L’enigma dell’ultimo…




L’enigma dell’ultimo templare


Recensione di Marianna Di Felice


Autore: Daniele Salerno

Editore: Newton Compton

Genere: Thriller

Pagine: 350

Anno di pubblicazione: 2020

 

 

 

 

 

Sinossi.

1127 Nove cavalieri raggiungono l’abbazia di Clairvaux. Papa Onorio II ha appena riconosciuto l’Ordine dei Templari, nato in Terrasanta a protezione dei pellegrini. I cavalieri che lo hanno fondato vogliono capire se si possa uccidere in nome di Cristo. Il frate Bernardo di Chiaravalle, raffinato teologo, li rassicura: non si tratta di omicidio, ma di malicidio.

1314.A Parigi due templari vengono arsi vivi alla presenza di re Filippo IV il Bello e di papa Clemente V. Sono Jacques de Molay, gran maestro dell’Ordine, e Goeffrey de Charney, accusati di eresia, idolatria e sodomia. Prima di morire Jacques de Molay lancia il suo anatema. Giorni nostri. Il maresciallo dei carabinieri Giacomo Mola e il suo aiutante, l’appuntato Goffredo Chiarni, entrano in contatto con tre nobiluomini che vogliono affidare loro un compito della massima importanza: impedire a ogni costo che si compia la profezia di Jacques de Molay.

 

Recensione

Un Ordine formato da cavalieri francesi che avevano come unico scopo difendere i pellegrini che volevano recarsi in Terrasanta a pregare.

Un Ordine che ha incontrato molti amici, ma altrettanti nemici.  Un Ordine sospeso e annientato a causa dell’avidità e del risentimento del re di Francia Filippo IV il Bello che, con l’aiuto del fidato De Nogaret e del timoroso nonché manipolato Clemente V, riuscì a mettere le mani su una parte del tesoro templare torturando e uccidendo molti cavalieri. Tra questi c’erano il Gran Maestro Jacques de Molay e Goeffrey de Charney.

Le accuse superavano i normali racconti fantasiosi e la gente che prima si inginocchiava al loro passaggio, quando videro i due su un carretto portati verso le pire, li insultava e malmenava. Come cambia il giudizio della gente quando è manipolato! De Molay non si lamentava, né lacrimava, né inveiva, ma prima di morire, senza nemmeno un fiato, lanciò un anatema nei confronti del Papa, del re e del suo fido consigliere. E questa maledizione, volle il caso o il divino, si avverò per tutti e tre. Ma de Molay aveva detto anche un’altra cosa che doveva compiersi affinché l’anatema fosse completo e questa cosa alcuni cavalieri la stavano aspettando, anzi stavano attendendo vari test per realizzarla.

Erano nove i cavalieri dietro all’azione segreta come nove erano i primi cavalieri che fondarono l’Ordine, ma gli odierni cavalieri stavano sfidando le regole e stavano per compiere un atto empio, considerato tale anche dall’Occhio dell’Aquila che controllava la rettitudine dei membri dell’Ordine. Questi si avvalsero dell’aiuto di un maresciallo della caserma dei Carabinieri sull’Aventino a Roma, il cui nome, Giacomo Mola, stranamente era uguale a quello del Gran Maestro arso vivo nel 1314.

Si sa che la verità in questi ordini non è mai nelle mani dei gradini bassi, figuriamoci se può esserlo in quelle di collaboratori esterni, ma il Conte Tommaso Pallavicino della Torre per spiegare al maresciallo l’urgenza dei suoi servigi, chiarì a Mola molti passaggi comprensivi di storia dell’Ordine farciti di piani diabolici per vanificare quello che era il compito dell’Ordine. Erano delle mezze verità mischiate ad una storia vera che distingueva i cavalieri e che serviva a manipolare il maresciallo per usarlo come mezzo per arrivare alla soluzione del danno che il Gran Maestro, sconosciuto ai più, insieme a otto cavalieri del Consiglio di Reggenza volevano compiere per raggiungere un gradissimo potere e non un bene per l’umanità.

Gli omicidi furono giustificati dal malicidio, termine che usò Bernardo di Chiaravalle per assolvere i cavalieri che uccidevano i nemici della cristianità in guerra ed ora anche quelli che tramavano il male nell’ombra ai nostri tempi. Mola all’inizio era confuso e credeva che tutta la storia fosse uno scherzo di cattivo gusto, non riusciva a credere alle parole del conte, poi cambiò atteggiamento e si sentì quasi come un cavaliere che doveva riportare la giustizia sulla terra, doveva difendere i principi dell’Ordine, il Papa e la sua Santa Chiesa.

I cavalieri del tempio non morirono tutti nel rogo o tra le torture nel 1314, molti fuggirono e si mischiarono ad altri ordini, ma alcuni ricomposero ciò che era stato e altri deviarono dalla retta via. Infatti, oggi come allora, non tutti sono ligi al dovere scelto e molti cercano di trovare profitti per un proprio tornaconto spacciato per salvezza del mondo.

Per questo motivo e per altri cosa si troverà davanti il maresciallo che diventò capitano e poi colonnello per volere dei piani alti grazie ai membri dell’Ordine? Il lettore si trova davanti ad una grande pazzia, impensabile però non impossibile, che lo terrà sulle spine fino alla fine facendogli trattenere il fiato durante le varie azioni, intimorendolo con  teorie genetiche che potrebbero rendere reale ciò che sta leggendo e facendolo rimanere a bocca aperta durante la notte di Natale.

La verità potrebbe essere davanti agli occhi del lettore…oppure no!

Buona lettura!

 

 

A cura di Marianna Di Felice 

marisullealidellafantasia.blogspot.it

 

Daniele Salerno


Laureato in Giurisprudenza, è Professore in discipline Giuridico Economiche e giornalista pubblicista. Attualmente collabora con il quotidiano «La Stampa».  Autore di numerose pubblicazioni a carattere storico, è Presidente onorario del Comitato Internazionale Storico-Scientifico per gli studi su San Rocco e sulla storia medievale; componente del Comitato scientifico della Fondazione Gian Domenico Romagnosi Scuola di Governo Locale. Ricopre la carica di vicesindaco del Comune di Voghera.

 

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