Recensione di Annalisa Tomadini
Autore: Jenni Fagan
Traduzione: Barbara Ronca
Editore: Carbonio Editore
Genere: Romanzo
Pagine: 304
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Nella desolata campagna alla periferia di Edimburgo svetta una torre di guardia. È il Panopticon, una struttura circolare, con tante piccole celle controllate dall’alto da un occhio invisibile.
Qui vengono rinchiusi i ragazzi senza speranza: i giovani disadattati, segnati per sempre da un’infanzia difficile. Come Anais Hendricks, 15 anni, che da quando è nata è passata da una famiglia all’altra, sballottata tra assistenti sociali e genitori adottivi. E adesso è accusata di aver mandato in coma una poliziotta. Al Panopticon non sarà facile sopravvivere. Qui si viene spiati giorno e notte, studiati come cavie. Per non perdere la testa, il trucco è non pensare, non vedere, e magari affezionarsi agli strampalati compagni di sventura. Oppure inventarsi una meravigliosa realtà parallela…
Da una scrittrice scozzese di talento, l’erede di Irvine Welsh, un romanzo spregiudicato e spiazzante, pieno di humour e voglia di rivincita, con una giovane eroina indimenticabile.“Sono un esperimento. Lo sono da sempre. È una certezza, un’impudenza, un fatto. Mi osservano mentre fisso ostinatamente la luna. La sua terribile testa pelata non mi intimidisce. Mi osservano, lo so, e non riesco più a trovare un luogo dove non possano vedermi.”
Recensione
Anais ha 15 anni, ma è come se ne avesse un centinaio. Sua madre l’ha partorita ed è sparita, probabilmente suicida. Da lì in poi, la vita di Anais è stata solo violenza, solitudine, dipendenze, sesso, e spesso tutto questo mescolato insieme.
Ora è finita al Panopticon, un istituto particolare nel quale, dalla torre di guardia dall’aria aliena, gli ospiti, tutti ragazzi difficili, vengono osservati giorno e notte. Sta lì, ed è una sorvegliata speciale, perché sembra che abbia aggredito una poliziotta mandandola in coma, ma lei non ricorda nulla, era fatta come sempre.
In realtà il luogo è meglio di quel che sembra. Perché tra gli altri ospiti, tre ragazze e quattro ragazzi, alcuni non sono poi così male; dopo un inizio burrascoso, in poco tempo Shortie, Tash, Isla, John, diventano per Anais più che amici, diventano complici, guardiani, sodali. Diventano famiglia. Perfino gli operatori, in particolare Angus, sembrano tenerci sul serio al suo destino, questo Anais lo sente per la prima volta in vita sua.
Dal Panopticon i ragazzi possono uscire, lo fanno regolarmente, ma Anais preferisce rintanarsi sul tetto, l’unico punto in cui non si è spiati. La sua mente, provata da un’infanzia di sofferenze, dall’omicidio della mamma adottiva, dalle droghe e dall’alcol, dal rapporto con il suo spacciatore, ora in carcere, non riesce a liberarsi da un’idea fissa: che lei in realtà non sia una persona reale, ma un esperimento creato in laboratorio.
Per questo non riesce a ricordare sua madre, per questo non ha geni ereditati, per questo l’unica speranza è inventarsi un passato e un futuro alternativo.
La forza brutale di questo libro, è tutta nell’ostinazione a vivere di Anais, la pervicace ricerca di regole (non si fa male a vecchi e bambini, né agli animali, mai) e di amore, la sua ironia sferzante, il suo istinto di autodistruzione vinto dalla capacità, dalla volontà di sognare un altro futuro.
Un romanzo duro, violento, che ad ogni pagina ti fa gridare dentro di te “Basta, lasciatela in pace!”, ma da cui è impossibile scrollarsi.
Jenni Fagan
Jenni Fagan scozzese, è nata nel 1977 a Livingston e vive a Edimburgo. Selezionata dalla prestigiosa rivista Granta nel 2013 e nominata “autrice scozzese dell’anno” nel 2016 (Sunday Herald Culture Awards), è stata due volte finalista al Pushcart Prize. Panopticon, tradotto in 8 lingue, è il suo romanzo d’esordio, diventato anche un’opera teatrale. Jenni ha scritto inoltre la sceneggiatura per la trasposizione cinematografica, attualmente in produzione per la Sixteen Films di Ken Loach.
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