Intervista a Roberta Castelli




A tu per tu con l’autore

A cura di Cinzia Passaro


 

 

La bambina di cera è l’ultimo romanzo che racconta delle indagini e vicissitudini del commissario Vanedda.  Oltre al grande amore per la Sicilia e alla nostalgia per questa bellissima terra che, come dici tu, è “maltrattata dai suoi stessi figli”, quanto c’è di Roberta Castelli nel protagonista che invece sceglie di vivere a Lachea?

Ciao Cinzia, ringrazio te e tutto lo staff di ThrillerNord per lo spazio che mi state dedicando. La Sicilia è la vera protagonista di questo romanzo, una grande Madre che purtroppo non riceve dai propri figli l’amore che merita. Come capita spesso quando si scrive un libro, se a muovere la penna è un’onestà intellettuale, c’è molto degli autori all’interno dei romanzi e io non faccio eccezione. Il commissario Vanedda sceglie di rimanere a combattere in Sicilia per contrastare una mentalità retrograda e deleteria: ecco, in lui vedo la possibilità che non ho dato a me stessa, quando molti anni fa ho deciso di partire. Non che andare via sia stato facile, anzi…  ma almeno non avrei vissuto l’intera vita con l’anima spaccata in due. Perché non ci sarà mai una redenzione per  quelli come me e la Sicilia non smetterà un solo istante di richiamare a gran  voce i figli perduti. Oltre a questo, ho seminato brandelli di anima in ogni pagina: nei personaggi, per esempio, c’è l’essenza di alcune persone che ho amato e che hanno attraversato il mio cammino, ci sono dei tratti caratteriali che appartengono a loro e alcuni che invece appartengono a me; e poi ci sono storie realmente vissute che trovano spazio attraverso lo  specchio deformante del romanzo.

 

Nei romanzi del commissario Vanedda il dialetto è completamente sdoganato, l’uso che fai a piccole dosi trasporta il lettore in Sicilia. Senza scomodare Verga o Pirandello, veniamo al più vicino Camilleri e al commissario Montalbano, che molto lo ricorda sia pure nella sua diversità, non hai avuto timori né temuto confronti?

No, il Maestro è intoccabile e nessuno avrebbe mai la pretesa di sostituire o provare a riprodurre una penna così unica. Lui però è stato un apripista e ha donato a me, come a tutti i futuri autori, la consapevolezza del nostro orgoglio dialettale, che rimane un patrimonio da custodire e diffondere. Per il resto, fare analogie è naturale perché Montalbano incarna peculiarità tipiche di noi siciliani ed è impossibile descrivere un personaggio del sud senza inciampare nel suo bellissimo ricordo. 

 

Hai trattato con molta delicatezza l’omosessualità di Vanedda, credo che i tempi siano giusti per questa felice idea. È il primo commissario, per giunta meridionale, a vivere liberamente e con orgoglio il proprio orientamento sessuale in contrapposizione a Gerlando, suo compagno, che non ama apparire e vive questo amore di nascosto. Quanto pensi possa contribuire il Commissario Vanedda alla causa LGBTQ in un paese come Aci Castello, terra di pregiudizi e contraddizioni, nella stessa Sicilia e più in generale in tutta Italia?

Non so se sia il primo ma di certo è unico come unici sono i personaggi di ogni romanzo, sempre strettamente correlati alla penna che li disegna. Non esiste autore uguale a un altro e, di conseguenza, anche due libri che trattano lo stesso argomento  sono per forza di cose diversi. Ecco, la diversità… una parola che amo. Mi piace pensare che la presenza del commissario Vanedda nella letteratura moderna sia un passo in avanti per comprenderne il vero significato, senza più pregiudizi. Aci Castello, per molti aspetti, è ancora uno zoccolo duro, prova ne è il migliore riscontro durante la promozione del libro nel centro e nel nord Italia. Però sono grata a tutti i paesani che invece lo sostengono con passione e che dimostrano la possibilità reale di un cambiamento. Servirà più tempo, questo è sicuro, ma gli spiragli ci sono ed è lì che io provo a intrufolarmi.

 

 

Tra i vari personaggi , il professore Gregorio merita attenzione ma anche l’avvenente sovrintendente Pierluigi Falco che sembra rubare la scena. A Vaccaro toccano solo tumpulate? Un aggettivo per ogni componente di questo team davvero strampalato? 

Amo il professore Gregorio, che forse al momento è la figura più equilibrata del romanzo; l’aggettivo per lui è “paterno”. Pierluigi Falco nasce per ricordare un amico poliziotto volato via troppo presto, e pensando a lui non posso che dire “travolgente”. Vaccaro è il personaggio che più mi fa ridere, vittima degli sbalzi di umore di Vanedda ma devoto, come lo sono i fedeli di Sant’Agata. A parte le tumpulate, che sono sempre verbali e mai fisiche, a lui va anche tutta la stima del commissario, che deve solo trovare un modo meno impetuoso per esternare i propri sentimenti. L’aggettivo per Vaccaro è “remissivo”. Poi, tra i protagonisti principali, troviamo Carmela: “petulante”; Catena Caruso: “affidabile”; Mauro Vanedda: “cocciuto”; Mimmo Strano: “insopportabile”.

                                                                         

Complimenti all’olfatto del commissario che davvero riesce a far sentire gli odori della Sicilia. Ma quanto mangia Vanedda? La descrizione dei piatti e dei dolci ritorna più volte nel romanzo. So che vivi a Vienna, è forse un modo per dire che ti manca la buona cucina siciliana?

Esatto! Come Vanedda, anche io amo ciaurare (annusare) tutto, soprattutto un buon piatto sulla mia tavola. Il cibo della Sicilia mi manca tantissimo e, più in generale, a Vienna mi manca il buon cibo italiano. Per me è molto importante riuscire a trasmettere, attraverso le parole, le sensazioni che pervadono le persone quando si trovano nella “mia” bellissima Isola. È un’esperienza unica, per certi versi quasi mistica. Quindi il commissario, per assecondare le mie voglie, mangia sempre e con immenso piacere.

                                                                        

Gli eventi narrati a Lachea, che ricorda la tua Aci Castello, sono totalmente inventati o hai preso spunto da fatti accaduti realmente, come lo è la commovente storia di Rosalia Lombardo?

Lachea, nella realtà, è Aci Castello. Ho preferito cambiare il nome per evitare qualsiasi associazione con i paesani che abitano lì e che, erroneamente, potrebbero sentirsi tirati in causa. I personaggi sono di pura fantasia anche se, in ognuno di loro, è possibile trovare tratti tipici degli abitanti del luogo. Le storie invece hanno sempre origine da episodi realmente accaduti, che fungono da trampolino di lancio per la costruzione dei miei romanzi. Rosalia Lombardo è da tanto tempo nel mio cuore e, con molto affetto,  ho voluto donarle uno spazio all’interno di questo libro, dedicandole anche il titolo. Se vi capiterà di fare un salto a Palermo, la troverete lì, intenta a urlare al mondo tutto il bene che i suoi genitori hanno provato per lei e la disperazione che hanno vissuto, perdendola. Sono convinta che sia l’amore il motore che muove il mondo; l’odio lo sporca e basta.

Grazie di cuore e a presto!

Roberta

 

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