La morte ha l’oro in bocca




Recensione di Olga Gnecchi

Autore: Nicola Rocca

Editore: Nicola Rocca

Pagine: 367

Genere: thriller

Anno Pubblicazione: 2015

 

 

 

 

 

E se non fosse il mattino ad avere l’oro in bocca?
Milano. Il corpo di un uomo viene rinvenuto nel proprio appartamento.
È riverso a terra, in un’insolita postura. Entrambe le mani sul cuore.
Niente sangue, né tagli.
Niente colpi d’arma da fuoco.
Solo una cravatta dorata, perfettamente annodata attorno al collo della vittima.
Sulla scena del crimine interviene il commissario Walker, della Polizia di Stato, sezione Omicidi.
I primi indizi fanno pensare a un delitto passionale, ma qualche giorno più tardi si verifica un episodio analogo.
Un altro uomo ritrovato morto.
Stessa posizione, stessa cravatta al collo.
In bocca una piastrina d’oro con dei simboli incisi sopra.
Walker non ha dubbi: si tratta di un serial killer.
Quello che in seguito la stampa chiamerà Il Killer della Cravatta.
Da qui inizia la caccia a un criminale che sembra imprendibile.
Le indagini non producono risultati e l’assassino continua a uccidere.
Un delitto che presenta caratteristiche diverse dai precedenti convince il commissario Walker a cambiare rotta alle indagini, ma dopo cinque omicidi la Polizia brancola ancora nel buio.
La cattura del killer sembra impossibile, finché un giorno Walker riceve una telefonata che lo mette di fronte a una verità troppo dolorosa per essere sopportata…
“La morte ha l’oro in bocca” è un thriller nel quale si intrecciano le vite di molteplici personaggi, tutti apparentemente colpevoli, ma tutti con un alibi di ferro.
Una storia che racchiude una vicenda di sangue che sembrava essere sepolta dal tempo. E dimenticata dal mondo.
Un dolore profondo, covato per decenni.
Una vendetta maturata a poco a poco.
Un killer spietato, che non si fermerà fino a che non avrà portato a compimento la propria giustizia.

“A volte gli enigmi sono più facili di quello che pensi. Siamo noi a renderli complicati. Ricerchiamo la loro soluzione percorrendo innumerevoli labirinti, quando magari la svolta è proprio lì, davanti a noi. L’occhio umano vede solo ciò che vuole vedere.”

“Tutte le perone possono fare del male. È solo questione di trovare un motivo.”

“La morte ha l’oro in bocca” è un thriller ricco di particolari, in cui ogni dettaglio è fondamentale alla risoluzione della misteriosa vicenda.
Numerosi gli indizi che l’autore dissemina tra le pagine e che sono indispensabili a far immedesimare il lettore nella storia, come se volesse lasciarlo partecipare alle investigazioni, insieme ai personaggi.
Nulla è lasciato al caso, ed è proprio questo uno dei pregi del romanzo, unitamente al finale dai risvolti inaspettati.
La trama si sviluppa in modo lento, quasi a sottolineare le fasi complicate e ingarbugliate delle indagini, intervallate dai capitoli che l’autore dedica alle figure di vittime e carnefice, tra storie di vendetta, ricordi e riflessioni.
Ben curata anche la psicologia del killer di cui Rocca spiega le motivazioni. Inoltre, il protagonista David Walker, il Camminatore, gode di un’accurata caratterizzazione. Rocca lo descrive giovane e intuitivo, un bravo poliziotto, ma soprattutto un uomo comune soggetto a vizi e capace di sbagliare; in preda all’ansia di venire a capo di un difficile enigma, come un gioco di ruolo in cui si rende presto conto che tutti i giocatori nascondono qualcosa, rendendogli difficile qualsiasi mossa decida di effettuare.
Il linguaggio è accurato, i periodi brevi; ogni passaggio è chiaro e permette a qualunque lettore di poter seguire l’intreccio, senza perdersi alcuna minuzia.
Unica mancanza di questo thriller sono le descrizioni della città in cui si svolgono gli eventi. La presenza di questo elemento avrebbe reso l’opera ben più completa.
Nicola Rocca, per le capacità dimostrate nella stesura di questo romanzo, rimane comunque un autore da seguire. Noi di Thriller Nord gli abbiamo posto delle domande per conoscerlo meglio.

 

 

INTERVISTA
Chi è Nicola Rocca nella vita di tutti i giorni?

Nicola è un sognatore. Uno che preferisce vivere nel mondo dei sogni che in quello reale. Perché lì, dove ci sono i sogni, è tutto più facile. È sempre tutto come lo si vorrebbe. Stavo sognando anche adesso… Ma lasciamo da parte le fantasie, per un attimo. Nicola è un trentatreenne – che dentro ne sente ancora venti. Un post-adolescente, diciamo. Per guadagnarsi da vivere lavora come disegnatore progettista in un’azienda di automazione. Il lavoro mi piace – ora entra in scena l’io narrante 😉 –, mi gratifica perfino… Ma vivere di scrittura sarebbe tutta un’altra cosa. Quello sì che sarebbe un vero e proprio sogno. Per questo, quasi ogni sera, dopo un’interminabile giornata di lavoro, mi metto davanti a un pc e cerco di partorire storie, più o meno thriller. Sperando che una di queste riesca a raggiungere il grande pubblico. Non per darmi chissà quali guadagni, ma per potermi permettere di fare della scrittura una professione, oltre che una passione.

 

 

Da dove nasce l’idea di “La morte ha l’oro in bocca”?

Risponderò a questa domanda solo se promettete di non scomunicarmi da questa intervista (ride… ma non troppo.) Accettate? Bene. Da dove comincio… Dunque, questo è uno di quei casi in cui il titolo nasce prima del romanzo. E quando ti arriva addosso un titolo così forte – che di per sé basterebbe a tenere in piedi l’intero romanzo – la voglia di cucirgli addosso una storia altrettanto forte supera ogni cosa. Era un lunedì mattina. Uno come tanti. Ed io, ancora mezzo assonnato, ero intento ad ascoltare le vicende erotiche di un collega, che raccontava, senza troppa eleganza, una particolare esperienza di sesso orale. Per quale motivo quel racconto mi fece pensare al detto “il mattino ha l’oro in bocca”, credo non sia difficile capirlo. Fatto sta che qualcosa prese vita nella mia testa (qualcosa che nulla aveva a che fare col sesso, sia chiaro), così “il mattino ha l’oro in bocca” divenne “la notte ha l’oro in bocca”. In quel preciso momento una storia, una trama, un intreccio di colpi di scena si snocciolarono nella mia testa. Feci appena in tempo a rendermi conto che quella era una nuova idea per un romanzo, quando “la notte ha l’oro in bocca” divenne “La morte ha l’oro in bocca”. A quel punto capii che ero sulla strada giusta. Avrei “solamente” dovuto rendergli giustizia scrivendo una storia che fosse all’altezza del titolo. Spero solo di essere riuscito a farlo. Per la cronaca: il romanzo non contiene alcun episodio di sesso, orale o meno che sia. Ci tenevo a sottolinearlo.

 

 

Come mai hai scelto David Walker, uno straniero in terra italiana, come protagonista del tuo thriller?

Walker non è proprio uno straniero. O meglio, è uno straniero a metà. Nel senso che è italo-inglese. Non c’è un motivo ben preciso. Benché io sia l’autore di questo libro, alcune scelte non vengono prese esclusivamente da me. Ma dai personaggi stessi. E nella mia testa si è insediato in maniera quasi prepotente questa figura mezza italiana e mezza inglese. Lorder si chiamava, durante la prima stesura. Non chiedetemi il perché. Forse perché era un nome molto orecchiabile. Poi, però, Lorder decise che quel cognome non gli garbava più, benché a me garbasse da morire, in special modo la desinenza. Così, io e lui, optammo per un compromesso. “D’ora in avanti tu ti chiamerai Walker”, gli proposi. Lui non batté ciglio. E io presi per buono il principio del silenzio assenso. Fu così che nacque David Walker, il camminatore.

 

 

Parlaci dei tuoi altri lavori. Hai appena pubblicato un nuovo romanzo: “Due gocce d’acqua”. Di cosa parla?

Sì, ben detto Olga. “Due gocce d’acqua” è il mio ultimogenito, almeno per ora. È una storia che ha fatto molta fatica a venire alla luce. Per darti un’idea, ti dico solo che la prima stesura fu ultimata quando “La morte ha l’oro in bocca” non era neppure un’idea. Poi però, qualcosa non andava. C’era qualcosa che mancava, o c’era qualcosa di troppo. Molta acqua dovette passare sotto i ponti, prima di trovare una soluzione per risolvere quell’ampia falla nel romanzo. Qual è stata la soluzione? Semplice! Un colpo di scena nel colpo di scena. Sto andando fuori tema, lo so. Lo facevo anche scuola, durante i comiti scritti di italiano. È un brutto vizio, sempre per colpa dei sogni. Comunque, tornando alla tua domanda… Due gocce d’acqua è la storia di Chantal, una ragazza bresciana che in poco tempo perde tutto ciò che ha, lavoro compreso. Poi, come una manna dal cielo, le arriva una proposta di lavoro. A 500 chilometri da casa. In toscana. Dopo un’ardua riflessione, Chantal accetta il lavoro: si tratta di un impiego come tuttofare in un Bed & Breakfast. Tutto quindi pare essersi risolto nel migliore dei modi, se non fosse per delle strane voci su quella struttura: si dice in giro che sia maledetta. Si vocifera che ci sia qualcuno, lì attorno, che rapisce, sevizia e uccida le ragazze… Penso che come accenno possa bastare, altrimenti vi toglierei la sorpresa della lettura. Quello che invece ci tengo a dire, è che Due gocce d’acqua è un romanzo molto diverso da La morte ha l’oro in bocca. Se quest’ultimo è un romanzo d’indagine, “Due gocce” lo definirei più psicologico. Ha sicuramente meno personaggi e proprio per questo il lettore-detective si trova a fare i conti con un banco di sospettati molto ridotto. Questa potrebbe sembrare una cosa noiosa, ma la caratteristiche dei personaggi dicono il contrario. Leggere per credere! Non sempre, infatti, gli eventi sono quelli che sembrano. Non sempre i cattivi stanno dalla parte del male. Anche perché, spesso il male è dentro di noi. Altre volte, invece, è nella persona che ci sta accanto.

 

 

Quali letture pensi ti abbiano dato di più e a quali autori ti ispiri?

Credo che le letture che mi abbiano dato di più siano anche quelle che mi hanno mosso qualcosa, là, nel profondo. Per questo ti darò una sola risposta, per entrambe le domande. Premetto che, se ancora qualcuno non l’avesse capito, il thriller, il giallo, il noir – e limitrofi – sono i miei generi preferiti. Dove preferito è un eufemismo, sia chiaro. Comunque, venendo al sodo… i miei punti fissi sono Jeffery Deaver, Michael Connely, Giorgio Faletti e Donato Carrisi. Ultimamente ho scoperto Wulf Dorn, che non è affatto da meno.

 

 

Parlando di gialli, thriller e noir, c’è un autore, o un’autrice, della letteratura nordica che preferisci?

Con questa risposta mi beccherò una bella bacchettata sulle mani. Sarò sincero. Non ho una grande cultura circa gli autori nordici. Però, proprio in questo periodo, sono quasi alla fine de La testimone del fuoco di Lars Kepler. Devo dire che mi sta appassionando parecchio. Quindi, parte delle mie prossime letture sarà orientata nel Nord Europa. Promesso.

Nicola Rocca

 

 

Nicola Rocca


Nicola Rocca nasce a Bergamo il 23 settembre 1982 e vive a Carvico. Nel dicembre del 2013 esordisce nel mondo della narrativa con “FRAMMENTI DI FOLLIA” (Editrice GDS), un’antologia di racconti thriller/noir (finalista al Premio Giuseppe Matarazzo 2013).

 

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