Recensione di Simona Vallasciani
Autore: James Baldwin
Editore: Fandango
Traduzione: Marina Valente
Genere: Romanzo
Pagine: 212
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. In “Se la strada potesse parlare” James Baldwin ci racconta una struggente storia d’amore in un mondo fatto di dolore e ingiustizia. Attraverso gli occhi di Tish, una diciannovenne bella e innamorata, conosciamo Fonny, il giovane scultore da cui aspetta un figlio. I due sono cresciuti insieme, nello stesso quartiere, insieme hanno giocato, si sono rincorsi, hanno fatto l’amore ridendo e riso facendo l’amore. Il racconto mescola romanticismo e tristezza. Tish e Fonny avevano programmato di sposarsi ma Fonny viene accusato ingiustamente di aver stuprato una donna portoricana. Unico nero in un confronto all’americana, viene riconosciuto colpevole e incarcerato. Fonny è innocente eppure spetta a lui e alla sua famiglia dimostrare – “e pagare per dimostrare” – la sua innocenza. Tish tenta con ogni mezzo di sostenere l’uomo che ama mentre la gravidanza diventa sempre più visibile. Come il blues – dolce, malinconico e pieno di verità – questo libro ci colpisce, prima di tutto, emotivamente. Ci sono la rabbia e il dolore, ma sopra ogni altro sentimento a dominare è l’amore – l’amore potente di una donna per il suo uomo e l’amore avvolgente di una famiglia disposta a tutto, fino all’estremo sacrificio.
Recensione
Le strade di New York sanno di vita, di lacrime, di risa, di dolore e di poesia. Racconterebbero tante storie se solo potessero parlare e una di queste sarebbe sicuramente quella di Tish e Fonny, due giovani ragazzi costretti a separarsi dal pregiudizio e dall’ingiustizia che, negli anni ‘70 come adesso, ancora infesta il più grande Paese del Mondo.
La verità è che James Baldwin ha scritto questa storia nel 1974 ma avrebbe potuto ambientarla benissimo ai tempi nostri e sarebbe stata, crudelmente, vera: Tish, la giovanissima protagonista, condivide il suo straziante flusso di coscienza con la gente del suo tempo ma potrebbe benissimo farlo anche con noi perché la crudeltà della storia che vuole raccontare è la stessa che ancora possiamo vedere nel mondo di oggi e questo rende la storia tristemente comprensibile a tutti.
Persino la speranza, conservata nell’acerbo ventre della narratrice, assume le sembianze di un’ amarezza quando ci si rende conto che tutto corre verso la tragedia e che è inutile credere quando tutto il mondo si schiera contro il bene.
Senza dubbio l’autore ha posto la maggiore attenzione sui due personaggi principali, concentrandosi principalmente su Tish per raccontare sia la disperata procedura giuridica per cercare di far uscire di prigione Fonny, ingiustamente accusato di stupro, sia la loro storia antecedente questo terribile avvenimento, che appare sotto forma di ricordi venuta a portare un po’ di serenità in un susseguirsi di gesti drammatici.
Oltre ai due protagonisti però anche i personaggi di contorno risultano molto interessanti e ben inseriti nel contesto; dai genitori di Tish, alla sorella, al padre di Fonny, fino a giungere alla madre e alle sorelle di quest’ultimo, viste come antagoniste e complici di una società che pone come basi il pregiudizio e il disprezzo.
James Baldwin ha dato vita ad uno spaccato di vita della comunità nera americana, dando voce a tutto il suo dolore, la sua tristezza e la sua frustrazione in un romanzo dall’intimità davvero indimenticabile.
A cura di Simona Vallasciani
James Baldwin
James Baldwin (1924-1987). Romanziere, autore teatrale e saggista, è tra le figure più significative della letteratura americana del Novecento. Cresciuto in una famiglia poverissima e numerosa, dopo aver ricevuto l’incoraggiamento di Richard Wright, si dedica alla scrittura e pubblica il suo primo romanzo, Gridalo forte, nel 1953. Seguiranno La stanza di Giovanni (1956), Un altro mondo (1963), Dimmi da quando è partito il treno (1968), Se la strada potesse parlare (1974) e Sulla mia testa (1979). Dell’opera saggistica ricordiamo Mio padre doveva essere bellissimo (1955), La prossima volta il fuoco (1963) e No Name in the Street (1972)
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