Intervista a Silvia Volpi




A tu per tu con l’autore

 

 

Silvia, nella tua bio ho letto questa frase Avvio la stesura del mio primo romanzo e sento che è una goduria pazzesca: credo che sia una delle più belle definizioni che si possano riferire alla scrittura, al netto di ogni più o meno paludata riflessione. Questo tuo approccio così entusiasta e carico di passione gronda nelle pagine del tuo ultimo romanzo, Alzati e corri, direttora e ne fa un libro accattivante ed incantevole. Direi che scrivere continua ancora oggi ad essere per te una goduria pazzesca, ma ti chiedo, nel tempo intercorso dalle tue prime prove ad oggi, qualcosa è cambiato nel tuo approccio allo scrivere? Per dirlo con un verso di Wislawa Szymborska qualcosa perduto, qualcosa raccolto?

Credo di aver raccolto maggiore consapevolezza e dimestichezza con la forza delle parole. Se lavorate a dovere, le parole danno potenza narrativa ai personaggi e alla storia e allora il mondo che scrivo comincia a vivermi accanto e so che può arrivare fino al lettore, nelle sue mani, davanti ai suoi occhi, sul suo divano, o la sera a letto o dove preferisce. Scrivere continua ad essere per me una goduria pazzesca e ora anche un privilegio, con le mie storie che diventano libri. Perdite non ne vedo, scrivere è una crescita continua.

 

Il terreno di gioco di Alzati e corri, direttora non è molto comune nella tradizione del giallo italiano. Stiamo parlando della redazione di un quotidiano di Pisa, La Piazza. La tua descrizione dell’ambiente e delle dinamiche della vita di redazione è vivida e di un realismo concreto e pulsante. Scende in campo la tua esperienza personale di giornalista e segretaria di redazione per il quotidiano Il Tirreno, e tutto il tuo amore per la professione. Nei vari personaggi che animano la redazione de La Piazza, quanto c’è del tuo vissuto e dei tuoi incontri e quanto è felice invenzione narrativa?

Il giornale è il mio ambiente lavorativo da molto tempo e questo consente alla mia scrittura di muoversi agevolmente fra le dinamiche della vita di redazione, della cronaca, di un quotidiano. Poi per offrire ai lettori personaggi nuovi e possibilmente efficaci, convincenti per raccontare un giallo, ho creato vite che nella narrativa hanno la possibilità di esprimersi al meglio. Nell’inventare Elsa Guidi, piuttosto che il bel Tommaso Morotti o il panciuto Pietro De Masis e tutti gli altri personaggi la mia mente ha pescato da più parti, in tutte le dimensioni che mi appartengono, nella vita lavorativa e in tutto il resto. La curiosità e l’osservazione delle vite degli altri sono da sempre la mia passione e anche la mia propensione.

 

 

E veniamo a lei, la direttora Elsa Guidi, protagonista di alto impatto e alta definizione, in un romanzo che ha il grande merito di non restarne schiacciato ma di mantenere una coerente e armoniosa coralità. Elsa è una figura originale e ben tratteggiata, una donna di polso, in carriera non per gloria o stipendio ma per passione, madre, moglie. Determinata ma non vessatrice, se pungola o punge è per tirare fuori il meglio dai suoi collaboratori. Chi è davvero Elsa Guidi? È l’insieme di tante donne o incarna tanti aspetti di un’unica donna? Cosa le hai prestato di te?

Elsa Guidi è una donna con le forze e le debolezze di tutte noi. Ha una vita personale e lavorativa vissuta sempre mettendoci faccia e cuore, testa e sentimento, passione e ironia. Questo le consente di dirigere il giornale sapendo di poter chiedere alla sua redazione uno sforzo che porti alla verità delle storie e senza mai sorvolare sul grande senso di responsabilità verso i lettori della Piazza. Come dice al bel cronista Tommaso Morotti, la professione si fa anche con la punta di un trapano che spinge, buca, sfonda, apre. La direttora è tante donne e pure una donna come tante. A parte la mia fantasia nel crearla scrivendo, credo di averle dato sprazzi di vissuto in qualche dimensione che mi appartiene, sia nella vita personale che professionale. Le esigenze del romanzo e la voglia di dare ai lettori personaggi nuovi e variegati hanno fatto la maggior parte del lavoro. Sono io che vorrei prendere qualcosina di Elsa Guidi, per esempio la sua capacità di correre la mattina presto. Vedrò d’imparare! Per il momento riesco a fare qualche bella passeggiata.

 

Si sorride molto nelle tue pagine Silvia, si sorride di scambi e battute mai scontati e di un’ironia sopraffina e mai becera. Su questo intarsio, la trama gialla, perfetta nel suo meccanismo stringente, si innesta in maniera ancora più sorprendente, nei risvolti che emergeranno via via a svelare un sottobosco di azioni ed intenzioni drammatiche. Sei perfettamente a tuo agio in entrambi i registri narrativi. Come hai costruito la storia? Cosa ti ha ispirato il plot criminale?

La storia che ho scritto è nata dalla voglia di raccontare vite ingarbugliate, incroci e destini comuni che a un tratto si complicano e si annodano con risvolti anche di sofferenza e grande umanità. Sono partita da un luogo che ho collocato nel centro di Pisa e da una contrapposizione di sentimenti, il tanto bene e il tanto male. Il resto lo hanno fatto i personaggi che via via hanno cominciato a muoversi pagina dopo pagina, con le loro vite, gli amori, le attese, a volte speranze tranciate e illusioni. Su tutto non manca il coraggio e un po’ di ironia con la speranza che il sorriso che mi ha accompagnato durante la scrittura possa spuntare anche sulla bocca e negli occhi di chi legge.

 

Pisa non fa da sfondo, non è semplice location, ma pulsa assieme ai personaggi. Quando Elsa fa la sua corsa mattutina e descrive luoghi e strade, il cuore che si sente battere è quello della città. Una tua riflessione su Pisa e una curiosità… cosa significa scantucciascrimoli?

Pisa è una città che adoro, non solo perché è il mio territorio ma anche perché è un luogo di bellezza e movimento, in ogni strada, in ogni angolo, anche andando oltre alla Torre Pendente che tutto il mondo conosce. Il fiume che l’attraversa e l’energia di un corso d’acqua è un motore per tutta la città. Nel libro la direttora lo racconta spesso affacciandosi al suo bel terrazzo sul Lungarno quando è al giornale. E chi leggerà “Alzati e corri, direttora” vedrà una Pisa vera e anche insolita, cioè non solo quella turistica. Quanto allo “scantucciamento di scrimolo”, un’espressione che Elsa Guidi usa spesso, bisogna rifarsi a un modo di dire pisano che ho preso e adattato per il linguaggio della protagonista. Lo scrimolo indica il bordo di un mobile, l’angolo di un tavolo e scantucciare significa rovinare, dunque in pisano vernacolare l’espressione si può tradurre con spigolo sciupato, bordo rovinato. Allora con uno scrimolo scantucciato siamo di fronte a un pezzetto scoperto, un pezzetto danneggiato, rotto, frantumato. Per la direttora è un modo per dire che una certa cosa l’ha stufata, le ha rotto le scatole. E’ l’insofferenza detta con un po’ d’ironia e stile pisano.

 Silvia Volpi

 

Grazie di cuore alla brillante e talentuosa Silvia Volpi e cin cin ad Elsa Guidi che aspettiamo presto in nuove pagine… e …. sempre con le parole….

Sabrina De Bastiani

 

 

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