A tu per tu con l’autore
Il tuo libro ha avuto un enorme successo in Inghilterra, oltre 300.000 copie vendute: ti aspettavi questo successo dal tuo primo romanzo? Che emozioni dà?
Sinceramente, non avevo idea che Bugie avrebbe avuto un tale successo tra i lettori. Da esordiente, è davvero difficile capire come le persone reagiranno al tuo libro perché nessuno sa veramente cosa aspettarsi. All’inizio del 2017 (prima che uscisse) solo una manciata di persone lo aveva letto, inclusa mia moglie, il mio agente, l’editor e pochi altri all’interno della casa editrice. Passare da questo a più di 300.000 lettori in meno di un anno è stato davvero qualcosa di incredibile, un’esperienza fantastica. Ancora non mi sembra vero, a essere onesto! Sono enormemente grato che così tante persone lo abbiano apprezzato e mi sento incredibilmente fortunato a poter dire ora di scrivere per vivere.
Che ruolo hanno le bugie nella vita di ognuno di noi?
Tutti mentiamo. Penso che questa sia una delle cose che mi affascina e mi ha spinto a occuparmi di questo tema in primo luogo. Le persone si ingannano tutto il tempo, ci sono piccole bugie che diciamo ai nostri figli e ai nostri cari, le bugie bianche che sono diventate parte della nostra cultura. La maggior parte di queste sono bugie che non feriscono nessuno. Ad esempio, basta dare un’occhiata a Facebook o Instagram – vivono davvero tutti quanti quei momenti così perfetti per una foto? Ovviamente no. Ma ci piace presentarci così al mondo, perché vogliamo che le persone ci vedano in un certo modo, anche se non è veritiero al 100%.
Il protagonista del tuo libro è veramente un “buono” e, in un mondo così cinico, risulta spesso ingenuo ed è facilmente vittima delle bugie altrui: viviamo davvero in un mondo in cui chi è buono è per forza vittima?
C’è un vecchio modo di dire che recita “i bravi ragazzi finiscono per ultimi”, e non c’è bisogno di guardare molto lontano – in politica, negli affari, nello sport, a Hollywood – per avere le prove. Personalmente, non penso sia così. Penso semplicemente che è vero che gli individui più cinici ottengono tutti i titoli più importanti, ma ciò non significa che tutti dobbiamo abbassarci al loro livello. Il mio protagonista è un tipico “uomo buono” che vuole vedere il meglio in ognuno, dare una seconda possibilità e mettere l’amore, la lealtà e la fiducia sopra ogni altra cosa. È un ottimista, un uomo innamorato di sua moglie e devoto a suo figlio. Come potrebbe reagire un uomo simile di fronte alle crescenti prove che la sua felicità è tutta basata su delle bugie?
Si può vivere in un mondo senza bugie?
Penso che mentire faccia parte della natura umana. A volte mentiamo per essere gentili, per evitare di ferire coloro che amiamo, per incoraggiare i nostri figli e andare un po’ più d’accordo con chi ci circonda. Immagina come sarebbe se tu dicessi la verità al 100% a tutti quelli che hai incontrato, tutto il giorno ogni giorno? Quanto sarebbe difficile (Jim Carrey ci ha provato nel film Bugiardo Bugiardo). Penso che un mondo senza bugie sarebbe un posto abbastanza difficile in cui vivere …
Nel tuo romanzo mostri la pericolosità dei social network, qual è il tuo rapporto con essi?
I social media e la tecnologia in generale hanno cambiato il modo in cui viviamo in molti modi positivi. Ho sempre il mio cellulare con me, e uso Twitter e Facebook ogni giorno. Penso che i social media siano grandiosi – ci permettono di rimanere in contatto con le persone e di avere amicizie che potrebbero non essere mai nate qualche anno fa. Ma che dire dell’altro lato dei social network? Il lato più oscuro? Non vi siete mai chiesti, segretamente, a chi stia realmente parlando il tuo più più caro e vicino amico, con chi stia massaggiando o cosa stia twittando quando digita sul suo cellulare? Uno dei temi di Bugie è proprio questo: potremo mai veramente conoscere le persone più vicine a noi, quando la tecnologia ha reso l’inganno così facile? Un altro è il modo in cui può rendere sfocata la linea di separazione tra fantasia e realtà, un’idea che ho voluto esplorare mentre il mio protagonista Joe Lynch lotta per salvare la sua famiglia e riabilitare il suo nome.
Tu sei un giornalista, che differenza c’è con la scrittura di un romanzo?
Ovviamente, la differenza principale è il ritmo del lavoro: come giornalista mi trovo spesso a scrivere tre o quattro storie in un giorno, come autore so che trascorrerò 6-9 mesi su una singola storia. Ma il giornalismo è una buona preparazione per essere uno scrittore perché ci sono in realtà molte somiglianze. Prima di tutto, impari a rispettare il lettore: qualunque cosa tu stia scrivendo, le tue parole dovrebbero essere un ponte per connettersi con il lettore, piuttosto che una barriera. Il giornalismo ti aiuta ad abituarti all’idea che le persone cambieranno ciò che scrivi, lo accorceranno, lo miglioreranno e torneranno con domande che richiedono risposte. Questo ti abitua al processo di revisione ed editing di un romanzo – per migliorarlo il più possibile. In sostanza, scrivere è come un muscolo: più lo eserciti, più diventa efficace. Come giornalista, vi è l’aspettativa che scriverai ogni giorno, e questa non è una cattiva preparazione per la vita dello scrittore. Ogni giorno inizi con una pagina bianca davanti e ogni giorno la riempi. Il giornalismo mi ha mostrato che potevo fare qualcosa che amo – scrivere – e guadagnarmi da vivere con esso.
Da dove è partita l’idea del libro? Quanto ci hai messo a scriverlo?
L’idea che è poi diventata Bugie è nata durante una conversazione con mia moglie, mentre eravamo in viaggio per la Bretagna per le nostre vacanze estive. Lei mi ha raccontato una storia su alcuni suoi amici che hanno raccolto fondi per beneficenza e di come hanno usato Facebook per pubblicizzare i loro sforzi (non posso dire troppo senza fare spoiler sulla trama). Questo mi ha fatto pensare: e se qualcuno facesse una cosa simile ma con intenti criminali? Per coprire un delitto ad esempio? Per indurre in errore la polizia? Per incastrare un uomo innocente?
Sapevo fin da subito che in Bugie ci sarebbe stata una singola decisione presa all’improvviso, che avrebbe avuto conseguenze terribili. Nelle due settimane successive ho scarabocchiato appunti così come mi venivano, mentre ero in spiaggia, in piscina, in macchina, a letto. Quando siamo tornati nel Regno Unito, mi sono immerso nella stesura della prima bozza. Ho parlato a lungo con un detective sovrintendente della polizia di Nottinghamshire, per avere un aiuto con i dettagli procedurali della polizia sulle persone scomparse e le tecniche investigative. Ho anche svolto ricerche su una serie di altri argomenti, tra cui l’utilizzo dei dati di telefonia mobile e dei social media nelle indagini.
Mi ci sono voluti otto mesi per terminare di scrivere la prima bozza, e, dopo alcune modifiche iniziali, mi è stato offerto un contratto di pubblicazione di due libri dall’editore Bonnier Zaffre.
Quali sono i tuoi riferimenti letterari?
Sono stato ispirato e influenzato nel corso degli anni dai thriller che ho amato e dalle persone che li hanno scritti. I miei autori preferiti sono Michael Connolly, Harlan Coben, Linwood Barclay, Tana French, Lee Child, Bernard Cornwell, Peter Swanson, Stephen King, Gillian Flynn e Ken Follett. Ne mancano molti, ma questi nomi possono dare un’idea del tipo di storie che amo leggere e scrivere.
La bugia più grande che hai detto?
Sono un pessimo bugiardo! Anche se ho mentito a mia moglie al nostro primo appuntamento: le ho detto che mi piaceva la stessa musica che ascoltava lei, le stesse band e gli stessi cantanti. Le sono bastati circa due giorni per capire che stavo mentendo…
A cura del team Thrillernord
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