Intervista a Franco Vanni




A tu per tu con l’autore


 

A tu per tu oggi incontra Franco Vanni, scrittore e cronista giudiziario della «Repubblica», in occasione dell’uscita del suo secondo romanzo Il caso Kellan, recensito da Thrillernord.

 

Iniziamo con una domanda che probabilmente la irriterà, ma visto il protagonista e il suo lavoro, fare due più due viene automatico; quanto c’è di lei in Steno?
Steno Molteni ha 26 anni, vive in un bell’albergo, guida una Maserati d’epoca e va in discoteca quasi ogni sera. Diciamo che la sua giornata somiglia poco alla mia … Quello in cui mi somiglia è il modo di analizzare le situazioni. Quando poi si tratta di tradurre i ragionamenti in articoli di giornale, però, Steno è molto più bravo di me. Essendo un personaggio di fantasia, ha tutto il tempo, l’abilità e la fortuna che servono per approfondire davvero le questioni. Una nota strettamente autobiografica c’è: anche io, come Steno, da ragazzo ho fatto il barista. E mi piaceva molto.

 

Il compromesso… Steno sceglie di “andare incontro” alla famiglia di Kellan, lei è mai sceso a compromessi?
Certo, continuamente. Il cronista, soprattutto in giudiziaria, deve basarsi sugli atti ufficiali del procedimento e sulle fonti istituzionali. Il nostro lavoro non consiste nel dire la nostra opinione sui fatti, ma raccontarli nel modo più fedele possibile, a partire dal materiale a disposizione. Come a Steno, anche a me è capitato di pensare che una storia (per esempio, un omicidio) non fosse andata come ricostruito nell’inchiesta e nel processo. Ma da cronista ho dovuto limitarmi a dare voce a tutte le parti in causa, dal giudice per le indagini preliminari – che “parla” con gli atti che firma – agli avvocati difensori. Poi, una volta scritto l’articolo, sono corso al bar per dire agli amici “secondo me, quel ragazzo è stato ammazzato dal cugino!”. Ma se viene condannata la fidanzata, e nessuno accusa il cugino, della mia personale convinzione (quasi sicuramente sbagliata) i lettori di Repubblica non sapranno mai nulla.

 

Il fatto di essere un cronista e di far parte del mondo dell’editoria ha in qualche modo agevolato il suo lavoro?

Occuparmi tutti i giorni di indagini vere, su fatti reali, mi ha aiutato a evitare gli errori grossolani e le ingenuità (a volte anche piacevoli) che capita di leggere nei romanzi gialli. D’altro canto, dovermi occupare per lavoro di fatti violenti mi ha spinto a mettere nel romanzo il minimo di violenza indispensabile. C’è un omicidio, certo. Ma ho evitato il registro macabro e truculento. Nei giorni dello scorso settembre in cui lavoravo alle bozze del libro, durante la giornata mi capitava spesso di dovere andare per lavoro a Garbagnate Milanese, dove i carabinieri scavavano in un orto per trovare i pezzi del cadavere di una donna, sepolti dal suo vicino di casa. Tornato a casa dalla redazione, l’ultima cosa che avevo voglia di fare era riempire di sangue anche il romanzo. Diciamo che, da questo punto di vista, fare il cronista mi ha consigliato pudore.

 

Questo è il suo secondo romanzo, ma lei ha scritto anche un libro inchiesta; è più facile descrivere la realtà o la finzione?
Sono cose diverse. Scrivendo con il collega Andrea Greco il libro “Banche Impopolari” (Mondadori, 2017 Ndr) dovevamo verificare di continuo le fonti, i documenti, i nomi, le date. Scrivere dei reati finanziari commessi dai banchieri – uomini molto potenti – significa rischiare di essere querelati, e lo avevamo presente sia noi sia l’ufficio legale dell’editore. In un romanzo questo rischio non c’è, visto che il referente della narrazione è un mondo d’invenzione, non è reale. D’altro canto, la mancanza di fatti reali a cui riferirsi espone alla vertigine di sapere che tutti gli eventi esistono solo nella tua testa. La libertà del romanzo – per un giornalista abituato ad attenersi alla realtà dei fatti – è affascinante ma anche spiazzante. La ricompensa viene dal fatto che i tuoi personaggi, a differenza dei banchieri, difficilmente ti denunceranno, anche se nel romanzo li descrivi come delinquenti!

 

Lei ha detto che da lettore di gialli voleva che il suo libro rispecchiasse tutte le regole di genere e, secondo il mio modestissimo parere, ha fatto un gran bel lavoro; quali sono gli autori che l’hanno ispirata?
Leggo tanti gialli, e penso che inevitabilmente tutti mi abbiano in qualche modo ispirato. Fra i classici, amo Conan Doyle, Macdonald Astings, la Christie, la Tey, che cito ne “Il caso Kellan”. E Scerbanenco, che ha raccontato Milano come nessuno. Fra i contemporanei, leggo molti italiani. De Giovanni, Manzini, Roversi, per citarne alcuni. Ma anche i thriller legali-finanziari di Pietro Caliceti. E sono fan di Gianluca Ferraris. Il suo Gabriele Sarfatti, un giornalista-detective come il mio Steno, è un personaggio eccezionale. Ci sono poi due autori per cui ho una vera e propria venerazione. Uno è Joe R Lansdale, a cui invidio soprattutto i dialoghi. Il principale personaggio femminile de “Il caso Kellan” si chiama Sabine, in omaggio al fiume in Texas che Lansdale racconta nei suoi romanzi. L’altro è Gianrico Carofiglio. Guido Guerrieri è un personaggio meraviglioso. Mi piace pensare che il mio Steno Molteni gli somigli almeno un po’. E il suo ultimo romanzo – “Le tre del mattino”, che non è un giallo – mi ha emozionato. In poche pagine racconta un universo: le vite di un padre e un figlio, e il rapporto fra loro.

 

Perché chi non ha letto Franco Vanni, dovrebbe cominciare a farlo?
Perchè “Il caso Kellan”, con il rigore del romanzo giallo, racconta aspetti nascosti e angoli bui di Milano, che gli stessi milanesi difficilmente conoscono. Da 15 anni vengo pagato per raccontare la mia città come cronista. A Milano sono nato e cresciuto. Molto di quello che ho vissuto lo ritrovate nel romanzo. Dai pomeriggi di noia al liceo, alle feste nelle belle case del centro, dalla città notturna ai alle indagini per omicidio.

 

C’è una domanda che non manca mai nelle nostre interviste, la famosa domanda sul Thriller nordico: le piace? C’è un autore che apprezza particolarmente?
Mi piace in generale la letteratura nordica. Nella mia libreria ho parecchi thriller della serie Giallosvezia di Marsilio, a partire dalla Läckberg, e romanzi pubblicati da Iperborea, gialli e non. Un autore nordico che ho molto apprezzato di recente, fuori dal genere, è Morten A. Strøksnes  con il suo “Libro del mare”. Poi, ovviamente, sono stato sequestrato per settimane dalla trilogia di Stieg Larsson, e dai romanzi di Jo Nesbø.

Franco Vanni

Katia Fortunato

 

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