Leopardi si tinge di nero




Recensione di Velia Speranza


Autori: Jonathan Arpetti, Christina Barbara Assouad

Editore: Fanucci Editore

Genere: Giallo

Pagine: 320

Anno di pubblicazione: 2018

 

 

 

 

 
 

Sinossi.  In un venerdì come tanti, l’elegante e tranquillo borgo di Recanati si ritrova a fare da scenario a un delitto efferato. Nella prestigiosa Biblioteca del Centro Studi Leopardiani l’addetta alle pulizie rinviene il corpo senza vita del giovane bibliotecario, un ragazzo solare, amato da tutti, una morte violenta e inspiegabile. Il caso viene affidato al commissario Luca Bonaventura della questura di Macerata, affiancato dall’ispettore capo Francesca Gentilucci, una coppia consolidata sul lavoro, un po’ meno fuori dalle mura del commissariato. Le indagini sembrano gettare un’ombra scura sui luoghi rarefatti e fuori dal tempo legati a Giacomo Leopardi. La quiete ovattata di quel mondo, infatti, non convince del tutto i due investigatori. Forse è proprio lì, tra le stanze in cui si consumò la vita straordinaria del poeta, tra le pagine polverose di antichi e preziosi manoscritti, che si nasconde un assassino insospettabile. Perché, come spesso accade, le cose sono molto più complesse e torbide di quanto appaiano…

 

 

Recensione

Leopardi si tinge di nero è un giallo all’italiana in cui si avvertono alcune note del maestro Camilleri: il delitto in una piccola città, la complicità di una stazione di polizia fatta di cameratismo, antipatie e continui spostamenti, i segreti noti a un’intera comunità.

Non per questo, però, il romanzo risulta essere banale. La storia è ben costruita, con colpi di scena e twist investigativi più che plausibili, a cui il lettore stesso può arrivare, senza sentirsi tagliato fuori da una scoperta della verità per lui inaccessibile poiché fondata su deduzioni pindariche e avvenimenti fuori pagina.

Nell’ora in cui i sogni perdono consistenza e cominciano a sfumarsi nella realtà, all’interno della biblioteca del centro studi leopardiani viene ritrovato il corpo del bibliotecario, Raffaele Bravetti, trentenne vestito da hipster e dalla vita di un santo. Amato da tutti, senza un nemico al mondo, sembra che sulla vita di Bravetti non ci sia alcuna ombra, alcuna nota stonata. E chi potrebbe mai metter fine alla vita di un santo?

È questa la domanda intorno a cui girano le indagini del commissario Luca Bonaventura, poliziotto sopra le righe e con poca simpatia per le regole. Ad aiutarlo, sostituta del suo braccio destro, c’è l’ispettore capo Francesca Gentilucci, appena giunta da Milano e con un passato scomodo celato dietro al foulard che le avvolge il collo.

Il lettore si ritrova a seguire i due poliziotti per le strade di Recanati, descritte con tale minuzia da poter ricreare nella mente una vera e propria mappa tridimensionale. E così, a poco a poco, ecco fiorire davanti agli occhi la stradina che porta dritto al monte dell’infinito, ancora dei versi di Leopardi; ecco materializzarsi la biblioteca paterna, in cui il poeta passò la sua giovinezza, chino su tomi polverosi e protetto dalla saggezza degli intellettuali; ecco ergersi le mura di una casa che soffocavano Leopardi, togliendogli il fiato, la gioia e il sonno.

Da ambientazione, Recanati finisce per diventare protagonista, una presenza viva e pulsante che si muove e si trasforma in continuazione. È lei l’ombra che torreggia sui suoi abitanti, nascondendo i loro segreti sotto strati di silenzio e disperdendo omissioni e vergogne nell’aria. Recanati domina la scena e sotto il suo sguardo vigile a cui nulla sfugge si animano le vite della sua gente.

La stessa funzione la svolge anche Giacomo Leopardi. La sua presenza non aleggia solo all’interno del Centro studi, ma anche fra le strade del borgo. La statua posta al centro della piazza segue con i suoi occhi di pietra i mutamenti delle anime in pena, li esamina e li fa propri, trovando per loro versi di consolazione scritti secoli prima.

Unica pecca del romanzo sono i personaggi, i quali, in un’ambientazione così forte e presente, finiscono per perdersi. Le loro storie sono appena accennate, passate in secondo piano, prive di un approfondimento non solo necessario ma ricercato dal lettore stesso. Alcuni temi trattati vengono appena accennati, lasciando un vago senso di insoddisfazione.

Lo stile compensa a pieno questo nero. Veloce, scorrevole, va dritto al punto, presentando e narrando il necessario. Una scrittura puntuale e incisiva quanto l’omicidio che viene narrato.

Pur trattandosi del secondo romanzo del commissario Bonaventura, può essere letto tranquillamente anche da chi ha perso il primo volume (che adesso si dovrà assolutamente recuperare).

 

 

 

Jonathan Arpetti e Christina Barbara Assouad


Jonathan Arpetti è uno scrittore marchigiano. Autore pubblicato dal 2008, raggiunge la fama nel 2010, quando, con I love Ju, vince il concorso per autori esordienti indetto da Radio 24. Con Simone Riccioni ha pubblicato due romanzi, Come saltano i pesci e Tiro libero, da cui sono stati tratti gli omonimi film.

Christina Barbara Assouad è un’autrice americana, nata a Denver ma con il sogno (realizzato) di trasferirsi sulla costa adriatica. Ha pubblicato due romanzi: Due cuori e una borsetta e Brodetto galeotto. Insieme, Arpetti e Assouad hanno dato vita alle avventure del commissario Luca Bonaventura, proitagonista di due romanzi, Delitto dietro le quinte e Leopardi si tinge di nero.