Recensione di Ilaria Bagnati
Autore: Michaela Kastel
Traduzione: Monica Pesetti
Editore: Emons Edizioni
Genere: Giallo
Pagine: 235
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Da dieci anni Ronja vive in una vecchia casa nel bosco, lontana da ogni centro abitato. Non conosce molto del mondo, perché “papà” l’ha portata lì quando era una bambina. Ora è diventata grande, e non gli interessa più. Così tiene in ordine le camere, prepara da mangiare, si prende cura dei più piccoli e di Nika, a letto malata. Con l’aiuto di Jannik, suo coetaneo, si cala nel crepaccio in fondo al quale vengono gettate le ragazzine che non si adattano e cercano di scappare. Quando le riporta alla superficie, a volte sono ancora vive. A volte no, e l’uomo chiamato papà andrà a cercarne altre. Sono tante le bambine scomparse. Lola, Emma, Lisa, Mona, le gemelle Laura e Annika… Nella sconfortante assenza di indizi, la poliziotta che segue il caso non si dà pace e continua le indagini con ostinazione e coraggio. Ha fiuto, ma non sempre il pericolo è dove te lo aspetti. L’occasione di lasciarsi tutto alle spalle arriva all’improvviso, ma Ronja e Jannik scopriranno che anche una porta aperta può far paura.
Recensione
Una delle paure e degli incubi più grandi è quella di essere rapiti, soprattutto da bambini. Paura dell’ ”uomo nero”, di colui che ci può portare lontani da mamma e papà. In questa storia l’uomo nero non fa la sua comparsa negli incubi infantili ma nella vita vera, ti segue e ti rapisce. Se ti comporti bene ti tiene con lui in una casa in mezzo al bosco altrimenti ti getta in un buco profondo dal quale è impossibile uscire.
Ronja vive da dieci anni con colui che si fa chiamare papà, anche Jannik suo coetaneo e Nika vivono da tanto con lui. Ormai sono grandi e “papà” ha perso interesse verso di loro che gli servono per le faccende domestiche, per accudire i più piccoli, per i vari lavori di cui necessitano per sopravvivere e per recuperare i bambini che lui ha gettato nel buco. Il buco continua ad incutere timore nei ragazzi perché se ci entri sai che poi non ne uscirai.
“Lola!” chiamo. Qualcosa mi afferra il piede. Tengo la torcia premuta contro il petto, non ho il coraggio di guardare nel buio. Jannik grida il mio nome, probabilmente mi è sfuggito un urlo. Sento un sussurro. Una specie di gorgoglio, simile a sangue che ribolle, proprio davanti a me.“Non…lasciarmi sola…” Gocce gelide mi scivolano sulla nuca. Punto la torcia nell’oscurità. Il fascio giallo rivela una figura grigia e bagnata come le pietre, senza quasi più niente di vivo. Come se la montagna l’avesse fagocitata. Le ciocche castane sul viso ossuto, gli occhi vitrei spaventati dal bagliore improvviso. Dalla massa ricurva che un tempo era un naso esce un rivolo rosso. Continua a stringermi il piede. Poi dal suo corpo fugge anche l’ultima scintilla di vita, scacciata dalla luce, e all’improvviso la presa si allenta. La testa piomba di lato, con la pesantezza di un macigno. La mia mano non smette di tremare.
Per i più piccoli, Henna e Theo, papà non ha perso interesse, anzi, se li porta in camera e si diverte con loro finché non si addormenta soddisfatto. Per Ronja e Jannik la vita ormai è quella, colui che li ha cresciuti è “papà” anche se sanno che non è il loro vero padre e lo odiano per quello che fa. Quando la loro quotidianità subirà un cambiamento si sentiranno persi, è difficile fare i conti con la propria esistenza, con il rapporto con “papà” e con il mondo esterno perché tutti sanno che là fuori, oltre il limitare del bosco c’è un’altra vita.
Nella tana come ho già detto, rispecchia le paure dei più piccoli in particolare e la prosa diretta e senza fronzoli dell’autrice induce ulteriormente il terrore e l’angoscia nel lettore. L’autrice non entra nel particolare quando racconta delle sevizie che “papà” fa ai bambini, lascia il tutto all’immaginazione cosa forse ancora più angosciante. Ronja con i bambini è materna, cerca di consolarli coccolandoli e preparando loro dolcetti quando anche lei, ancora giovane, avrebbe bisogno di essere consolata e rassicurata. Ronja si dedica alle faccende domestiche mentre Jannik lavora nel bosco spaccando legna e spalando la neve. Nika purtroppo è confinata nel letto di camera sua con una brutta malattia, il freddo e l’incuria l’hanno fatta ammalare, quando tossisce sputa sangue e non è sicuramente un bel segno, ma come fanno a farla guarire? Non può di certo andare in ospedale e così Nika diventa dura e scontrosa soprattutto con Ronja.
L’ambientazione contribuisce a creare il clima di terrore di cui è pervaso il libro, la casa nel bosco è decrepita, ammuffita, fredda, cadente, le assi del pavimento scricchiolano, il vento fa tremare la casa. Nonostante Ronja cerchi di creare un ambiente confortevole e pulito, la casa è un luogo tetro e fatiscente, luogo di paure più profonde. Nella tana è un libro che si legge tutto d’un fiato anche se a volte è difficile continuare a leggere dopo certi episodi narrati. Non riuscivo a fermarmi perché riponevo grande speranza per i ragazzi protagonisti, volevo sapere se si sarebbero salvati, se per loro ci sarebbe stata una seconda possibilità di vivere normalmente.
Ovviamente non vi dirò se le mie speranze si sono avverate, se per i ragazzi si è aperto un futuro migliore. Tutto ciò che vi dico è che Nella tana è un giallo che vi sconvolgerà, vi farà male e che merita di essere letto anche per il suo finale scioccante.
A cura di Ilaria Bagnati
ilariaticonsigliaunlibro.blogspot.com
Michaela Kastel
Michaela Kastel, nata a Vienna nel 1987, è cresciuta in un paesino della Bassa Austria. Ha compiuto gli studi universitari nella capitale dove oggi vive e lavora in una piccola libreria indipendente. Ha pubblicato i romanzi Hinter dem Spiegel (2015), Die Sterblichkeit der Seele (2017), Nella tana (2018) e Worüber wir schweigen (2019). Nella tana ha ricevuto il prestigioso Viktor Crime Award nel 2018 e presto sarà portato sugli schermi.
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