Recensione di Giusy Giulianini
Autore: Gino Marchitelli
Editore: Red Duck Edizioni
Pagine: 220
Genere: noir
Data di pubblicazione: 2019 (novembre)
Sinossi. Un grande amore spezzato da un evento imprevedibile, la conseguente assenza di speranza per poterlo far vivere ancora. Il precipizio nell’odio e nel desiderio di vendetta. La storia di persone semplici e della loro possibile metamorfosi in vittime e spietati assassini. L’incapacità dell’uomo comune di accettare la perdita, e controllare il mostro violento che alberga dentro di sé. Il professor Palermo e la sua amante Sara impegnati nel tentativo di impedire la deriva sanguinaria di chi viene trascinato nell’abisso del crimine. L’analisi spietata delle famiglie di apparenza dove il falso moralismo, l’ipocrisia e il perbenismo possono trasformare le relazioni interpersonali in paludi da cui emergono i peggiori istinti omicidi.Tra Lombardia, Emilia, Puglia e Sicilia si dipana la seconda complicata indagine di Moreno Palermo nel tentativo di fermare il disordine mentale e l’ennesimo atto di violenza di genere.
Recensione
Che gran potere hanno gli scrittori, di imbrigliare entro le maglie della finzione le verità più sordide e i più esecrabili aspetti dell’animo umano, senza peraltro che le loro parole perdano forza di denuncia e di condanna.
È quel che accade a Gino Marchitelli con il suo ultimo L’assenza, pubblicato grazie a un progetto finanziato in crowdfunding il cui intento sociale ha attirato i sostenitori ben oltre la somma d’investimento inizialmente richiesta, a dimostrazione del fatto che la violenza di genere resta argomento di largo e condiviso sdegno, seppure non a sufficienza contrastata da partecipe coscienza pubblica e severi strumenti normativi.
Anna Millante, docente siciliana trasferita al Nord per l’agognato posto fisso in cattedra, e Paolo Ghirelli, impiantista lombardo che ha appena pubblicato il suo primo romanzo, s’incontrano grazie a quel libro e a un amico comune che lo segnala alla donna, appassionata lettrice. “Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse”, potremmo dirlo con l’omonimo dantesco Paolo (e Francesca) al V Canto dell’Inferno, perché quella che all’inizio nasce tra i due come semplice intuizione di affinità deflagra ben presto in un erotico scambio virtuale e quindi in una passione reale, consumata tra distanze bruciate e momenti rubati alle rispettive vite.
Sposati entrambi – Anna con Salvatore, marito anaffettivo ed egoista che tradisce la moglie pur pretendendone in cambio fedeltà assoluta, sottomissione e cieca obbedienza; Paolo con la dolcissima Laura, cui nulla può essere addebitato se non lo smalto appannato che gli anni di matrimonio hanno inevitabilmente steso sul rapporto -, riconoscono l’uno nell’altra, fin dai primi incontri, un valore assoluto di attrazione che trascende la sensualità per diventare autentico sentimento.
Vi si abbandonano con dono reciproco di sé, ma non con le medesime prospettive: lei, di giostrare tra binari diversi, amore e soddisfazioni lavorative al Nord, famiglia (e figli soprattutto) al Sud; lui di un nuovo inizio insieme, cui è disposto a sacrificare tutto, la sofferenza della moglie e un lavoro che trascura sempre più. È perfetto quel loro tempo condiviso, imbrigliato quasi nella spirale di un incantesimo, ma non destinato a durare per l’intervento improvvido della famiglia di Anna e per la sua stessa mancanza di coraggio.
Nemmeno l’intervento di Moreno Palermo, qui alla sua seconda apparizione dopo Il covo di Lambrate (Fratelli Frilli Editore, 2018), con tutta l’empatia che presto sviluppa nei confronti di Paolo, coinvolto come lui in una intensa storia clandestina con Sara, la cugina di Anna, riuscirà ad arrestare la china violenta e imprevedibile degli eventi.
Come l’azzeccato titolo rivela fin dalla copertina, il romanzo è la storia di una assenza, anzi di molteplici assenze: assenza di verità nella famiglia di Anna, nascosta dietro ben difese apparenze, in cui la mancanza di dialogo con il marito e con la figlia causerà esiti nefasti; assenza di paura nel “denudarsi l’anima” di Paolo che riconosce nell’amore con Anna il valore assoluto di cui è impregnato il suo romanzo ma che fino a quel momento non ha trovato realizzazione nella sua vita; assenza finale di Anna nel loro rapporto, che fugge da lui per proteggere un falso equilibrio famigliare e che sente di dover sacrificarsi per i figli, che pure ha inizialmente abbandonato nelle mani di un padre cieco e indifferente; assenza di compassione da parte di Paolo per una moglie che non ha colpe e che, cedendo alla ossessione di violenza, lui condanna a giorni disperati.
Il libro di Marchitelli è però anche qualcosa di più: è il romanzo di una turpe violenza psicologica che ferisce non meno di quella fisica, e ammala l’anima con dosi quotidiane di indifferenza, silenzio, negazione. Di ruolo e di merito. Esemplare in tal senso è la deriva in cui, con cattiveria e accanimento, scivola il comportamento di Salvatore verso Anna che, dopo averla tradita per anni per far brillare agli occhi dei compagni di bevute la propria stella di incallito seduttore, finisce per privare la moglie, rea di quello stesso peccato di tradimento, del rispetto dei figli e di un intero paese.
Vittime tutti, di una passione che illumina la vita ma che in Anna manca di coraggio perché in fondo anche lei è invischiata nelle pastoie di una morale retriva, per la quale “non si deve sapere” perché “la famiglia è rispettabile e rispettata assai. Sacra è”. Che invece nei fatti è bugiarda e ipocrita, dove tutti sono disonesti gli uni con gli altri. Per dirla con Gide, che già sul finire del’800 così si scagliava: “Famiglie, vi odio! Focolari chiusi; porte serrate; geloso possesso della felicità”.
Gino Marchitelli, con la passione che sempre lo distingue, scrive un romanzo coraggioso, una bandiera agitata contro il vento dell’indifferenza, dell’ipocrisia borghese, della condanna sociale nei confronti di donne alle quali vengono negate pari opportunità di rifarsi una vita, di godere della stessa libertà dei loro compagni. Il ruolo femminile, ancora ben diverso tra Nord a Sud, nei contesti urbani e in quelli rurali, campeggia al centro del suo romanzo e del suo impegno sociale, con un vigore e una sincerità cui si perdona qualche refuso e alcune imperfezioni formali.
La sensibilità con cui, da uomo, descrive paure e abbandoni, ritrosie e sogni, propri di una femminilità variegata e in parte repressa, stupisce e commuove. Come altrettanto colpisce lo sguardo intenerito che Marchitelli posa sulle lavoratrici migranti del Sud, le “donne pellegrine” costrette a lasciare gli affetti per contribuire al sostentamento della famiglia con un lavoro anche molto lontano.
Vividi peraltro anche i comprimari, tra cui una citazione speciale spetta proprio all’umanissimo professor Palermo, dal quale è lecito aspettarsi future indagini in piena luce della ribalta. Nate come costola, uno spin-off si direbbe in gergo editoriale, della fortunata serie del commissario Lorenzi, le storie dell’umanissimo Palermo meritano infatti debita attenzione.
Le ambientazioni, tutte vivaci e spesso evocate con occhio d’artista, spaziano dalle indefinite nebbie padane ai panorami profumati di sole dell’alto Salento e della Sicilia, e si tingono di brillante colore locale nel ritmo indiavolato della pizzica di Carovigno, come nella musica potente della banda che accompagna il tragico incedere della Madonna del Soccorso.
Degne di nota le tante puntualizzazioni musicali, appropriato accompagnamento alla parabola di un sentimento assoluto, dalle trascinanti rock band degli anni ’70 alle note struggenti di Vinicio Capossela.
Un cameo infine, testimone del valore assoluto che l’amicizia riveste per Gino Marchitelli, è la citazione di Valerio Varesi quale autore tra i preferiti di Anna. E anche di Gino, legato a lui da lunghi anni di stima affettuosa.
Gino Marchitelli
Nato a Milano e diplomato in Elettronica Industriale, ha lavorato per molti anni sulle piattaforme petrolifere Saipem mentre da un po’ si occupa di energie rinnovabili. Da sempre impegnato in campo politico e sociale, vive in provincia di Milano e si rifugia appena può tra gli splendidi ulivi secolari e il mare cristallino di Carovigno nell’alto Salento brindisino. Ha esordito in campo letterario nel 2012 con Morte nel trullo, un thriller-noir in cui debuttano il commissario Lorenzi di Lambrate e la giornalista Cristina Petruzzi di Milano. Seguono, con i medesimi protagonisti: nel 2013 Quimera e Il pittore, vincitore del diploma d’onore al premio internazionale Il Molinello che rappresenta per lo scrittore il trampolino di lancio per la media editoria, la Fratelli Frilli Editore, con cui pubblicherà i successivi thriller-noir; nel 2014, Milano non ha memoria, insignito del diploma d’onore al premio Unica Milano 2014; nel 2015, Sangue nel Redefossi. Nel 2016, con Il segreto di Piazza Napoli appare un nuovo personaggio, Totò Maraldo, ex brigadiere in pensione, investigatore suo malgrado. Nel 2018, pubblica Il covo di Lambrate, in cui accanto a Lorenzi fa la sua apparizione il professor Moreno Palermo, l’uno e l’altro tra i personaggi anche de L’assenza, uscito sul finire del 2019 in crowdfunding. Accanto ai romanzi noir, l’autore ha redatto opere di contenuto socio-politico: nel 2014, una video intervista ai partigiani viventi della Val d’Ossola liberata, I ribelli della montagna, realizzata con l’aiuto di Marco Marchitelli; ancora nel 2014, Una storia di tutti – le stragi in Italia da piazza Fontana alla stazione di Bologna, con gli interventi dei presidenti delle associazioni di vittime delle stragi e delle due figlie di Pino Pinelli; nel 2015, con un progetto di crowdfunding, Il barbiere zoppo, 1969 – Una ragazza e la scoperta della Resistenza, insignito del diploma di onore per “una delle migliori opere edite nel 2015”; nel 2017, Utopia & Rivoluzione, in crowdfunding, che costituisce il seguito de Il barbiere zoppo. Nel 2017, è uscito anche Il libro per bambini Ben, Tondo e Gatto Peppone, storia illustrata. Da questo libro è stato realizzato un progetto di sostegno e aiuto per i bambini colpiti dal terremoto nelle Marche.
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