La quinta donna




Recensione di Amorelli Alberto

Autore: Henning Mankell
 

Editore: Marsilio

 
Traduttore: Giorgio Puleo
 
Pagine: 567
 
Genere: giallo poliziesco
 

Anno di pubblicazione: 1999

E’ la sesta indagine del Commissario Kurt Wallander, l’umanissimo personaggio creato dal compianto Henning Mankell. Solitamente quando affronto un nuovo autore che ha un personaggio seriale amo partire dall’inizio delle vicende, dal primo romanzo della serie e seguire in ordine cronologico le vicende.

Anche questa volta per fortuna ho potuto fare lo stesso, avevo letto qualche anno fa il quinto romanzo della serie “La Falsa Pista” e ritrovare Wallander all’inizio di questo sesto romanzo, ambientato solo pochi mesi dopo il precedente, mi ha dato un senso di familiarità con situazioni, luoghi e comprimari che mi ha riportato a casa.

Anche in questa indagine Mankell non si smentisce e intesse una trama complicata, sfaccettata e con ampi risvolti sociali, come suo solito. Ancora una volta, dopo l’incredibile lavoro svolto ne “La Leonessa Bianca” (terzo della serie), l’autore strizza l’occhio all’Africa, a cui è infatti molto legato. L’antefatto della vicenda inizia in Algeria nel 1993, quando un commando di integralisti islamici uccide cinque donne, quattro suore e una turista svedese. Il tutto si sposta poi in Svezia, nella regione della Scania, cara a Mankell, dove ritroviamo il Commissario Kurt Wallander, di ritorno da una vacanza in Italia con il padre, al suo solito posto al commissariato di Ystad. Il nostro poliziotto torna al lavoro sperando di seguire casi più semplici rispetto all’estate di fuoco e sangue che ha passato (come narrato nel libro precedente “La Falsa Pista”) ma la sua speranza dura molto poco.

Un anziano poeta appassionato di bird-watching viene ritrovato morto, l’uomo è precipitato in un fossato dove erano state piazzate canne di bambù affilate. Già di primo acchito Wallander si rende conto che c’è la mano di un assassino dietro l’efferata vicenda. A questo grottesco omicidio se ne aggiungono altri due: dapprima la morte di un fiorista, trovato appeso ad un albero, strangolato, nudo e con pesanti segni di malnutrizione, quasi fosse stato tenuto in gabbia. Wallander si rende conto che c’è qualcosa che accomuna i due delitti, un certo richiamo alla caccia, al cacciare e catturare una preda. E a complicare ulteriormente la vicenda, il ritrovamento di un diario che racconta le vicende di guerra di un mercenario svedese in Africa, Harald Berggren. Il diario viene rinvenuto in una cassetta di proprietà della prima vittima, insieme ad una testa africana essiccata.

Infine, l’ultimo omicidio. Il corpo di un ricercatore universitario trovato nelle acque di un lago, chiuso in un sacco. Anche questo terzo omicidio rientra nell’idea che Wallander si è fatto dell’assassino. Ora al commissario di Ystad non rimane che capire come i tre casi sono collegati, cosa legava quelle tre vittime, forse un qualche torbido segreto del passato, e che importanza ha il diario di Berggren in tutta questa vicenda.

Con la solita maestria, Mankell districa la matassa e fa luce nel ginepraio in cui Wallander è precipitato. Ancora una volta, a parte la vicenda magistralmente narrata, spicca la figura del nostro protagonista: un uomo normale, pieno di dubbi, di rimorsi e di rimpianti ma, nonostante tutto, mosso da una nobiltà d’animo e da un desiderio di giustizia unico. Kurt Wallander non è un eroe e non è nemmeno un antieroe, come al giorno d’oggi sembra debbano per forza essere i protagonisti vincenti di un romanzo, no, Wallander è una persona normale, è uno di noi, e credo che questa sia la formula magica che rendeva ogni romanzo di Mankell un successo incredibile: l’umanità.

“Si rese conto di essere molto stanco. Ma era qualcosa di più profondo della stanchezza stessa. Cercò di capire la sensazione che provava e di darle un nome. Scoraggiamento? La felicità era durata veramente poco. Il viaggio in Italia. La sua decisione di cercare una casa, forse anche di prendere un cane. E poi Baiba che sarebbe venuta in Svezia. Ma poi un uomo anziano viene ucciso in un fossato, trafitto da canne di bambù, e il mondo ricomincia a scivolarti da sotto i piedi. Si chiese per quanto tempo ancora avrebbe avuto la forza di continuare. (…)”

Henning Mankell


Viveva tra la Svezia e il Mozambico, dove a Maputo dirigeva il teatro Avenida. È l’autore della fortunatissima serie del commissario Wallander, pubblicata in molti paesi. Tra i riconoscimenti internazionali al suo lavoro, ricordiamo The Academy of Swedish Crime Writers’ prize per Faceless Killers (1991); Scandinavian Crime Society prize, The Glass key, per Faceless Killers (1991); The Academy of Swedish Crime Writers’ prize per Sidetracked (1995); the British Crime Writers’ Association prize, the Golden Dagger, per Sidetracked (2001).