Intervista a Raffaele Olivieri




A tu per tu con l’autore

A cura di Marianna Di Felice


 

 

Nel suo immaginario e nell’immaginario collettivo Venezia riesce a tirar fuori storie che hanno influsso gotico come la sua architettura, da cosa è dato? Ha un influsso magico particolare?

Io penso che la magia di Venezia sia originata da diversi aspetti: innanzitutto dal fatto che sia stata edificata sopra le acque, dal suo essere rimasta intatta nei secoli senza contaminazioni da parte della nuova edilizia, dalla peculiarità di indirizzare il nostro immaginario verso una fantasia di vita nobiliare, esattamente come avviene nelle fiabe classiche. Definirei questo romanzo (che sta per essere pubblicato a Bruxelles nella sua traduzione francese) – appartenente al genere storico-fantastico. Ambientato nel 1895, va a toccare alcuni temi tipici del Decadentismo: lo sfaldarsi sia delle certezze idealistiche che di quelle positivistiche, la perdita del valore conoscitivo della fede e della scienza, il rifugio estetizzante nella Bellezza e nell’occulto, il compiacimento quasi feticistico per i segni della corrosione del tempo (il degrado dei palazzi, il fetore che sale dai rii di Venezia, la decadenza dell’aristocrazia – non a caso Sveva, la protagonista femminile, è una contessa decaduta -, la Venezia che sprofonda in laguna, precipitata negli ultimi anni al livello di città museal-turistica, pallido ricordo degli splendori della Serenissima).

 

 

Sveva potrebbe essere la reincarnazione di un rimpianto o di qualcosa di incompiuto che si ritrova poi andando avanti nella vita? Potrebbe ricordare una situazione passata alla quale si vorrebbe dare un nuovo risvolto?

Il romanzo è sicuramente una storia di spiriti, ma anche di individui predestinati, sopraffatti da un destino a cui non possono opporsi, quindi strumenti del fato. Concezione tipicamente romantica. 

 

 

Marcello ha una forma di ossessione nei confronti del quadro incompiuto, si potrebbe associare ad una sorta di sindrome di Stendhal? 

La sindrome di Stendhal consiste nell’effetto di stupore e di straniamento conseguente a una straordinaria concentrazione di bellezza. Certamente può essere originata da Venezia, ma anche dal dipinto misterioso, che è un suo riflesso, il suo equivalente pittorico. Certamente il capolavoro incompiuto che richiede di essere completato rappresenta quella continuità fra passato e presente che nell’era tecnologica viene spesso ignorata o addirittura ostacolata.

 

 

Misteri, segreti, bugie, che sembrano travolgere Marcello e manipolarlo mentalmente. Dallo spiritualismo alla macchinazione umana che significato ha per lei questo gotico che termina nel paranormale? 

Il paranormale affascina le persone sensibili con suggestioni che travalicano la realtà quotidiana e proiettano nella trascendenza, nel nostro desiderio di eternità. Non poteva quindi mancare in un romanzo ambientato in una città così particolare e così vicina al sublime.

 

 

Che generi predilige oltre al gotico? E perché?

Prediligo il realismo magico, quel tipo di narrativa che, a partire dal quotidiano, lo travalica e apre verso dimensioni altre, talvolta nascoste da un velo di mistero.

 

 

Da chi o da cosa ha preso spunto per creare i suoi personaggi? E si è affezionato a qualcuno in particolare?

I personaggi e la trama sono frutto di fantasia, e come spesso avviene nelle opere artistiche, sono semplicemente un pretesto. Un pretesto per esprimere, per descrivere, per alludere. Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo non avevo la minima idea di cosa avrei scritto. Ero curioso esattamente come un lettore che vuol vedere dove la storia va a finire. Sapevo solo che avrei parlato di Venezia, una città che ho profondamente amato avendoci vissuto per due anni. Ho preferito ambientarla nel sestiere di Cannaregio, la parte meno sfavillante ma meno invasa dai turisti. Poi, man mano che procedevo, i personaggi sono venuti a visitarmi senza che io li avessi chiamati, e le vicende sono scaturite di conseguenza. La vera protagonista di questo romanzo è Venezia, la città dove ho vissuto per due anni e che ho potuto assaporare non certo con lo spirito del turista, ma quello di un suo abitante.

 

 

Domanda di rito per Thrillernord. Ha mai letto i thriller nordici? Se li ha letti, ha un autore preferito ed ha mai analizzato il loro modo di fare thriller? Sembra più crudo del nostro.

Non ho mai letto i thriller nordici.

Raffaele Olivieri 

Grazie

Marianna Di Felice

 

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