Resta quel che resta




RESTA QUEL CHE RESTA


Autore: Katia Tenti 

Editore: Piemme

Genere: Narrativa 

Pagine: 458

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Che cosa la parola patria?Per alcuni qualcosa di sfumato e astratto. Per chi nasce in una terra di confine, invece, ha lo stesso peso del corpo, lo stesso colore del sangue. Tra questi, chi viveva in Südtirol nel 1925. Else Steiner e suo padre, in realtà, hanno dedicato tutta la propria vita alla musica, e non ci sono mai stati né tempo né spazio per il conflitto. La musica non ha lingua, in fondo, è universale. Quando però la giovane cantante viene allontanata dal teatro, per far posto a un’italiana, qualcosa si spezza per sempre. È Alfred Gasser, medico di successo, ad approfittare significa della solitudine della donna. Non è un matrimonio d’amore, ma potrebbero essere felici se la loro storia non si intrecciasse a quella di altre tre famiglie. Gli Egger, tra i più ricchi e amati abitanti di Bolzano, il cui figlio minore ha un ritardo mentale che per sua madre è impossibile da accettare, così come ciò che i Walsche, gli estranei, stanno facendo alla sua terra. I Marchetti, arrivati da Vicenza per scappare da un destino infame e disposti a qualunque cosa per integrarsi e arricchirsi, a rubare, mentire, vendere ai Fascisti i nemici politici per un pugno di pane in più. I Ceccarini, orgogliosi comunisti toscani, pieni di figli e di sogni che in parte si infrangeranno nei campi per i dissidenti politici, ma che forse troveranno un riscatto.
Lungo i sessant’anni di storia ripercorsi in questa straordinaria saga, Katia Tenti riesce a farci entrare nei mondi di tutti loro, raccontandoci però anche una storia più grande, quella di una terra dilaniata dall’odio e dagli scontri, in cui l’oppressore cambia faccia e bandiera ogni volta. Ma anche di un luogo amato profondamente da coloro che ci abitano e che per restare sono disposti a tutto.

 Recensione di  Cinzia Passaro

Leggere questo romanzo è stato davvero un piacere, una lettura ricca di emozione con l’autrice che riesce a essere neutrale, pur coinvolta essendo bolzanina. I suoi personaggi ti prendono per mano e ti accompagnano in un viaggio apparentemente lungo, visto il numero delle pagine, ma la scrittura fluida accompagna fino all’ultimo con la sensazione di aver esplorato una storia data per scontata, nei libri di scuola e dall’informazione generale, ma che ha in sé tanta sofferenza e dolore, il tutto è raccontato talmente bene da rammaricarsi che sia già finito. Non sarebbe male una trasposizone televisiva, ne verrebbe fuori una fiction di successo.

Resta quel che resta è molto di più di un romanzo di narrativa, c’è la Storia come protagonista principale. Racconta, in un arco temporale di sessant’anni, le vicende del Sudtirol, in particolare di Bolzano, partendo da quando fu ceduto all’Italia. Occorre rispolverare un po’ la storia per capire le contraddizioni.

 I protagonisti, in una sorta di costruzione di scatole cinesi, corrispondenti alle generazioni delle sei famiglie, due tedesche e quattro italiane,  mantengono immutati i loro sentimenti: disprezzo, orgoglio, odio e amore in un ginepraio di segreti e paure, in un contesto storico e geografico sconosciuto ancora oggi agli stessi italiani. 

Una storia che parla anche degli italiani  che oggi vivono in Alto Adige in una terra straniera, perché di fatto il Sudtirolo è geograficamente italiano ma realmente tedesco, e lo fa in maniera corale raccontando le origini  di questa terra di confine dove il senso di patria divide e contrappone.

È la storia di una terra rubata, di una terra promessa in cui a un certo punto della Storia i tedeschi e gli italiani sono stati costretti a convivere, dove i primi non hanno accettato la presenza dei secondi i Walsche, gli estranei, e quest’ultimi, chiamati dal regime fascista, pensando di riscattare una vita fatta di povertà con il miraggio di poter avere  casa – lavoro – orto a Bolzano,  si trasferiscono qui come fosse  la terra promessa che li potesse riscattare da una vita fatta di stenti, la realtà è ben diversa e tutto si rivela molto più difficile. 

Gli italiani  a Bolzano vengono “sistemati” nel peggiore quartiere, soprannominato Sciangai, in senso dispregiativo dagli stessi italiani che riescono a qualificarsi e dai tedeschi. Un quartiere fatto di casettine semi rurali dove vengono relegati i reietti, gli operai e i comunisti. Ci sarà chi farà di tutto per integrarsi, rubando, mentendo, perpetrando orribili crimini e vendendo ai fascisti i propri connazionali, chi troverà riscatto e chi sarà condannato dagli eventi. Sono italiani provenienti dalla Toscana, dal Veneto, dalla Puglia e da ogni dove ma che non riusciranno mai a essere coesi, si faranno guerra tra loro e sarà questo il loro grande limite.

Dall’altra parte, quasi come antagonisti, i tedeschi, totalmente diversi dagli italiani, tanto da riuscire, lottando, ad avere la loro autonomia, a mantenere la loro lingua, all’inizio proibita, ad assoggettare gli stessi italiani, presunti dominatori, che hanno deciso di rimanere in quella terra, in una situazione di minoranza, nonostante in tanti anni abbiano contribuito a ricostruirla e a farne una terra ricca.

 Non ho voluto soffermarmi sui vari protagonisti di questa saga familiare, lasciando al lettore il piacere di scoprirli, menziono solo Max, bambino prima e uomo dopo, affetto da autismo in un periodo in cui la sindrome non aveva ancora nome, il matto per tutti, una vergogna per la madre anaffettiva, che sarà comunque amato da altri, pur non riuscendo a manifestare alcun tipo di emozioni, chiuso in un mondo solo suo, è intorno a lui che ruota tutto.  

Da qui una storia dove la finzione s’intreccia con la realtà,  in cui non mancano approfondimenti storici, con i protagonisti ben caratterizzati, ben scritta in uno stile piacevole e scorrevole. Ognuno dei capitoli è intitolato a uno o due protagonisti in un crescendo di emozioni in cui un fatto eclatante segnerà la vita di tutti e a cancellarlo non basterà la volontà di dimenticare ma anzi li condurrà alla resa dei conti in un finale che porterà il lettore a seguire con grande partecipazione l’evolversi dei fatti, grazie anche all’abilità dell’autrice di costruire un percorso narrativo efficace. 

Un romanzo che consiglio di leggere per meglio capire perché determinati luoghi che consideriamo italiani non ci accolgono come vorremmo. La Storia dovrebbe insegnarci a impedire  ciò che avviene  ancora oggi nel mondo, situazioni che non tengono conto dei sentimenti dei popoli assoggettandoli in situazioni che determinano oltre al disagio, odio e razzismo.  

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Katia Tenti


è nata e vive a Bolzano. Ha dedicato gran parte dei suoi studi all’approfondimento dei fenomeni di devianza. Dopo diversi anni di attività in ambito sociale, è oggi un’operatrice culturale. Con Marsilio ha pubblicato nel 2014 Ovunque tu vada, e nel 2017 Nessuno muore in sogno i primi due episodi della serie che ha come protagonista il pubblico ministero altoatesino Jakob Dekas.