Quando eravamo eroi




Recensione di Sabrina De Bastiani


Autore: Silvio Muccino

Editore: LA NAVE DI TESEO

Collana: Oceani

Genere: Romanzo

Pagine: 240

Anno di pubblicazione: 2018

 

 
 
 
 
 
 
 

 
Un romanzo appassionato sulla forza dell’amicizia oltre il tempo e le metamorfosi, sul dolore e la meraviglia del diventare adulti, e sulla possibilità di essere, anche solo per un giorno, gli eroi della propria vita.
 

SINOSSI. Alex ha trentaquattro anni e sta per tornare in Italia. Dalla sua casa ad Amsterdam guarda una vecchia foto che lo ritrae adolescente insieme ai quattro amici che allora rappresentavano tutto il suo mondo. Gli stessi che ha abbandonato da un giorno all’altro senza una spiegazione, quindici anni prima. Lui, Melzi, Eva, Torquemada e Rodolfo erano indissolubili, fragili e bellissimi, esseri unici e uniti come alieni precipitati su un pianeta sconosciuto a cui non volevano, non sapevano conformarsi. Poi, qualcosa si è rotto. Ora Alex sta per affrontare il passo più importante della sua vita, ma, prima di chiudere i conti con quel passato e con la causa della sua fuga, ha bisogno di rivederli perché sente di dover confessare loro la verità. Una verità che nel corso di quegli anni lo ha portato ad un punto di non ritorno oltre il quale, di Alex, non resterà più nulla. Per Eva, Alex è stato il grande amore, per Rodolfo il rivale-amico che aveva rubato il cuore della ragazza di cui era innamorato, per Melzi un dio messo su un piedistallo, per Torquemada un enigma da risolvere. Nessuno è mai riuscito a superare il dolore di quell’abbandono che ha alterato il corso delle loro vite. È per questo che, nonostante tutto, decidono di accettare l’invito di Alex a trascorrere tre giorni nella sua casa in campagna – meta e rifugio di tanti momenti passati insieme. Ma quando vi arriveranno, la rivelazione che li attende sarà infinitamente più scioccante di quanto avessero mai potuto immaginare. Sarà solo l’inizio di un weekend fatto di verità e confessioni, pianti e risate. Al loro risveglio, il lunedì mattina, nulla sarà più lo stesso.

 

 

RECENSIONE

Eccoli qui, i miei amici.

Una vecchia foto che ci ritrae quindici anni più giovani troneggia sul desktop del mio computer, e la sua sfacciata bellezza quasi mi ferisce. È talmente piena di vita e ostinata a non morire che non mi sorprende che il suo ricordo sia sopravvissuto a questo silenzio forzato, durato troppo a lungo, a questo abisso che ho messo tra me e loro e che ormai mi appare incolmabile.

Spendendo due pensieri per il nuovo romanzo di Silvio Muccino, uno che di cinema ne respira e ne pratica, non posso non relazionarmi con un bellissimo film di un po’ di anni fa, Il grande freddo, il cui tema centrale era il riunirsi, dopo anni, di un gruppo di ex compagni di scuola per commemorare uno di loro, morto suicida, tra malinconia per ciò che si è stati e desiderio di ricominciare a “essere”, anche se in modo diverso.

La cosa che unisce Alex, Eva, Rodolfo, Melzi, Torquemada, i “cinque alieni”, cinque creature testardamente determinate a sfuggire da qualunque definizione, qualunque categoria, qualunque incasellamento. Eravamo diversi da tutti. Troppo strani per essere normali, troppo normali per essere alternativi

è, appunto, la volontà di tornare a “essere”, e i tre giorni che trascorreranno insieme, nella casa disabitata di Alex, saranno catartici sotto tanti aspetti, ma soprattutto serviranno a capire chi “essere”.

In tutto questo, come in passato, Alex rappresenta il perno, l’asse di equilibrio delle vite dei suoi amici.

Lui, che ha dovuto allontanarsi da tutti per capire e risolvere se stesso; gli altri, che hanno bisogno di lui per capire se stessi, oggi adulti con le vite (non “vissute”) apparentemente risolte.

Con grande maturità espressiva, Silvio Muccino si destreggia tra le voci dei suoi personaggi, dei suoi eroi, con una scrittura al contempo testosteronica e delicata, dura e sfumata, dove nel bene e nel male ogni verbo, ogni reazione, diventano emotivi, sincopati. Una scrittura che è lo specchio delle ambivalenze che vuole raccontare illuminando il buio, tramutando in luce la parte interiore di noi, quella di cui non ci vantiamo, perché arrivare a guardarla è l’unica via per accettarsi, amarsi, definirsi in pieno.

Tutti, in un modo o nell’altro, sono dipendenti da Alex, e solo Alex può liberarli, liberando se stesso.

Dura solo tre giorni questo nuovo incontro tra alieni, ma la convivenza stretta fa da detonatore a tutti i rancori repressi, che altro non sono che dichiarazioni d’amore, stavo per scrivere mascherate, ma preferisco dire travestite da rabbia, da recriminazione, dalla paura di chiedersi chi si sia, essendo troppo abituati a provare ed essere qualcun altro. Alex. Sempre e solo Alex.

E io mi sono chiesto perché le avessi detto una cosa tanto crudele.

Perché sono fatto così, credo: odio sentirmi impotente, odio vederla star male e soprattutto odio non essere io la causa di quel dolore. Quindi me ne approprio, cercando di ferirla ancora di più, se posso.

(…) solo quando dice di odiarmi, io mi sento felice, perché solo in quel caso io so di essere il solo. L’unico. E non la copia sbiadita di qualcun altro. Se non posso avere l’esclusiva sul suo cuore, allora la voglio avere sul suo dolore.

L’unico modo affinché tutti siano liberi è, appunto, che Alex non esista più.

Ed è così che andrà, perché è così che ha deciso la vita, è così che ha deciso Alex, in questo preciso momento; non prima, non dopo, perché

Bisogna sapersi alzare dal tavolo prima che l’amore venga sparecchiato

morire per rinascere.

(…) Ora che sto per compiere quello che considero l’atto più oltraggioso e spregiudicato della mia vita.

Dove per “oltraggioso e spregiudicato” si legga, in questo caso, coraggioso.

Coraggioso come lo è questo bel romanzo di Silvio Muccino, ricco di immagini indimenticabili, pieno di brutture e di bellezza, che racconta di alieni che mai sono stati così reali, umani, imperfetti, nella loro magnifica perfezione.

Dove la chiave è includere, non escludere, abbracciando con tenerezza le nostre fragili piccolezze, per far sì che l’altro cessi di “spaventare”, cessi di essere “diversità”, per ri(s)velarsi semplicemente “differenza”, la stessa che c’è tra mostrarsi ed essere…

Per me invece, lui è l’unico in mezzo a tutti noi che io riesco ancora a riconoscere

 
 
 

Silvio Muccino


Figlio di Luigi Muccino, dirigente RAI, e Antonella Cappuccio, pittrice affermata soprattutto nei circoli intellettuali romani, è il più piccolo di tre figli. La sua carriera cinematografica inizia nel 1999 quando, a soli diciassette anni, scrive assieme al fratello maggiore Gabriele ed interpreta il film Come te nessuno mai, diretto dallo stesso Gabriele. Dopo aver avuto un piccolo ruolo in Un delitto impossibile (2001) di Antonello Grimaldi, torna a lavorare con il fratello prima in L’ultimo bacio (2001), poi in Ricordati di me (2003). È poi nel cast del thriller di Dario Argento Il Cartaio (2004) ed è anche il protagonista della commedia sentimentale Che ne sarà di noi (2004) di Giovanni Veronesi, con il quale è anche autore della sceneggiatura. Nel 2005 partecipa al film a episodi Manuale d’amore, sempre diretto da Veronesi, sul set del quale incontra Carlo Verdone, con il quale decide di scrivere e girare un film insieme, Il mio miglior nemico, uscito a marzo 2006. Sempre nel 2006 pubblica il suo primo romanzo, Parlami d’amore, scritto a quattro mani con la sceneggiatrice Carla Vangelista. Nel gennaio 2007 annuncia di voler curare la regia della trasposizione cinematografica del romanzo, di cui sarà anche sceneggiatore e protagonista e il film esce nelle sale nel 2008. Alla fine del 2010 esce il suo secondo film come regista (da lui anche interpretato), Un altro mondo, tratto dall’omonimo romanzo di Carla Vangelista.