Intervista a Letizia Triches




A tu per tu con l’autore


 

Arte e letteratura come definirebbe questo binomio?

Se per letteratura ci riferiamo al genere giallo ‒ e quindi al delitto ‒, direi che si tratta di un binomio perfetto. Sono una storica dell’arte, ma ogni storico dell’arte ha in sé l’istinto del poliziotto, sempre in cerca di indizi. L’arte, quindi, è diventata il fil rouge che attraversa tutti i miei romanzi, e in modo particolare quest’ultimo. Tuttavia, qui ho scelto un punto di vista inusuale. Descrivo i retroscena. Cosa si nasconde, a volte, dietro questa realtà? Si può accostare la genialità creativa di un artista alla follia distruttiva di un killer? Contrariamente a ciò che si pensa, non si tratta di un accostamento arbitrario. Entrambi sono individui che vivono con una profonda inquietudine. Stranieri nel mondo, spesso disadattati a causa di un sentire non omologato. L’arte è lo specchio che riflette il nostro modo di percepire quella realtà che l’artista descrive mentre la vive. Dunque l’artista entra in stretto contatto anche con il suo lato oscuro. L’universo dell’arte è inquieto. Se non lo fosse, l’artista non potrebbe capire il male che, insieme al bene, è parte del nostro mondo.


Roma e Napoli due città diverse per tradizione, arte e storia. C’è un filo che le unisce?

Il denominatore comune è che tutte e due sono città d’arte. Per me il luogo in cui si ambienta la storia ha un peso determinante. Roma e Napoli, seppure così diverse, comunicano attraverso la condivisione delle emozioni altrui. Sono città nelle quali esiste una filosofia di vita molto simile. Più beffarda e ironica a Roma, più fatalista ed empatica a Napoli.  Esiste, inoltre, un motivo preciso che mi ha spinto a scegliere Napoli come città da cui tutto comincia. Ed è lo stretto rapporto che Napoli ha con l’oltretomba. Penso che dipenda dal fatto che nella tradizione classica l’ingresso nell’Ade fosse collocato vicino a Pozzuoli, nei pressi del lago Averno. Paradossalmente, se lo volessero, i napoletani potrebbero andare a trovare i propri defunti, proprio come fa l’Enea di Virgilio che scende nel mondo degli Inferi per parlare con il padre Anchise. È il motivo che spiega la presenza nel romanzo di una voce fuori campo. “48 morto che parla”, infatti, è un’anima dolente che non sa più chi era. Non ricorda il proprio nome, ma è certo di essere stato un pittore.

Nel suo ultimo giallo i protagonisti si riflettono l’uno nell’altro in un gioco di specchi, ciascuno è il doppio di un altro. Qual è il motivo di questa scelta particolare? Troveremo Chantal Chiusano in una nuova avventura investigativa?

Il tema del Doppio è la mia principale ossessione. Credo dipenda dal fatto che mi interrogo continuamente sulla natura della mente umana. Noi viviamo una perenne scissione dell’anima e siamo costituiti da due personalità in contrasto per tutta la vita. Secondo gli scienziati ciò sarebbe provocato dalla nostra asimmetria cerebrale. I nostri due emisferi lavorano insieme, ma non sembrano andare sempre d’accordo. Un equilibrio precario che produce difficoltà decisionali, rimorsi, rimpianti comportamenti contraddittori. Quando creo un personaggio, non riesco a non pensare al suo riflesso in uno specchio che ne restituisce la forma, simile eppure diversa. Come se quello specchio fosse l’immagine rovesciata della sua psiche. Un modello in cui specchiarsi per individuare l’origine delle proprie passioni. In tutto questo c’è paura. Paura di specchiarsi, restandone fuori. E la paura, si sa, ridefinisce i confini del male e del bene.

Troveremo Chantal Chiusano in una nuova avventura investigativa?

Chantal è la protagonista della mia nuova serie, quindi, la risposta naturalmente è sì. Con Omicidio a regola d’arte abbiamo scoperto cosa si nascondeva nel suo passato e qual era il nodo da sciogliere che l’ha spinta a farsi trasferire a Roma. Il romanzo napoletano, infatti, si conclude con uno spiraglio aperto sulla prossima storia. Una storia nella quale il commissario Chantal Chiusano sarà affiancata da un personaggio che adesso i lettori conoscono bene.

Letizia Triches

A cura di Cristina Bruno

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