La ragazza dagli occhi di cenere
Recensione di Cristina Bruno
Autore: Vule Zuric
Traduzione: Sergio Roic
Genere: storico
Pagine: 196
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Nel 1795 una terribile epidemia di peste si abbatte sul distretto di Srem, in Serbia, mietendo nella sola cittadina di Irig oltre duemila cinquecento vittime in meno di un anno. Fra la gente gira voce che a portare il morbo sia stata una bellissima ragazza con gli occhi di cenere e uno scialle bianco, ma solo l’ecclesiastico Stevan Vezilić e il medico Andrija Budai – rappresentanti delle autorità chiamate a gestire l’epidemia, a seppellire i morti e ad assistere i vivi – sono a conoscenza della verità.
Recensione
Andelija porta l’ultimo saluto alla sorella appena morta e prende con sé, per ricordo, un tappeto quasi nuovo. Torna quindi nella conta di Srem a Irig, il suo villaggio, e da lì inizia il calvario della cittadina che tra il 1795 e il 1796 vedrà morire di peste buona parte della popolazione
Il dottor Schraud, professore della sorveglianza sanitaria dell’università di Budapest, viene inviato sul luogo dell’epidemia e inizia a scrivere il resoconto della situazione.
Il primo compito è quello di isolare il villaggio e di creare dei lazzaretti per dividere sani e malati e cercare di circoscrivere il morbo. L’impresa non sarà facile perché va contro tradizioni religiose e superstizioni ben radicate. Tanto più che la voce diffusa è che una giovane donna, dai begli occhi color cenere, sia la causa della diffusione del male…
“Tutti i personaggi e i luoghi menzionati nel romanzo sono esistiti nella realtà. Solo il narratore è stato inventato.” Questa è la frase posta all’inizio del romanzo e che avverte subito il lettore che quanto raccontato è basato su fatti e personaggi reali.
Il lungo resoconto di come la malattia si sia diffusa e di come sia stata accolta dalla popolazione si snoda lungo le pagine ed è osservato dai diversi occhi dei protagonisti: il dottor Schraud, il farmacista Ostali, il militare Milutinovic, il prefetto Lovas, il barone Pihler, il medico Budai, il parroco Vezilic, il sacerdote anziano Pejic, il cantastorie cieco che suona il gusle.
Una domanda attraversa il libro: chi è la misteriosa e affascinante ragazza dagli occhi di cenere, avvolta in un panno (non più tanto) bianco? Il suo nome è Serid Zade, è scappata dalla Turchia e cerca il suo fidanzato. La gente però la guarda con sospetto perché tradizione vuole che la peste sia raffigurata proprio come una giovane donna straniera dallo sguardo inquieto e l’abito bianco.
Da un lato abbiamo il volto ufficiale, rappresentato da medici e militari e l’archimandrita che seguono e invitano a seguire la scienza e i rimedi del tempo. Dall’altra alcuni parroci e la gente comune che ignorano le disposizioni e restano fedeli alle tradizioni.
I rimedi scientifici di fine Settecento poco possono in realtà contro la pestilenza. Oppio, canfora, mercurio, aceto sono solo blande risposte.
All’epoca l’unica soluzione efficace poteva essere il distanziamento, l’isolamento dei malati e la pulizia il più possibile accurata. Solo quando tali misure iniziano a essere prese sul serio e messe in atto si è potuto assistere al progressivo estinguersi della malattia e al ritorno alla normalità.
Leggendo il libro notiamo che oggi come allora le superstizioni, l’ignoranza, la poca fiducia nella medicina sono ostacoli al superamento di picchi epidemici e che, di fondo, la mentalità popolare resta eguale nel tempo, a dispetto del progredire di scienza e alfabetizzazione.
La narrazione procede lenta, scandita dalle note del gusle, lo strumento a corda singola tipico dei cantori balcanici, eredi riconosciuti dell’epica omerica e le voci dei protagonisti risuonano simili a quelle degli eroi greci, eroi semplici di un quotidiano eccezionale.
A cura di Cristina Bruno
http://fabulaeintreccio.blogspot.com/
Vule Zuric
Vule Zuric: nato nel 1969 a Sarajevo in Jugoslavija, (ora Bosnia), vive a Pancevo in Serbia ed è uno dei più importanti scrittori serbi, autore di racconti e romanzi.
Acquista su Amazon.it: