Intervista a Massimo Polidoro




A tu per tu con l’autore

A cura di Fiorella Carta


 

Sei autore di parecchi libri, ma con “Il passato è una bestia feroce”, per la prima volta ti approcci al genere thriller. Cosa ti ha spinto a lanciarti in questa nuova avventura?

Il desiderio di cimentarmi con una forma di scrittura che apprezzo da sempre ma che, fino allo scorso anno, non avevo ancora tentato. Da anni pensavo di scrivere un thriller ma, leggendone per l’appunto tanti, mi rendevo conto che per realizzare qualcosa di valido non si poteva lasciare spazio all’improvvisazione. Così ho dedicato tanto tempo allo studio, alla ricerca, ho parlato con grandi scrittori, cercando di scoprirne i “segreti”, ho esaminato pagina per pagina, e a volte riga per riga, alcuni dei più grandi romanzi thriller, ho studiato la struttura della suspense nei migliori film di questo genere… Insomma, mentre scrivevo libri di tutt’altro genere, ho veramente dedicato anni per prepararmi al thriller e, solo quando mi sono sentito pronto, ho iniziato a scrivere quello che poi sarebbe diventato “Il passato è una bestia feroce”.

 

Leggendo il tuo curriculum, è indubbio che tu abbia una personalità eclettica, ma tu ti definisci “un esploratore dell’insolito”.
Quanto i tuoi studi, le tue passioni, hanno influito sui tuoi romanzi?

Credo che ogni scrittore sia influenzato da tutto quello che ha letto, studiato e vissuto. E, naturalmente, io non faccio eccezione. In particolare, credo che accanto al mio studio della storia, della psicologia, della cronaca e dell’insolito, oltre naturalmente al mio lavoro sulla scrittura, un’influenza interessante l’abbia avuta anche la mia “cultura magica”. Avendo cioè studiato e praticato l’arte dell’inganno, quella onesta dei grandi prestigiatori intendo, penso che molte delle tecniche psicologiche che entrano in gioco quando si cerca di stupire il pubblico dal palcoscenico mi siano tornate utili anche nel creare sorpresa e suspense nei miei romanzi.

 

Nell’ultimo libro “Non guardare nell’abisso” Bruno Jordan ha a che vedere con gli anni di piombo e l’organizzazione terroristica delle brigate rosse… evocando anche episodi reali che hanno ferito l’Italia nel profondo. Come mai affronti un argomento così delicato?

È un tema che sento molto da vicino, quello degli anni di piombo. Io ero solo un bambino, ma ricordo benissimo i telegiornali ogni sera che raccontavano di attentati, sparatorie e rapimenti. Pensandoci ora, a mente fredda, sembrava di stare in guerra, anche se allora si finiva per fare l’abitudine anche a quell’orrore. E, dunque, essendo argomenti su cui leggo e mi documento da sempre, pensavo di parlarne anche in un mio libro. Ma di saggi, anche ottimi, ne sono stati scritti già parecchi su questi temi. Ecco allora che, trovata una chiave per indurre Bruno Jordan a scavare in quegli anni, ho capito che poteva diventare un ottimo sfondo su cui ambientare il nuovo romanzo. E, poi, è vero che è un tema delicatissimo, ma io lo ho affrontato attenendomi ai fatti documentati ed evitando di abbracciare qualunque tipo di ideologia.

Massimo Polidoro


Nei tuoi libri, ritroviamo alcune delle componenti più crudeli e abominevoli della personalità umana. Secondo te, queste componenti “noir” dominano anche nella vita reale?

Per fortuna no. Giornali e TV ogni giorno ci danno terribili notizie e, alla fine, sembra che viviamo nella peggiore epoca possibile. Ma la realtà è ben diversa. Di anno in anno, le statistiche ci mostrano che i delitti, gli omicidi, le rapine sono in costante calo. Tuttavia, la gente si sente sempre meno sicura. Un paradosso che, spesso, dipende anche dalla quantità di informazioni che ci raggiungono in ogni istante. Un tempo i delitti erano decine di volte più numerosi, ma non c’era nessuno che li potesse raccontare in presa diretta. Un ottimo libro che racconta come quella che stiamo vivendo sia l’epoca più pacifica della storia è “Il declino della violenza” di Steven Pinker, a cui rimando chi volesse saperne di più. Detto questo, l’animo dell’uomo è rimasto più o meno lo stesso di sempre, e in determinate circostanze crudeltà e abominio possono tornare a prendere il sopravvento. La speranza è che, sempre più spesso, questo possa succedere solo nei romanzi.

 

Parliamo dei tuoi gusti letterari in fatto di lettura. Quali sono i tuoi generi preferiti?

Leggo tanto per il mio lavoro: molta saggistica che spazia dall’antropologia alla scienza, dalla psicologia alla storia, dall’arte alla pubblicità, dall’illusionismo alla creatività… e mi fermo perchè potrei continuare a lungo. Quando però mi voglio rilassare e perdere in qualcosa di diverso, allora mi rivolgo alla letteratura. Dipende dal momento, posso scegliere di leggere o rileggere un grande americano (Capote, Hemingway… ma anche Carver o Palhaniuk) o riscoprire un italiano oggi un po’ dimenticato. Ma la lettura di svago che prediligo è sicuramente quella thriller e noir: King, Connelly, Deaver, Child, Crais, Lehane sono solo alcuni dei miei preferiti. Per non parlare degli italiani!

 

Hai avuto modo di leggere qualche autore nordico?

Certamente. Oltre a Stieg Larsson, imprescindibile, mi piacciono molto Mankell, Nesbo e Lackberg, tra gli altri. Un tipo di scrittura ormai non molto diverso da quello americano.

 

Quale libro hai ora sul comodino?
Più di uno, come sempre. Ma siccome negli ultimi mesi sono stato immerso nelle letture legate al nuovo libro, che ho appena consegnato al mio editore, sto recuperando alcuni degli ultimi romanzi che ho dovuto mettere in pausa: “Il gioco di Bosch” di Connelly, “L’avvocato canaglia” di Grisham, “La vedova” della Barton…

Fai un saluto e un augurio ai lettori di thrillernord!

Ringrazio i lettori di Thrillernord per avermi seguito fin qui e auguro loro quello che auguro sempre anche a me quando inizio un nuovo libro: trovare una nuova lettura capace non solo di tenermi incollato alla pagina, ma anche di aprirmi nuove porte sulla curiosità.

Massimo Polidoro

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