Recensione di Chiara Alaia
Autore: Guido Maria Brera
Editore: La nave di Teseo
Genere: Thriller
Pagine: 161
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. “Philip Wade è uno stimato professore di Storia contemporanea al Birkbeck College di Londra, ma in passato ha vissuto molte vite e in una di queste ha lavorato per una grande banca d’affari della City in qualità di analista, chiamato a prevedere le tendenze economiche, politiche e sociali su cui indirizzare gli investimenti. Colpito da una forma di amnesia, Philip oggi non riesce più a trattenere alcun ricordo recente: nei buchi della sua memoria scompare anche il saggio che stava scrivendo e di cui non c’è più traccia. Con il ritmo di un giallo, “La fine del tempo” narra l’indagine di un uomo nell’abisso della propria mente, intorno al mistero di un libro rivoluzionario e perduto. Scoperta dopo scoperta, mentre l’Europa si infiamma sotto il montare della marea populista, Philip Wade ricompone il mosaico del suo libro, che potrebbe mettere in discussione il dominio delle grandi corporation che governano l’economia mondiale. E che hanno fondato la loro ascesa inarrestabile sull’eliminazione della principale variabile del gioco finanziario – il tempo – condannando così il nostro pianeta a vivere un eterno presente, quando tutto è possibile per i nuovi padroni del vapore, i signori del silicio, l’aristocrazia delle app. Dopo il successo italiano e internazionale del romanzo “I Diavoli” – da cui è tratta la serie evento con Patrick Dempsey e Alessandro Borghi – Guido Brera ritorna con un thriller nella notte dell’economia digitale.”
Recensione
“La fine del tempo” non è un libro semplice, ma é come i migliori crime, dovrebbero essere: lenti attraverso cui filtrare la realtà, leggerla per comprenderne i lati più oscuri. A sei anni dall’uscita de “I Diavoli”, Brera ricostruisce in questo articolato romanzo i meccanismi dell’alta finanza dell’ultimo decennio, coniugandoli con le dinamiche proprie del thriller.
“La fine del tempo” è un viaggio nel tempo, che affonda le radici negli anni Duemila:
“Il mondo stava cambiando, il mondo stava finendo alle soglie dell’anno di nessun Signore 2009. Così i banchieri centrali corsero ai ripari. C’era un’apocalisse da sventare, o almeno da posticipare. La formula magica era il Quantitative Easing: stampare denaro e pomparlo nelle arterie svuotate di un sistema ormai esangue tramite il più grande acquisto di debito pubblico di tutti i tempi”.
È questa la premessa a partire dalla quale si dipana l’analisi di un’economia in mutamento, che vede sostituirsi all’economia tradizionale, del risparmio e del mattone, una nuova potenza.
È l’imporsi della “tecnofinanza”, l’inquietante aristocrazia dell’hi-tech, delle digital corporation e dei signori della app. È un’economia in cui il fattore tempo non conta più e i tassi di interesse – la misura del tempo in economia – così come il costo del denaro, non esistono più.
A guidarci in questo percorso, il professor Philip Wade, insegnante di Storia contemporanea ed economia al prestigioso Birkbeck College di Londra, la cui memoria è stata gravemente danneggiata in un incidente, cancellando i ricordi del passato recente.
Scava Wade, scava con tenacia nell’abisso della propria mente, per ricostruire il mistero di quel saggio che ha scritto e che potrebbe forse cambiare le sorti dell’economia mondiale, lasciando il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, a sperare che i pezzi del puzzle vadano tutti al proprio posto.
Guido Maria Brera
Guido Maria Brera nel 1999, non ancora trentenne, è fra i tre soci fondatori del Gruppo Kairos. A più riprese tra i migliori gestori hedge d’Europa, oggi è capo degli investimenti del Gruppo Kairos Julius Baer. Nel 2014 ha pubblicato il romanzo I Diavoli, best seller da cui è nato il sito omonimo idiavoli.com, un progetto di giornalismo narrativo per raccontare la finanza e la geopolitica, e da cui Sky ha realizzato l’omonima serie tv. Nel 2017, con il premio Strega Edoardo Nesi, ha scritto Tutto è in frantumi e danza (La nave di Teseo).
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