corrotta e si adoperano per cambiarla.

 

È nei tuoi libri ma è ancora di più nella tua vita. Mi parli di lei? Cosa rappresenta per te, come la vivi, cosa vi lega così profondamente?

Sette anni fa Tremilla ha scelto me. È entrata nella mia vita in modo inaspettato e l’ha arricchita di un sentimento puro e spontaneo. Ogni giorno mi rende una persona migliore, per questo ho voluto che accompagnasse anche Katherine, per non farla sentire mai sola, nemmeno nei momenti più bui.

 

Dunque è fresco di stampa, dicevamo prima, K – Dove il destino non muore, la terza avventura di Katherine Sinclaire dopo K – I guardiani della storia e K – Nel mare del tempo. Siamo di fronte ad un romanzo decisamente incalzante, appassionante e ritmato, come nella tua migliore tradizione, ma allo stesso tempo, entrano in gioco sempre più prepotentemente dinamiche famigliari e personali di Katherine, che senza nulla di troppo rivelare, saranno imprescindibili anche in ottica degli sviluppi futuri della protagonista. Ci parli della genesi di questo terzo episodio? Era già in fieri in un tuo piano generale dell’opera o via via, di libro in libro, la storia si sta “svelando” anche a te? Quanto tempo ti hanno preso le ricerche storiche per questo episodio, dove fondamentale è la figura di Napoleone e gli interrogativi che questa figura ancora oggi solleva, e quanto hai investito nel rendere e colorare così sensibilmente e credibilmente i moti interiori di Katherine, attraverso anche il racconto dei ricordi della sua infanzia, resi in maniera così vivida?

Da tempo volevo scrivere un intrigo archeologico che ruotasse attorno alla figura di Napoleone. E lo spunto me l’ha dato il tema su cui gli studiosi dibattono da sempre: perché il più grande stratega di tutti i tempi ha intrapreso la campagna d’Egitto, sapendo che ne sarebbe uscito sconfitto? Ho approcciato l’interrogativo come sono solita fare quando affronto i casi di cronaca nera, raccogliendo tutte le informazioni possibili per delineare un quadro approfondito della situazione. Mi sono scervellata per mettere in relazione fra loro i vari elementi, tracciando un percorso logico che potesse fornire una pista investigativa credibile. Ci sono voluti mesi prima di trovare un’ipotesi realistica. E da lì sono partita per tessere una trama guidata dalla sete di verità, che si snoda tra cospirazioni, attentati, minacce. Fino a condurre Katherine dentro un labirinto di conoscenze antichissime e di pericolosi segreti familiari.

 

Il genere che affronti, perlomeno nel ciclo di K si può definire in un certo qual modo fantasy storico. Per contro tu fronteggi abitualmente realtà anche crude, in quanto sei spesso chiamata in trasmissioni televisive come opinionista in particolare per quanto riguarda casi di cronaca nera. Ti capita mai di pensare che davvero la realtà a volte supera la fantasia? E che dunque i confini tra fantasy e verità siano meno definiti di quanto si pensa?

Realtà e fantasia corrono sullo stesso binario. La mente che in alcuni momenti ci consente di volare sulle ali dell’immaginazione è la stessa che può spingerci a compiere le azioni più atroci. Ed è la paura che nasce da questa consapevolezza a farci disegnare confini e tracciare linee nette. Motivo per cui non considero il mio romanzo un fantasy storico. È un’avventura che attraversa il tempo, secoli di storia si intrecciano perché l’obiettivo non è il futuro. Ma un futuro senza segreti nel passato. Un viaggio lungo, che porterà Katherine molto lontano… là dove il destino non muore.

 

Che lettrice sei Elisabetta? Come ti poni, da lettrice, nei confronti dei generi letterari ed in particolare del thriller nordico?

Leggo di tutto, senza una preferenza di genere. Le mie letture sono dettate dallo stato d’animo e inizio sempre un nuovo libro prima di finire quello in corso. Sono tanti gli scrittori che mi colpiscono. Alcuni li sento più vicini a me come stile, altri li ammiro per la capacità di tenere alta l’attenzione, altri ancora per la maestria con cui tessono la trama. Da ogni libro ho imparato qualcosa, nel bene e nel male. Come sosteneva Plinio il Vecchio: “Non c’è libro tanto cattivo che in qualche sua parte non possa giovare”. Apprezzo il thriller nordico e continuo a considerare Lisbeth Salander uno dei personaggi più riusciti degli ultimi anni.

Elisabetta Cametti

 

Grazie di cuore, Elisabetta Cametti, brillante, intelligente e talentuosa autrice maiuscola, di un’eleganza mai fredda, mai distante , sempre solare. Regina di penna e di sensibilità.

Sabrina De Bastiani

Grazie a te, Sabrina. Sei una lettrice vivace, attenta… capace di vedere oltre le righe.

Sabrina De Bastiani

 

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