Intervista a Federica Soprani e Vittoria Corella




A tu per tu con l’autore

 

 

 

Cosa ha ispirato la ferocia dei vostri assassini che compiono delitti decisamente efferati e dettati da un istinto primordiale che li conduce ad usare una crudeltà che non si vede spesso in molti libri?

Vittoria. Le mie letture preferite sono state per lungo tempo le biografie dei serial killer (famosi e meno famosi), ad esempio HELTER SKELTER di Vincent Bugliosi che narra del processo Manson e delle dinamiche sociali all’interno della Family, oppure Harold Schechter e le sue brillanti biografie di Ed Gein o Albert Fish e diversi altri. Qualche testo di criminologia anche non mi dispiace. Per molto tempo ho approfondito la figura di Jack lo Squartatore attraverso i suoi luoghi, le sue vittime e il mondo che lo ha generato, leggendo testi specifici di sessualità vittoriana e trattamento degli alienati (ad esempio BEDLAM di Catharine Arnold). I miei cattivi vengono da questi miei interessi che potremmo definire oscuri, e spesso a molti personaggi attribuisco caratteristiche di criminali realmente esistiti.

Federica. Vittoria ha già risposto, e nel modo più esauriente possibile. L’esperta di serial killer e delitti efferati è lei, così come figli suoi sono la maggior parte dei personaggi delle nostre storie ispirati più o meno esplicitamente a queste figure. Io sono più orientata verso un’altra tipologia di ‘cattivo’, mosso dai propri desideri, dal proprio istinto, ma senza quella devianza mentale che caratterizza certi personaggi di Vittoria. Alla fine entrambe queste tipologie di uomini appartengono alla realtà umana da sempre.

 

Il lettore respira appieno il periodo vittoriano sapientemente descritto da voi, ma perché scegliere proprio quel periodo? Non risulta saturo nella narrativa anche se il vostro tocco ha dato vita ad un periodo più crudele di quello di Jack lo squartatore che opera solo due anni prima rispetto alle vostre storie?

Vittoria. Nessun argomento pare mai troppo saturo. Basta vedere come chiunque abbia un computer e rudimenti di lingua italiana scriva Fantasy o serie coi Vampiri. C’è forse qualcosa più intasato e saturo di questi generi? Di certo non il romanzo storico e il vittorianesimo, anzi. L’Alienista di Caleb Carr è uscito nel 1994 e ne hanno tratto una serie Netflix solo un paio d’anni fa. Il genere storico non è saturo affatto. Proprio perché per farlo occorre molto studio, molte letture specifiche, la ricerca di fonti e autori validi. Chi lo fa questo col Fantasy? Non molti, a giudicare dai risultati. L’intasamento è altrove.

Federica. Tutto è già stato scritto, tutto è già stato suonato, dipinto, perfino cucinato. Alla fine la questione si riduce a come una persona riesce a declinare un argomento, un soggetto, un’ambientazione, un ingrediente in modo da creare qualcosa di interessante e appassionante. Inoltre, a mio modesto parere, il periodo vittoriano presentato in molti libri moderni risulta più costruito su luoghi comuni e idealizzazioni campate in aria che non su documenti storici e sulla realtà sociale del tempo. Mi è capitato di leggere cose che mi hanno fatto accapponare la pelle. Tutto fa parte di una generale e progressiva (e inesorabile) banalizzazione della letteratura e dell’arte in generale, che viene depauperata e resa superficiale, per essere più accessibile a fruitori sempre più pigri e poco desiderosi di mettersi in discussione, di confrontarsi con contenuti anche scomodi. Siamo nell’epoca del tutto, subito e il più comodamente possibile.

 

Jericho è un personaggio che il lettore immagina subito e in modi diversi, grazie alla puntigliosa descrizione, ma è un personaggio sinistro che sembra avvicinarsi al Dottor Jekyll e Mister Hyde, gotico quanto basta, misterioso e a tratti malvagio. Come avete ideato questo personaggio che cattura la scena in modo elegante costringendo quasi la figura di Jonas a fungere da ripiego visto che quasi scompare davanti a lui?

Vittoria. Dire che Jonas scompare davanti a Jericho e dire che la luna in cielo brilla di luce propria e non viene illuminata dal sole. Una storia basata su un vizioso dedito esclusivamente ai suoi giochi perversi può andare avanti per qualche pagina, stuzzicare qualche anima pruriginosa, ma la storia viene dal contrasto con l’opposto. Senza opposti non c’è avanzamento. Senza polarità certe cose non si comprendono, senza il caldo non comprenderai mai il freddo, senza il buio non capirai la luce. Jonas e Jericho sono in rapporto di polarità: in filosofia, la polarità implica una condizione di complementarità tra gli opposti, tale per cui ciascuno dei due poli, pur essendo limitato e avversato dal polo contrario, trova in quest’ultimo anche la sua ragion d’essere e il suo fondamento costitutivo, perché l’uno non potrebbe esistere senza l’altro e viceversa.

Federica. Jericho è stato uno dei primi personaggi che ho creato, nell’ambito del Gioco di Narrazione che ha dato origine alla serie Victorian Solstice. È ‘figlio’ di tutta una serie di miei personaggi precedenti, creati per racconti, romanzi e giochi di ruolo. Una razza con cui convivo da molti anni, che ogni volta evolve in qualcosa di nuovo. Però non considero Jonas un ripiego, anzi. Senza di lui Jericho non sarebbe andato oltre il primo episodio. Per quanto affascinante non ha la minima possibilità di portare avanti da solo una storia. È come Dorian Grey: se Wilde avesse scritto il suo meraviglioso romanzo focalizzandosi solo su di lui, senza le presenze complementari di Basil Hallward e Lord Henry Wotton, il risultato non sarebbe stato altrettanto efficacie. Del resto lo stesso Wilde ammise che: “Basil Hallward è quello che credo di essere, Henry Wotton è come il mondo mi dipinge e Dorian Gray è quello che mi piacerebbe essere.”

 

 

Sedute spiritiche, sette o confraternite o logge, bordelli, strane creature, sono tutti componenti che attirano al loro interno personaggi strani con vizi particolari, tra dimostrazioni virili, mascolinità insoddisfatta e estrema povertà. Perché questo periodo è perfetto per inventare storie come le vostre, tra mistero, horror e gotico?

Vittoria. Semplicemente perché è da qui che nasce tutto quello che fa parte delle inquietudini letterarie moderne: Vampiri, fantasmi, creature assemblate in laboratorio. L’Ottocento è “gotico”, letterariamente parlando. Nasce l’età tecnologica, trionfa il nuovo, eppure non ci si riesce a staccare da vecchie superstizioni. Come ho già detto, dove c’è Luce, inevitabilmente si creano ombre.

Federica.  Quoto la risposta di Vittoria, e aggiungo solo che la componente sessuale, severamente imbrigliata e repressa dalle convenzioni sociali e dalle regole imposte da ‘mammina’ Vittoria, trovavano già nella letteratura, nel teatro e in tutte le forme d’arte dell’epoca una valvola di sfogo non indifferente. Mi sono laureata con una tesi sulla figura del vampiro nel teatro tra ‘800 e ‘900, e ricordo bene come i miei testi di riferimento ravvisassero nelle prime rappresentazione teatrali che avevano come protagonista o meglio antagonista un vampiro nascevano proprio come pretesto per mostrare al pubblico, affamato di contenuti morbosi e di erotismo sottile, scene e atti che sarebbero stati inconcepibili se non mascherati dal pretesto fantastico. Il morso del vampiro sulla gola eburnea della bella fanciulla in veste da notte è una dichiarazione di erotismo davvero molto esplicita, e tuttavia non troppo, per evitare condanne e censure.

 

Quanta affinità si deve avere per poter scrivere a quattro mani e quanto si deve leggere per scrivere in modo complesso ma non pesante, ricco di materiale descrittivo che cattura il lettore come fate voi?

Vittoria. Per l’affinità ci vuole tempo e fortuna. Per dare vita a un mondo in maniera credibile, tanto studio e tantissimi libri sul tema, per scrivere in maniera leggera invece bisogna mostrare al lettore immagini e non riempirgli la testa di descrizioni desuete che egli non ricollega più a niente. Lui deve essere lì, dove lo vuoi mettere tu e tu, scrittore, devi “scomparire”. Non devi essere la guida di un museo che alita spiegazioni all’orecchio di chi legge, distraendolo dall’azione. Devi dare qualcosa di riconoscibile a chi legge, in modo che lo possa percepire coi i suoi sensi e che la sua esperienza diventi totalizzante, se ti riesce.

Federica. Occorre affinità? Non lo so… Ho scritto con altri, nel corso della mia vita, per gioco, e si trattava sempre di persone molto più affini a me per gusti e sensibilità di quanto non sia Vittoria. Mi piace pensare che lei ed io funzioniamo bene proprio in virtù delle nostre diversità, non solo di indole e temperamento, ma anche nella scrittura. Ciascuna corregge il tiro all’altra, in nome di un’omogeneità che per noi è fondamentale raggiungere. Ci stimoliamo molto a vicenda, spesso proponendo idee diametralmente opposte, e credo che sia questo a far funzionare il processo creativo.

 

Domanda di rito per Thrillernord. Avete mai letto un thriller nordico, se lo avete fatto qual è il vostro autore preferito?

Vittoria. Ho letto il Senso di Smilla per la Neve. Non è il mio genere, temo.

Federica.  non leggo molti thriller. Mai letto un thriller nordico. Non picchiatemi. Però sono sempre aperta ai suggerimenti.

Grazie

 

A cura di Marianna Di Felice