Nero d’inferno




Recensione di Elsa Flacco


Autore: Matteo Cavezzali

Editore: Mondadori

Genere: noir/poliziesco

Pagine: 300

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. C’è un vecchio calzolaio che per tutta la vita ha nascosto un segreto terribile. Il suo nome è Mario Buda, altrimenti noto come Mike Boda. In America Boda’s Bomb è diventato sinonimo di autobomba, e per le imprese di Mike Boda è stata scritta la prima legge antiterrorismo del mondo, eppure nessuno si ricorda di lui. Chi è questo immigrato, questo arrabbiato che ha firmato una delle pagine meno eroiche ma più significative della lotta contro l’ingiustizia sociale? Mario Buda arriva a Ellis Island nel 1907, partendo dalla Romagna, dove è nato e cresciuto. Alla scuola dell’anarchico Luigi Galleani impara che bisogna dire basta allo sfruttamento, al capitalismo, al razzismo. Costi quel che costi. Di giorno lavora in fabbrica, la sera commercia illegalmente whiskey nella New York del proibizionismo. Quando il governo americano approva le prime leggi contro gli immigrati italiani ed europei, iniziando i rimpatri forzati, mentre Sacco e Vanzetti sono arrestati e condannati a morte per un crimine non commesso, Mike Boda orchestra l’attentato più terrificante che l’America avesse mai subìto: una bomba a Wall Street, con 38 morti e 143 feriti. Quindi scompare nel nulla. Alcuni lo vedono in Messico, altri al confino nell’Italia fascista, altri ancora a Parigi, intento a organizzare un agguato per uccidere il Duce. Dopo un’esistenza segnata da menzogne e misteri, torna a Savignano e riprende a fare il lavoro che faceva da ragazzo e che ha sempre fatto: il calzolaio. Come se niente fosse. Portando con sé tutti i suoi segreti. Matteo Cavezzali racconta Buda attraverso le voci di quelli che lo hanno conosciuto e che sembrano parlare, ogni volta, di una persona diversa. Sono gli amici devoti, i parenti traditi, i poliziotti che gli sono stati alle calcagna, i compagni di militanza, gli avversari, le donne che lo hanno amato. Da una storia vera nasce un romanzo che avvita il passato al presente, esce un piccolo uomo che rabbia, sogni e violenza trasformano in un controverso protagonista, un personaggio che esplode come una bomba e poi si perde nei labirinti della Storia.

Recensione

Nero d’inferno è un titolo suggestivo per un romanzo atipico, impossibile da classificare in un genere prestabilito e preconfezionato. Già la struttura, a scorrere il sommario con i titoli dei capitoli, numerosissimi e brevi, ci mette di fronte a un’articolazione complessa e tutt’altro che lineare, come se ci trovassimo di fronte a un documento storico, quasi processuale, con la ricostruzione di un fatto attraverso la raccolta di indizi, e della personalità di un uomo attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto.

L’enigma ha per nome Mario Buda, alias Mike Boda per gli yankee. Italoamericano anarchico, calzolaio di mestiere, si muove dapprima impacciato, poi sempre più sciolto e consapevole nel magma di movimenti, gruppi politici, aspiranti terroristi animati da un profondo senso di ingiustizia e da una connessa esigenza di rivalsa, sentimenti che li portano ad abbandonare ogni speranza di integrazione e di riscatto in nome di una lotta senza quartiere e senza sbocco. Ostili non solo ai “padroni”, ma anche ai movimenti socialisti che si battono per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, in America come in Europa gli anarchici conducono una guerra disperata e autodistruttiva che non lascia scampo prima di tutto a loro.

Attraverso lo sguardo del protagonista e di chi lo ha conosciuto, amato, osteggiato e invano ricercato, entriamo nel mondo degli anarchici italoamericani, conosciamo gli sfortunati e innocenti Sacco e Vanzetti, ripercorrendone la tragica vicenda, ma anche altre figure meno celebri, come Luigi Galleani, Carlo Valdinoci e il sardo Michele Schirru, che finirà fucilato in Italia condannato dal Tribunale Speciale fascista per “aver avuto l’intenzione” di uccidere Mussolini, intenzione presunta e mai messa in atto.

Tanti personaggi si muovono intorno a Mario Buda, molti dei quali prendono la parola nel corso del romanzo per dare la propria versione dei fatti: compagni, avversari, poliziotti, giornalisti, giudici, donne amate e donne combattenti, a fornire ciascuno una tessera parimenti importante a completare il mosaico di azioni, moventi, contesti, reazioni che forma quel modo ormai vecchio di un secolo.

A raccoglierne le fila provando a districare i garbugli delle diverse versioni e prospettive che il tempo ha stratificato fino a far perdere le tracce di una ipotetica verità, è l’autore narratore, che si presenta nell’antefatto con un’efficacia e una naturalezza che ce lo fanno immediatamente amare, con le sue tristezze, i problemi, i dubbi e le passioni di un trentenne caparbio che sceglie di perseguire l’obiettivo che il caso gli ha posto innanzi: indagare su quell’uomo, suo compaesano, autore di una strage efferata per cui non ha mai pagato, personalità sfuggente e inafferrabile che seguiamo nei suoianni americani e ritroviamo vecchio, in Italia, tenacemente inseguito da un giornalista che cerca fino all’ultimo una verità che non riuscirà a ottenere.

Così che alla fine il calzolaio anarchico Mike Boda l’avrà vinta nel suo tentativo di sfuggire a ogni classificazione e giudizio, esaltazione o condanna. E il cerchio si chiude, con un tentativo finale di riflessione generale che prova a estrarre da quella vecchia storia gli strumenti per interpretare le nuove violenze, i nuovi integralismi, fondendo la figura del vecchio terrorista con il nuovo: perché anche se cambiano i tempi, i contesti, i luoghi, le ideologie e le fedi, ad animare la violenza politica, secondo l’autore, è sempre l’eterna storia di sopraffazione e ingiustizia, con la reazione che inevitabilmente scaturisce dalla frustrazione, dal rancore e dal senso di rivalsa.

E fino a quando non si cercherà rimedio alle disuguaglianze e alle disparità che condannano interi gruppi umani a esistenze grame e senza luce, lo spettro del terrorismo si aggirerà implacato nelle nostre città e nelle nostre coscienze.

 

Matteo Cavezzali


Matteo Cavezzali è nato e vive a Ravenna, il suo primo romanzo è Icarus – Ascesa e caduta di Raul Gardini (minimum fax, 2018), vincitore del Premio Volponi Opera Prima/Premio Stefano Tassinari 2019. Ha scritto testi per il teatro e collabora con diversi giornali e riviste. Ha fondato e dirige il festival letterario ScrittuRa che si svolge a Ravenna.

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