Quattro topi per un…




Quattro topi per un sadico gatto


Recensione di Antonella Bagorda


Autore: Roberto Ricci e Claudio Latini

Editore: Montag

Genere: narrativa di genere, poliziesco

Pagine: 114

Pubblicazione: ottobre 2021

 

 

 

 

 

Sinossi. In una piccola cittadina di provincia viene rinvenuto il cadavere di un clochard brutalmente ucciso a bastonate. Pochi giorni dopo avviene il delitto di un ragazzino di buona famiglia. A colpire gli inquirenti è un macabro particolare: la bocca delle vittime è stata chiusa con colla per catturare topi. A condurre le indagini verrà chiamato il commissario Greco e ad aiutarlo sarà il medico legale Marchesi. In un mondo a loro sconosciuto, avranno a che fare con i cosiddetti “invisibili”, i dimenticati dalla società. Purtroppo, per Greco e Marchesi invece la scia di sangue che l’assassino si lascia alle spalle è perfettamente visibile, e dev’essere interrotta a ogni costo.

 

Recensione

La mente e la carriera del commissario Greco sono state messe a dura prova dalla morte del figlio, troppo giovane per andarsene così all’improvviso. Il commissario fatica a trovare dei motivi per reagire a quella tragedia, non prova più interesse per il suo lavoro, per il suo futuro, per la sua vita. Anche quando il suo amico Marchesi, amico nonché medico legale, lo chiamerà per comunicargli l’omicidio di un senzatetto, lui si rifiuterà di affrontare il caso, di uscire di casa e di tornare a vivere.

Qualche giorno dopo arriverà un’altra telefonata a disturbare la sua apatia. Gli verrà comunicata la morte violenta di un ragazzino, il cadavere del quale è stato rinvenuto evidentemente torturato e con la bocca e gli occhi incollati con una potente colla per catturare i topi. La notizia riporterà a galla in modo ancora più prepotente il ricordo della morte del figlio del commissario, e sarà questa la spinta che lo porterà a reagire, a uscire di casa e a indagare senza sosta, per scoprire quale mostro potrebbe arrivare a tanto e, soprattutto, perché.

Nuovi omicidi torneranno a ripetersi a brevissime distanze temporali. Omicidi che costringeranno il commissario a entrare in stretto contatto con il mondo dei clochard, dei senzatetto, degli invisibili.

Chi sta sconvolgendo quella piccola e tranquilla cittadina di provincia? Chi si nasconde nell’ombra continuando a uccidere senza sosta? A quanti serial killer il commissario dovrà dare la caccia? In quale assurdo modo gli omicidi potrebbero essere collegati? Ma, soprattutto, di chi potrà davvero fidarsi il commissario Greco?

Quattro topi per un sadico gatto è un romanzo brevissimo, e non è certo facile sviluppare in appena 114 pagine una trama così complessa come quella che gli autori, Ricci e Latini, hanno deciso di affrontare.

La storia fila, i colpi di scena non mancano, e la trama si srotola seguendo addirittura due linee parallele che riescono a mantenere alta l’attenzione del lettore fino all’ultima pagina. Dunque nulla da dire sullo sviluppo del romanzo, solo i miei complimenti per essere riusciti a condurre un’indagine così complessa senza far sentire mai una fretta ingiustificata data dalla brevità del libro.

Gli autori hanno affrontato argomenti profondi come il bullismo, il mondo nascosto dei clochard, la lotta con la propria coscienza, l’omertà, la paura, la violenza gratuita e fuori controllo, e sono riusciti anche a sfiorare i lati positivi della fiducia e della gentilezza.

Insomma, un romanzo carico di concetti e di avvenimenti che non lascia mai un momento di respiro, come un buon thriller dovrebbe fare. Ma questo carico ha lasciato spazio a delle pecche difficili da perdonare: non ci sono personaggi. O meglio, ce ne sono anche troppi, ma nessuno di essi viene approfondito. Sono solo nomi, sono decisioni prese quasi sempre di impulso, sono tutto un susseguirsi di azioni, ma la caratterizzazione psicologica è del tutto assente. Non sono visualizzabili, non mi sono affezionata a nessuno di loro, non mi sono rimasti nel cuore. Un tentativo è stato fatto con Vanja, probabilmente il migliore tra tutti i protagonisti a livello di sviluppo, ma non è stato sufficiente. E sono certa che questo sia stato un problema causato dalla lunghezza della narrazione.

Gli ultimi due punti di cui voglio parlare non c’entrano nulla col numero di pagine.

Per prima cosa, non posso non fare riferimento a uno dei punti deboli più diffusi nei romanzi contemporanei: i dialoghi. Troppo spesso costruiti, finti, ingessati, poco credibili, quasi non c’è differenza tra la narrazione e le frasi che vengono racchiuse tra le virgolette. E mi duole dire che in questo romanzo non ho trovato dei dialoghi sufficienti, che avrebbero per altro potuto contribuire alla caratterizzazione dei personaggi.

Secondo e ultimo punto, ma il più importante: la punteggiatura. Tendiamo a pensare che un romanzo pubblicato da una casa editrice sia sinonimo di qualità, di cura, di un buon editing, almeno di una buona correzione di bozze. Ma quando un libro mi pugnala già dalle prime pagine con delle virgole gettate lì a caso, addirittura tra un soggetto e un complemento, il fastidio è tale che faccio davvero fatica a proseguire con la lettura.

Per concludere. Questa storia ha un grandissimo potenziale, un grande intreccio, ed è chiaro che gli autori abbiano avuto delle grandi idee, ma non c’è stata abbastanza cura dei dettagli né abbastanza spazio per saziare appieno la mente del lettore.

Domandone finale, come sempre. Consiglio la lettura di questo romanzo?

Nonostante tutto sì, consiglio la lettura. In particolare agli amanti del genere.

Alla prossima!

 

 

 

Roberto Ricci e Claudio Latini


Roberto Ricci. Ho 58 anni. Sono nato e vivo a Ancona dove svolgo da quasi 30 anni la professione di parrucchiere. Dopo la vittoria nel 2012 a un importante concorso letterario, ho intrapreso l’attività parallela di scrittore. Ho scritto vari racconti, romanzi e anche soggetti per lo schermo, tutti di genere thriller e horror, le mie grandi passioni. Sono una persona estroversa, ma sto anche molto bene in solitudine. Amo leggere e guardare film. Adoro il mare, i gatti neri e il colore nero. La cosa che più detesto in assoluto è la neve.

Claudio Latini. 41 anni. Ho sempre vissuto ad Ancona, ma ho anche girato molto l’Italia per lavoro. Il mio percorso di formazione è un po’ particolare: ho studiato recitazione nel Teatro Stabile delle Marche, poi sceneggiatura cinematografica e regia, infine design industriale, scienze della comunicazione e marketing. Tutti ambiti nei quali è fondamentale capire le persone ed entrare in empatia con loro. Lavoro a Castelfidardo nel campo del marketing operativo da circa 15 anni, ma non ho mai abbandonato l’amore per lo spettacolo e per la creatività. Sono una persona solare e mi piace molto fantasticare, ma poi torno con i piedi per terra e divento molto pragmatico. Sono cintura nera di film horror e thriller degli anni ’80 – ’90 (di alcuni cult conosco le battute a memoria).

 

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