La sedia del custode




Recensione di Nadia Beggio


Autore: Bahaa Trabelsi

Traduzione: Tiziana Prina

Editore: Edizioni Le Assassine- Oltreconfine

Genere: thriller

Pagine: 199

Anno di pubblicazione: 2018

 

 

 

 

 

 

Sinossi. A Casablanca, città in cui si mescolano valori moderni e tradizionali, un serial killer firma i suoi delitti con citazioni del Corano, convinto di essere il designato da Dio per epurare la città dai suoi miscredenti. L’uomo, originario del profondo Sud del Marocco, è sicuro infatti di detenere tutta la verità ed è divorato da un odio profondo per coloro che per il loro comportamento considera empi: li scruta di continuo dalla sua sedia di custode di un condominio, trasformata in un punto di osservazione e di controllo del quartiere di lusso dove lavora. L’inchiesta sull’insospettabile serial killer è condotta da un commissario un po’ depresso, che ama bere: questi, durante le indagini, conosce Rita, una giornalista curiosa ed emancipata che vive sospesa fra due culture, quella occidentale e quella musulmana. L’anonimo pluriomicida continuerà le sue gesta? E Rita non sarà forse un obiettivo ideale per il solitario psicopatico?

 

 

Recensione

Leggere un libro è sempre un viaggio, a volte ti porta vicino a casa altre volte più lontano, con “La sedia del custode” si vola oltreconfine destinazione: Casablanca!

Casablanca, Anfa in arabo, è la città più grande del Marocco. E’ una città cosmopolita e caotica dove si mescolano cultura e religione, ortodossia e modernità. Il centro dell’enorme città sorge all’interno di una cinta muraria a forma di stella da dove partono ampi viali fiancheggiati da eleganti palazzi, ma la metropoli nasconde anche piccoli Hammam, suk e piccoli cortili decorati con maioliche. La grandiosa moschea di Hassan II, che comprende anche una Medersa (una scuola coranica) si staglia verso l’oceano. “Casablanca è un vivaio, una sorgente d’ispirazione, ma anche un’orca che inghiotte tutto e che cresce senza fermarsi”

Il romanzo è un tuffo nel Marocco più vero con le sue forti contraddizioni tra un integralismo disarmante e la libertà occidentale.

L’ASSASSINO “Ricordo il primo giorno in cui sono arrivato in questa città. Non credevo ai miei occhi. Le sue dimensioni, le auto di tutti i tipi, i negozi e i quartieri così diversi gli uni dagli altri. Avevo l’impressione di cambiare città ogni volta che mi spostavo. Dall’indigenza alla ricchezza, dalle ville immense con piscina e vista sull’oceano ai buchi di appartamento malandati dove sono stipati intere famiglie.”

Il quartiere Racine è uno dei quartieri più esclusivi di Casablanca e il custode (l’assassino) di uno dei suoi eleganti palazzi, originario del profondo Sud del Marocco, è sicuro di detenere tutta la verità ed è divorato da un odio profondo per coloro che per il loro comportamento considera empi. Dopo aver svolto con puntualità le sue mansioni, siede su una sedia all’ingresso di un condominio di lusso, e da quella posizione strategica scruta la vita delle persone che lo circondano scegliendo così le sue vittime per adempiere alla sua missione: ripulire il quartiere Racine dai tanti miscredenti veri, omossessuali, adultere, ladri, ebrei, figli indegni, streghe e trasgressori del Ramadan, firmando i suoi delitti con citazioni dal Corano.

LA GIORNALISTA “Sogno un Marocco aperto, colorato, umanista. Un Marocco dove è bello vivere: lontano dai principi rigidi e le leggi liberticide. Un Marocco dove le donne sono rispettate, dove la parità ha il suo posto e la libertà di coscienza si sostituisce alle dittature del fondamentalismo islamico in forte crescita.”

Rita, giornalista e donna emancipata, madre single e divorziata, vive sospesa fra due culture, quella occidentale e quella musulmana, rappresenta un Marocco moderno e progressista. Conduce la sua inchiesta per capire chi si nasconde dietro gli orrendi delitti raccontando la mutazione della società marocchina. Seguendo le orme dell’omicida si innamorerà del commissario che conduce le indagini, Abid, che nasconde le sue frustrazioni con eccessi alcolici e donne facili. La sua caparbietà nella ricerca della verità e la storia d’amore clandestina con il commissario dagli inconfessabili segreti la porterà a diventare un probabile obiettivo del solitario psicopatico che silenziosamente ma con profondo disgusto la osserva dalla sedia che maniacalmente pulisce e lava con la candeggina.

E’ una storia nerissima e potentissima quella scaturita dalla penna di Bahaa Trabelsi , che in occasione della presentazione del suo romanzo a Milano ha così argomentato :” Questo libro è la constatazione della deplorevole regressione della società, e un grido di libertà contro il fondamentalismo, e quello che comporta come attacco ai valori universali, ai diritti umani e alle libertà individuali.”

E’ complicato affrontare un tema delicato e spinoso quando i riferimenti religiosi sono fortissimi, ma lo è ancor di più in questo caso perché il fondamentalismo islamico non è circoscritto in confini ben determinati ma è qualcosa che tocca tutti noi. Negli ultimi decenni è in nome della “jihad”. che sono stati perpetrati gli abominevoli attentati sanguinari in tutto il mondo. Il romanzo di Bahha Trabelsi è però molto molto di più di un racconto dove la religione è il “mandante” del serial killer perché è un’ analisi profonda di come il “ wahhabisme” (un Islam importato vicino al salafismo) si stia sempre più insinuando nell’islam- sunnita di matrice più tollerante da sempre praticato nel suo paese e occupando politicamente posti di potere stia minando alle radici l’identità del popolo marocchino…”Per mancanza di educazione un Marocco che sa da dove viene , che conosce la sua storia , che conosce la sua identità , perché deve cercare un’identità importata? Il burkini viene dal l’islamismo importato. Le nostre madri portavano la minigonna e le nostre figlie il burkini”

Ognuno di noi dopo aver letto l’ultima pagina può semplicemente riporre il romanzo tra i tanti libri letti oppure riflettere su temi di scottante attualità come i diversi fondamentalismi possano minare le nostre società. E’ un grosso errore pensare che esistano solo fanatismi religiosi che snaturano paesi relativamente lontani da noi tenuto conto che le manifestazioni di razzismo, gli attacchi omofobi , le violenze gratuite e lo sdoganamento di un linguaggio che ci riporta ad un periodo oscuro della nostra storia sono parte integrante della nostra quotidianità.

Bahha Trabelsi affida a Dina, la figlia di Rita, una speranza per il futuro :” MAMMA cara, ti prometto di non arrendermi. Ti prometto di mostrare e di onorare la libertà che mi hai inculcato….”

Io mi ritrovo a sorridere immaginando “La sedia del custode” non più occupata da un “folle di dio” ma pienissima di libri, perchè sono fiduciosa che i libri salveranno gli uomini…leggete questo bellissimo thriller!

 

 

 

Baaha Trabelsi


Giornalista, scrittrice e anche sceneggiatrice, Baaha Trabelsi è nata a Rabat nel 1966. Si laurea in studi economici in Francia e poi lavora per il governo e per diverse testate giornalistiche, occupandosi di cultura e società. Le sue inchieste sono numerose e riguardano argomenti delicati come la vita nelle prigioni marocchine, l’omosessualità o la prostituzione. Bahaa Trabelsi è membro attivo della società civile e ha partecipato alla creazione di diverse associazioni, tra cui Donne e sviluppoLa sedia del custode è il suo quinto romanzo e ha vinto il premio letterario Sofitel 2017. Presidente della giuria che ha assegnato il premio in quella circostanza era Tahar Ben Jelloun. L’impegno della scrittrice nei confronti delle donne ha avuto anche un riconoscimento nell’esposizione organizzata a Rabat per la Giornata internazionale delle donne 2017: il suo ritratto è tra i cento che celebrano le donne marocchine, note e anonime, che partecipano con la loro diversità allo sviluppo del Paese.