Molto più a sud di Stoccolma




Recensione di Gaudenzio Schillaci


Autore: Alessio Schiavo

Editore: Fernandel

Genere: Thriller psicologico

Pagine: 160

Anno di pubblicazione: 2020

 

 

 

 

 

Sinossi. Un’adolescente si risveglia sola e confusa in un luogo sconosciuto: un piccolo appartamento, senza finestre, anticonvenzionale, sebbene in ordine, pulito. È stata rapita – narcotizzata e rapita. Lo realizza leggendo la nota che trova vicino a sé: chi l’ha rapita ha lasciato delle minime spiegazioni. Fra queste, che la porta dell’appartamento è solida, chiusa a chiave e non è destinata ad aprirsi. L’adolescente teme per la propria vita. Per la propria virtù – parola che tuttavia non è lei a utilizzare. La nota, le note, che numerose si susseguono, contengono delle rassicurazioni. Chi ha rapito l’adolescente non entrerà mai nell’appartamento. O almeno così scrive. Sembra la verità: i pasti vengono forniti attraverso un apposito sportello, e attraverso lo sportello vengono scambiate le note. Non sono previste altre forme di comunicazione. Chi ha rapito l’adolescente vorrebbe destinarle un’educazione sperimentale, estremamente sperimentale. Ma a differenza del proverbiale caso svedese, tra vittima e carnefice non nasce alcuna empatia, si sviluppa semmai una sorta di duello.

 

 

Recensione

Una delle voci più interessanti della musica italiana contemporanea è quella di un rapper, singolare mistura di campano e francese, che è solito farsi chiamare “Speranza” e che nei due idiomi sopracitati si esprime.

Ora, spiegare cosa possa unire questo “Molto più a sud di Stoccolma” alla musica dell’artista casertano potrebbe apparire ai molti impresa ardua, invece è più semplice di quanto si possa immaginare: ad unirli è l’epica del degrado che viene fuori dalle loro opere.

Due degradi diversi, è ovvio: il rapper parla di vite vissute ai confini delle periferie del mondo, lì dove devi scegliere presto qual è il tuo senso di appartenenza e portartelo dietro per sempre; il romanzo, invece, di una vita al confine della vita, cioè privata di quella condizione univoca per renderla accettabile, la libertà.

Da una parte abbiamo il degrado di chi non ha niente per condizione sociale, dall’altra, invece, il degrado di chi si ritrova ad essere strappato via dalla sua quotidianità, costretto d’improvviso a scendere a patti con una situazione lontana dallo schema delle cose fino ad allora conosciuto.

Ambientato in un solo scenario, questo romanzo che segna il debutto di Alessio Schiavo e che pare tanto, tantissimo la sceneggiatura di un atto unico pronto per essere allestito in teatro è una raffinata quanto straniante indagine sulla sordità in cui siamo impantanati, compressi tra tutti gli stimoli che subiamo ormai passivamente come tossici totalmente assuefatti alla sostanza che li tiene carcerati.

Una situazione degradante, appunto, oggetto, da parte di Schiavo, di una classificazione meticolosa realizzata attraverso la storia del rapporto tra un carceriere ignoto che comunica solo tramite bigliettini e un’adolescente che riesce a resistere alle lusinghe di una qualsiasi forma di Sindrome di Stoccolma (patologia a cui il titolo – e tanti complimenti a chi lo ha concepito e scelto – allude) rimanendo fedele a se stessa e ribellandosi, non con le azioni – che nella sua condizione di confinata a forza le sono rese pressoché impossibili- ma con il pensiero arguto, arrogante, sprezzante.

Con questo romanzo l’autore stabilisce i confini del degrado morale della società in cui i suoi personaggi si muovono, una società che somiglia pericolosamente alla nostra, e sul bordo di quei confini ci scrive una storia a tinte fosche e originali.

La scrittura rende bene l’idea di claustrofobia necessaria per la narrazione: nessuna divagazione, nessun dialogo, nessun punto di riferimento, nessun contraddittorio. Una storia secca, scomoda e sporca, che racchiude dentro le sue pagine un duello molto più vicino a noi di quanto la trama, ad una prima occhiata, possa suggerire.

Come Speranza, che partendo da due lingue diversissime ci racconta di come le periferie restano trascurate sia a Caserta che a Strasburgo e che per sopravvivere bisogna trovare qualcosa a cui aggrapparsi, allo stesso modo Schiavo parte da una storia minima e minimale e ne racconta un’altra, una storia importante, di quelle che ci dicono cosa siamo diventati e quale male ci affligge. Per sopravvivere, in questo caso, bisogna leggere “Molto più a sud di Stoccolma” fino alla fine. Non ve ne pentirete.

Complimenti all’autore, che aspetteremo, senza alcun dubbio, ad una sua eventuale e auspicabile seconda prova, nella speranza che possa risultare convincente come questa.

 

A cura di Gaudenzio Schillaci

https://instagram.com/denzyotollah


Alessio Schiavo


(1980) vive a Oleggio (NO). Laureato in economia e commercio presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, lavora per lo stesso ateneo. Molto a sud di Stoccolma è il suo romanzo d’esordio.

 

 

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