A tu per tu con l’autore
Bastano poche parole, poche pagine per far rabbrividire il lettore. Come hai imparato a scrivere in questo modo sintetico, ma di effetto? Ti sei ispirato a qualche autore?
No, devo dire. Credo che questa particolarità derivi dai miei trascorsi letterari. Ho partecipato per molti anni a concorsi per racconti brevi e medio-brevi, prima di scrivere La vendetta nel vento. Che in effetti era nato, inizialmente, come un racconto di una certa brevità. Ho deciso solo in seguito di ampliarlo, ma la storia era di per sé completa, quindi sarebbe stato brutto allungare troppo il brodo, a favore di una noia che non mi andava di far vivere al lettore. Non c’è nulla di più brutto di un lettore annoiato, che volta una pagina come fosse un macigno. Insomma, dipende anche dal taglio che si vuol dare alla storia, dalla velocità e dalle emozioni sulle quali si vuol far viaggiare chi legge. Se si vuol dare tutto e subito, se si vuol creare un qualcosa che dia emozioni forti e che scuota, un linguaggio secco e sintetico può (o potrebbe) aiutare a raggiungere l’obiettivo.
Aldo e Gigi trasudano lerciume da tutti i pori, basta leggere qualche riga per sentire lo sporco dei due personaggi. La letteratura dell’orrore di solito comprende elementi soprannaturali o creature che spaventano. In questo caso spaventa la possibilità che sia reale o che peschi i personaggi dalla realtà. Quindi la realtà in molti casi è orrore puro?
Sì, la realtà può essere anche orrore puro. I telegiornali sono pieni di fatti di cronaca e se ne sentono in continuazione. La possibilità che qualcosa di brutto possa succedere a noi o ai nostri cari spaventa. Per come la vedo io, l’horror può avere o meno la componente paranormale, l’importante è arrivare a ciò che si vuol dire, raccontare, denunciare.
Fabiana non viene descritta molto, ma il lettore può inventare facilmente le caratteristiche mancanti anche quelle che riguardano i genitori. Hai ideato di proposito un personaggio che non ha una lunga storia dietro? Per far sì che il lettore possa inventarla sulla base del tuo scritto e sentirla più vicina a sé?
Come ho scritto nella prima risposta, “non c’è nulla di più brutto di un lettore annoiato”. Mi spiego meglio. La vendetta nel vento non è una storia molto lunga, va da sé che se avessi utilizzato troppe pagine per descrivere Fabiana, avremmo avuto uno sbilanciamento nel rapporto descrizione-azione… e qualche lettore annoiato in più per le strade. La fantasia va stimolata anche in questo senso, se la lunghezza della storia lo richiede, perché così chi legge può essere partecipe, immaginare il giusto e trarre le proprie conclusioni.
Anche nel finale il lettore inventa ciò che potrebbe succedere dopo quello che succede (non diciamo nulla) ed è una sorta di vicinanza allo scrittore, alla storia e alla realtà. Ti piacciono di più i finali diversi dai soliti o il finale in questione è pensato solo per questo racconto?
Da lettore, ho notato che mi piace arrivare all’ultima pagina e trovarmi davanti qualcosa che sconvolga, che spiazzi o che lasci l’amaro in bocca. Insomma, non amo molto i finali “telefonati”. Certo, poi bisogna vedere sempre di cosa si sta scrivendo o leggendo, però ecco, credo che un po’ di pepe nel finale ci stia più che bene, soprattutto se si parla di narrativa fantastica. Io, nel mio piccolo, spero di aver fatto qualcosa di buono, di aver scatenato qualche emozione, con il finale de La vendetta nel vento.
Domanda di rito per Thrillernord. Leggi i thriller nordici e nel caso li leggessi hai un autore preferito?
Ne ho letti e ne leggerò ancora. Non con tutti però ho avuto lo stesso trasporto. Mi piacciono parecchio Jo Nesbo e Linqvist; per quel che ho letto, invece, non sono rimasto molto colpito da Camilla Lackberg e Anne Holt.
Roberto Ciardiello
Grazie
Marianna Di Felice
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