Intervista a Jeffery Deaver




A tu per tu con l’autore

 

 

Genova, 11 Settembre 2019

 

Anche se fuori di retorica, è impossibile non soffermarsi sul fatto che oggi sia l’11 Settembre. E’ un fatto indiscutibile che da un altro 11 Settembre, quello del 2001, non solo gli Stati Uniti, ma tutto il mondo non sia più stato lo stesso. Volevo chiedere un suo pensiero su quel giorno e su cosa rappresenti ancora oggi, a distanza di anni.

La prima cosa da dire è che quel giorno del 2001 mi trovavo a Milano, alla Libreria del Giallo. Ho un profondo debito di riconoscenza nei confronti degli italiani per aver abbracciato me, ed idealmente anche i miei connazionali, in quel momento devastante sul piano emotivo e non solo. Fino a quel giorno, di fatto, l’episodio più grave di terrorismo a cui avessimo assistito era stato quello messo in atto da Timothy Mc Veigh, che aveva fatto esplodere un edificio federale e quindi, a differenza di quello a cui siete abituati voi in Europa ed in Italia, e penso ad esempio alla Strage di Bologna, noi non avevamo mai assistito ad episodi di violenza di quel tipo. Per questo l’11 Settembre, per noi americani, si può dire rappresenti il momento spartiacque della perdita dell’innocenza.

 

E’ impossibile parlare dei suoi romanzi, Mr. Deaver, senza riferirsi al personaggio, da lei creato, di Lincoln Rhyme, protagonista di bestsellers assoluti quali “Il collezionista di ossa”. Ha dotato Rhyme di una mente liberissima, acuta, intelligente, brillante. E per contro lo ha imprigionato in una condizione fisica, la tetraplegia, che gli impedisce qualunque tipo di movimento. Dopo Rhyme, ha affrontato la creazione di altri personaggi forti, sia maschili che femminili, mi riferisco a Kathryn Dance e adesso a Colter Shaw, il nuovo protagonista del suo ultimo romanzo “Il gioco del mai.” Quello che volevo chiederle, prima di entrare nel vivo di questa sua nuova storia, è, dal punto di vista autoriale, quanto un successo planetario di tale portata, ossia quello di un personaggio come Rhyme, possa o meno inibire il movimento mentale di un autore, ovvero quali difficoltà ha incontrato, se ne ha incontrate, nel pensare ad altri personaggi totalmente diversi?

Ottima domanda, grazie. Non è stato molto difficile in realtà spostarmi dal mondo di Lincoln Rhyme, di cui peraltro continuo a scrivere storie e non smetterò mai di farlo, perché il mio compito di scrittore è quello di intrattenere più lettori possibile e ci sono lettori che non sono particolarmente patiti del tipo di indagini di cui Lincoln è protagonista, ossia indagini che approcciano il metodo delle scienze forensi, un tipo di investigazione scientifica molto rigorosa. Ci sono tipi di delitti per i quali vengono chiamati in causa altri aspetti della personalità, ad esempio quelli psicologici e il personaggio di Lincoln, per le sue caratteristiche intrinseche, non si adatta a questo tipo di intrecci. Per questo ho pensato ad altri caratteri, come adesso quello di Colter Shaw, il protagonista de “Il gioco del mai”, primo episodio di quella che sarà una serie.

 

 

 

 

E proprio   “Il gioco del mai” contestualizza il suo plot nello sviluppare e sviscerare quella sorta di pararealtà che è la vita sintetica riprodotta dai videogames e ricreata dall’eco delle fake news, che avranno molta importanza nello sviluppo dell’intreccio del romanzo. Qual è l’elemento che contribuisce maggiormente alla diffusione di queste ultime? Il fatto che le fake news siano costruite particolarmente bene o che, anche se a livello inconscio, rispondano a quello che vogliamo sentirci dire o alle nostre paure?

La seconda opzione senza dubbio. E’ un tipo di mondo che spaventa un po’, il nostro, perché in effetti non c’è bisogno che una fake news sia costruita ad arte perché venga creduta. La gente semplicemente crede in quello in cui vuole credere, per cui quando viene presentata una notizia, spacciata per vera anche se platealmente falsa, se risponde alle esigenze intellettuali di queste persone in quel momento, automaticamente esse vi credono. Estremizzando e semplificando, se ad una persona Donald Trump è simpatico, sarà portata a credere a tutto quello che lui dice, indipendentemente da quello che dice, e lo stesso potenzialmente farà con analoghe persone che occupano una posizione di un certo piano nel mondo mediatico e che godono di strumenti e spazi televisivi e online.

 

Sono da sempre una sua lettrice e trovo che la cifra dei suoi romanzi sia molto legata al concetto di tempo. Per mantenere alta e costante la tensione narrativa, cosa che lei riesce magistralmente a fare, occorre una grande attenzione per la scansione ritmico- temporale nella storia e nel modo di scriverla. Penso che “Il gioco del mai” sia veramente, ancora più di altri, un romanzo che corre letteralmente sul filo del rasoio e trovo che la sua scrittura si sia in un certo senso adattata al senso di immediatezza che percorre questa storia. Frasi incisive, brevi, portano il lettore a leggere con voracità e allo stesso tempo rendono alla perfezione la scansione temporale dell’urgenza, che poi è quella ben rappresentata dall’azione di giocare ad un videogame: spazio di reazione pressochè immediato nella scelta di schiacciare un pulsante piuttosto che un altro. E’ una mia impressione o davvero ha adattato la sua scrittura al tipo di storia che voleva qui raccontare? E a corollario le chiedo, avendo letto che lei scrive , costruisce le sue storie con precisi schemi mentali, come una sorta di partitura musicale, ma allo stesso tempo riesce a sorprendere il lettore con la qualità e la quantità dei colpi di scena… si sorprende anche lei mentre li scrive?

Per prima cosa grazie per aver colto questo aspetto. Ho effettivamente scritto “Il gioco del mai” con uno stile diverso, e l’ho fatto proprio per riportare ai libri lettori che sono stati scippati alla lettura da altri mezzi di comunicazione, ossia tutti quei lettori che attualmente passano la maggior parte del loro tempo libero guardando serie televisive online o su piattaforme del digitale terrestre. Ho scelto di adottare uno stile più veloce, conciso, incalzante proprio per cercare di riacquisirli. Riguardo ai colpi di scena no, non mi sorprendo mai, perché pianifico il plot in maniera davvero molto stringente e quindi so già quando accadrà una determinata cosa e che effetti avrà.

 

Un’ultima domanda …. “Il gioco del mai” ‘mai’ esprime un concetto di negazione assoluta, d’altro canto si suol dire anche mai dire mai opzione che apre, al contrario, ad ogni possibilità. Di fatto io mai avrei pensato un giorno di trovarmi di fronte a Jeffery Deaver ed intervistarlo e invece eccomi qui. Facciamo anche noi un piccolo gioco del mai … nella sua vita si è mai trovato a pensare questa cosa non la farò mai e invece farla, oppure questa storia non la scriverò mai e invece scriverla?

L’ultima cosa no, se mi viene in mente una storia non penso mai: non la scriverò. Non so se ci riuscirò, ma di certo so che proverò a scriverla. Sinceramente tanti anni fa quando ho iniziato a scrivere non avrei mai pensato di diventare un autore noto a livello internazionale, e neppure che oggi mi sarei trovato di fronte ad una persona tanto amabile come te a conversare dei miei libri. Ho sempre pensato che avrei voluto scrivere le mie storie, ma da lì ad immaginare quanto sarebbe accaduto, di cose ne sono successe… per cui, ecco, mai può assolutamente diventare !

Jeffery Deaver

 

Onorata per questo incontro, ringrazio il grandissimo Jeffery Deaver per il suo tempo e la squisita disponibilità nel raccontarsi.

Traduzione simultanea dell’incomparabile Seba Pezzani, al quale sono parimenti grata.

Sabrina De Bastiani

 

 

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