Odiodio




Recensione di Sara Zanferrari


Autore: Andrea Salonia

Editore: La Nave di Teseo

Genere: narrativa

Pagine: 448

Pubblicazione: 12 novembre 2020

Sinossi. Io dubitavo tra due estremi della vita. Dubitavo della mia resistenza, e ciò rendeva la mia vita inquieta, le mie notti sudate di terrore freddo. Ero forse un bugiardo? Mi ero detto bugie per tutti quegli anni? Faustino, da piccolo, è un bambino silenzioso e indipendente: nato a Como, da una famiglia laboriosa e di idee forti, coltiva una passione per l’Inter, che lo lega al padre, e un’altra, intima e infinita, per le parole. Le annota e le pesa, le rende importanti, e attraverso di esse impara a conoscere l’intorno. Importante è il rapporto con il sagrestano del paese, Felice: esperto di piante e genuinamente saggio, Felice trasmette a Faustino un profondo interesse per la botanica, per ciò che è fragile, minuto, bisognoso d’acqua. Un giorno tutto cambia: Faustino sente Dio, vede Dio, e prende la decisione di farsi prete. Ma la sua non è una religiosità dottrinale, è una vocazione fatta di attenzione e cura del mondo. Quello con Dio è per lui un dialogo costante e una continua messa in discussione. Quando parte per una missione in Togo, la sua vita si prepara a prendere una nuova direzione: qui vivrà non soltanto la stagione della scoperta dell’altro, di una religiosità vivace e ancestrale, sperimentando il peso del suo credo e dell’ambiente culturale da cui proviene, ma scoprirà soprattutto l’amore, grazie a Nives. Nives è l’altra metà, Nives è la radice e il fiore di ogni pianta incontrata sul suo cammino, è l’esperienza, il futuro. Con lei, Faustino fa esperienza della gioia e del dolore, percorre strade inedite e insperate, fino a quando quella felicità inesprimibile non trova un ostacolo duro, violento, definitivo. Un romanzo non convenzionale e di grande bellezza, questo libro ci restituisce il ritratto di un uomo pronto a rivedere ogni credo e ogni certezza, ma anche e soprattutto capace di scoprire il sacro in ogni più piccolo aspetto della vita, di decifrare la lingua dell’altro, di mettersi al servizio del destino e, ciononostante, continuare a combatterlo.

Recensione

Sarebbe troppo facile dire che non esisti. Non ti vedo, non ci sei. Invece tu sei lì. […] Poco importa la tua forma; ci sei in sostanza. Ti prendi molto sul serio, forse troppo. Incombi e decidi tutto.

Così comincia Odiodio”, secondo romanzo di Andrea Salonia, edito da La Nave di Teseo, 448 pagine dense e allo stesso tempo fluide, veloci, dove il rapporto fra uomo e Dio è così stretto, vero, sofferto, forte, da esser quasi carnale, così come lo è l’amore terreno fra uomo e donna, così forte che credenti o no, non vi lascerà indifferenti.

Chi è Dio?, così andavo chiedendo, così chiede padre Faustino a coloro che incontra nell’Africa nera di Lomè, capitale del Togo, dove viene inviato come missionario comboniano, dopo essere passato per Padova, Firenze, Venegono, e poi di nuovo Padova, e Parigi, in quel lungo e attento percorso di formazione alla Fede e all’ordinazione sacerdotale che tutti i comboniani di quegli anni hanno seguito.

“Chi è Dio? Dio è Mawu, è tutto”.

Faustino non smette mai la sua ricerca di Dio, cominciata quando ancora era un ragazzo, nemmeno una volta prete, nemmeno una volta missionario in terra d’Africa, anzi è proprio lì dove la domanda esistenziale si fa sempre più insistente e contrastata, in quella terra ricca di contraddizioni e pienezza di vita e di morte, “esuberante” di tutto, di colori, di odori, persino di dei:

Mi ero chiesto chi tu fossi, Dio, chi tu fossi in realtà, a cosa tu servissi. Possiamo fare a meno di te? E se così fosse, perché ci chiami? Sei meglio di Mawu? O di tutte le altre divinità che popolano questi luoghi? E tu, Dio tu ci ascolti? Perché gli altri, i loro dei, sembra che almeno li sentano, che ascoltino le loro preghiere e i loro canti, magari con poca attenzione, ma di certo si dan pena almeno di mostrarsi. Cristo che sei venuto a chiamare i peccatori, abbi pietà di noi […] Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito”.

Si interroga, Faustino, ora e sempre, sul suo Dio della Chiesa cristiana, da amare incondizionatamente pur nel suo silenzio, di un amore che come tutti gli amori è fatto di più sentimenti, alcuni in contrasto fra loro, odio e amore, giustappunto, fiducia e dubbio, rabbia e passione.

E tradimento: Dio tradisce Faustino con le contraddizioni della sua Chiesa dogmatica (“Che non era quella che credevo, che non apparteneva alle persone. Non quella della compassione che avevo tanto cercato”), e Faustino tradisce Dio con una donna.

Incontra Nives, “bella di una bellezza imperfetta. Irregolare. Antica. Attorno a lei un profumo di mirto, così intenso che invadeva tutto. Il cervello fin dentro. Il cervello soprattutto, nelle sue profondità che non immaginavo esistessero. Incontra Nives, e tutto il suo mondo si ribalta, il cuore batte, la mente è esplosa. Si sentono gli echi del biblico “Cantico dei Cantici”, amore che è anche passione, fuoco, che non lascia spazio più a null’altro e deve essere vissuto in tutta la sua pienezza, con urgenza e, al tempo stesso, sacralità.Ma, allora, che ne sarà delle sue promesse d’amore eterno e incondizionato a Dio?

Faustino è uomo d’un pezzo solo, che non concepisce falsità e tradimenti, non perde certamente la Fede, ma non può più comunicarla agli altri, o almeno non vestito dell’abito talare. Si spreta e sposa Nives, vivono nella loro casa, hanno due figli, sono felici di amore pieno.

Potrebbe finire qui, ma non è così: Dio sembra pretendere ancora prove d’amore dal suo Faustino. La famiglia si trasferisce in Italia, a Primaluna, terra d’origine del protagonista (così ben descritta in tutta la sua vitalità e bellezza, nella prima parte del romanzo) e qui succede l’imponderabile, e così ritroviamo Faustino seduto al letto di un ospedale dove la sua amata giace per mesi, in coma, come una pianta. E con Fede, aspetta.

Il ritmo si fa più incalzante, lo segnano i capitoli brevissimi e ogni fondo pagina “Ti aspetto”. Mentre invece quello che regna è il silenzio, il silenzio di Nives, il silenzio di Dio:

cosa deve fare Faustino? Amare? Aspettare? Credere? Chiedere?

Un giorno dopo l’altro fra alti e bassi, forza e disperazione, Nives non si sveglia, ma l’amore di Faustino non cede un passo, così come mai ha ceduto nel suo amore per Dio. Ma la sofferenza e il dolore permeano tutta la parte finale del romanzo.

Lui ti ha chiamato, e ha vinto. Abbasso le armi. Desisto. Capitolo. Mi consegno al nemico. Ti consegno al nemico. Ma tu, tu Dio che sei Mawu e che sei Cristo fattosi come me, sei mio nemico?Perché hai chiamato anche Nives? [….] Adesso lei è albero e noi maiali che razzolano attorno [….] Cosa ci è lasciato decidere?

Ti aspetto”.

E quelle domande incessanti e grida rabbiose a Dio, “Dio ti amo”, “Dio ti odio. Quindi so che esisti perché l’odio è sentimento più forte, il più forte”, “Odiodio”. “Amo Nives. Odi o Dio. Per te Dio siamo tutti uguali, il resto non ti interessa. O Dio, o Dio. Dio, so che esisti, e perciò ti odio.

Ti aspetto”.

Silenzio, parola, ascolto, crescita, amore, rabbia, dolore. E ovviamente l’Africa. C’è tutto questo nello stupendo romanzo di Andrea Salonia.

Non vi accorgerete che sono quasi 450 pagine. Lo amerete. E forse lo odierete. Perché non vi lascerà in pace. Dio, Faustino, Nives e Andrea Salonia non vi lasceranno in pace. Ma sarà un viaggio incredibile, vero, vivo, sulle parole di un autore che scrive con una maestria unica, che distribuisce prosa e poesia a sapienti dosi. E, dopo, non sarete più gli stessi.

A cura di Sara Zanferrari

 poesiedisaraz.wordpress

 

Andrea Salonia


(Como, 1971) è Professore Ordinario di Urologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il suo romanzo d’esordio, Domani, chiameranno Domani (Mondadori Electa, 2017), candidato al premio Strega e vincitore del premio Letterario Brianza 2018, è stata una sorpresa, per la critica e per i lettori.

 

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