La mano tagliata




LA MANO TAGLIATA 


Autore: Matilde Serao

Editore: I Dobloni

Genere: Thriller

Pagine: 367

Anno di pubblicazione: 2022

 

 

 

 

Sinossi. Roberto Alimena non ha alcuna ragione per vivere, ma neppure nessuna per morire. Ricco e giovane, ha tutto ciò che desideraRanieri Lambertini è un giovane rampollo della Roma bene e ama una donna che non potrebbe amare.Rachele Cabib è bella da morire e vive da reclusa, nella misera casa del padre, un rigattiere di Vicolo del Pianto a Roma. Tra di loro una valigia e il suo misterioso contenuto; un filo rosso che unisce fatalmente i loro destini a quello di un uomo terribile e misterioso che, dal mondo delle ombre, sembra bramare unavendetta tutta suaUna corsa, e una fuga, tra Napoli, Roma, Milano e Londra. Una storia di destini incrociati in cui la fedeltà e l’amicizia, l’amore e la speranza, saranno messi a dura prova sino alle estreme conseguenzeMatilde Serao crea una storia tra mistero, magia e crime story; un grande romanzo di amore e morte in  cui, come in una catarsi tragica, le passioni si scontrano mettendo a nudo tutta la forza e la fragilità dell’animo umano.

 

Recensione di Cinzia Passaro

Apparentemente un romanzo giallo, la mano tagliata  è più un romanzo d’amore dalla trama complicata, non sempre convincente, e misteriosa che tiene il lettore incollato fino alla fine.

Non basta la presenza di un detective, Riccardo Dick Leslie, per farne un giallo.

Nel romanzo, a parte una duplice storia d’amore, c’è l’eterna lotta tra il bene e il male. Il primo incarnato dal conte Roberto Alimena, un dandy come tanti nell’epoca narrata, refrattario alle relazioni serie: “era freddo di cuore, perché aveva perduto sua madre e suo padre fra i dieci  i quindici anni, perché a trent’anni, da nove amministrava tutto col denaro, col nome, col fascino personale. Perché avrebbe dovuto amare qualche cosa e qualcuno?”.

Il ritrovamento di una mano tagliata, perfettamente conservata, in un cofanetto nero, lo cambierà e il desiderio di ritrovare la donna a cui la mano appartiene lo ossessionerà, stravolgendogli la vita. Il cofanetto con la mano tagliata appartiene a Marcus Henner, che incarna il male, uno scienziato tedesco, un ipnotizzatore ebreo dagli occhi verdi e sguardo da rettile, una gobba completa davanti e dietro, capace delle peggiori nefandezze nei confronti di  Maria e della di lei figlia Rachele.

Tutto il romanzo si svolge tra Roma, Parigi, Londra, l’isola di Wight e Napoli, e qui non si può non apprezzare le descrizioni che l’autrice fa.

Come non si può non notare lo spirito antisemita della Serao, tipico dell’epoca in cui avvengono i fatti.

La stessa conversione delle due israelite, Maria (nata Sara) e Rachele, al cristianesimo.

La descrizione del Ghetto di Roma, luogo con strade strettissime, sporche e maleodoranti, dove abitano misere vite, commercianti avidi e avari che nascondono le loro ricchezze, come fa Mosè Cabib marito di Maria e padre di Rachele di cui si perdono le tracce nel corso del romanzo.
Il disprezzo per Henner che a sua volta odia i Cristiani:

belve dall’aspetto mite che perseguono gli Ebrei da secoli.

Senza voler spoilerare, leggendo il romanzo, si arriva a conclusione e spiegazione degli eventi attraverso tre lettere recapitate a Ranieri Lambertini, giovane rampollo di una famiglia bene romana, coinvolto suo malgrado nella storia perché  innamorato di Rachele Cabib.

Delle tre lettere al lettore e dato di leggerne solo due, lasciando la curiosità e sentendo il romanzocome troncato, volutamente non finito.

Un romanzo che mi sento di consigliare agli amanti dei classici di inizio secolo scorso, pur coinvolgendo il lettore credo che l’autrice, sebbene mostri un atteggiamento moderno nella descrizione dei personaggi, abbia scritto opere migliori e più dettagliate, qui invece sembra più volte perdersi e non ritrovarsi se non in uno spiegone nelle lettere, molto di più ci doveva essere nella lettera smarrita.

 

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Matilde Serao


Giornalista, scrittrice, imprenditrice, riesce, rompendo le convenzioni, a collezionare numerosi primati. Nel 1882 è assunta al «Capitan Fracassa», prima donna redattrice nella storia del quotidiano romano, fonda due giornali «Il Mattino» (insieme al marito Edoardo Scarfoglio nel 1892) e «il Giorno» (1904), lavora come direttrice a diverse riviste periodiche, «Il Mattino-supplemento» (1894-1895), il «Masto Rafaele&aquo; (1899-1901), «la Settimana» (1902-1904).
Di indole coraggiosa, irriverente della morale del tempo, non solo raggiunge ambiziosi traguardi professionali ma inaugura un nuovo modo di fare giornalismo inteso come vocazione. Matilde, consapevole della criticità del proprio stile, ritiene tuttavia che siano proprio quel «linguaggio incerto» e «quello stile rotto» ad infondere nelle sue opere un calore che «non solo vivifica i corpi ma li preserva da ogni corruzione del tempo».

Nasce a Patrasso da Paolina Borely, nobile greca decaduta, e da Francesco Serao avvocato e giornalista esule in Grecia perché antiborbonico. Con l’Unità d’Italia la famiglia Serao ritorna in patria fissando la propria dimora prima a Carinola e poi a Napoli dove Matilde compie i propri studi, terminati i quali trova impiego in qualità di ausiliaria presso i Telegrafi di Stato. La necessità di sostenere economicamente la famiglia non l’allontana dalla sua passione per la lettura e la scrittura, abilità apprese solo malvolentieri all’età di otto anni durante le fasi della grave malattia della madre. La preponderanza del suo animo di scrittrice la spinge ben presto ad abbandonare l’impiego per dedicarsi, a tempo pieno, alla stesura di articoli e di alcune novelle che le schiudono le porte delle redazioni giornalistiche. Trasferitasi a Roma nel 1882 collabora per oltre cinque anni con il «Capitan Fracassa» trattando con medesima padronanza e disinvoltura argomenti diversi, dalla cronaca rosa alla critica letteraria. L’anno successivo viene pubblicato Fantasia (1883) aspramente criticato da Edoardo Scarfoglio che nel 1885 diviene suo marito e compagno di ambiziosi percorsi professionali. Né l’attività giornalistica presso la redazione del «Corriere di Roma», fondato da Scarfoglio, né la nascita dei figli, Antonio, Carlo, Paolo e Michele, le impediscono di dedicarsi alla scrittura: vedono così la luce: La conquista di Roma (1885), Il romanzo della fanciulla (1886), Vita e avventure di Riccardo Joanna (1887) che Croce definisce «il romanzo del giornalismo». Chiuso il «Corriere di Roma» gravemente indebitato (14 novembre 1887), la coppia si trasferisce a Napoli dove, grazie all’aiuto finanziario del banchiere livornese Matteo Schilizzi, nasce il «Corriere di Napoli» che ha in Matilde la vera animatrice e sulle cui pagine escono contributi a firma di Giosuè Carducci e Gabriele D’Annunzio.

Nel 1891, lasciato il «Corriere di Napoli», non senza un cospicuo ricavo, la coppia fonda «Il Mattino» di cui la Serao è anche co-direttrice. Ad impedirle di godere appieno della gioia e dell’entusiasmo per la nuova avventura editoriale, la relazione tra il marito e la cantante Gabrielle Bessard che dà ad Edoardo una figlia e poi si toglie la vita, esasperata dal fermo proposito dell’uomo di non lasciare la moglie. La bambina abbandonata dalla madre morente sull’uscio di casa Scarfoglio, viene amorevolmente accolta da Matilde. La sanguinosa vicenda che riempie le pagine dei giornali dell’epoca conduce la coppia alla separazione. Alla fine della relazione si accompagna, qualche anno dopo, il volontario allontanamento da «Il Mattino» coinvolto dalla commissione Saredo nello scandalo dell’amministrazione Sulmonte. I tentativi denigratori diretti al giornale di Scarfoglio non risparmiano Matilde, al centro di infamanti accuse di corruzione. L’incontro con Giuseppe Natale, avvocato e giornalista, segna però una nuova positiva stagione e una nuova convivenza, e la fondazione di un nuovo giornale, «il Giorno». Nel 1926 riceve una candidatura a premio Nobel per la letteratura e, l’anno successivo, si spegne a Napoli, a 71 anni. Il profilo biografico appena tracciato non dà conto in maniera adeguata della sua prolifica attività di autrice di romanzi e novelle, che comincia nel 1878 con l’ Opale e termina solo nel 1926, anno in cui viene dato alle stampe mors tua…romanzo in tre giornate. Di questa vastissima produzione voglio ricordare qui Il ventre di Napoli (1884) e Il paese di cuccagna (1891), La virtù di Cecchina (1906) e la fortunata rubrica da lei creata Api, mosconi e vespe che l’accompagna con titoli diversi, sulle differenti testate, per circa 40 anni.