Sputerò sulle vostre tombe. J’irai cracker sur vos tombes
Recensione di Marina Morassut
Autore: Boris Vian
Traduzione e Postfazione: Stefano Del Re
Editore: Marcos y Marcos
Genere: Narrativa / Thriller
Pagine: 192
Anno di pubblicazione: 1998
Sinossi. Lee Anderson, negro dalla pelle bianca, vuol vendicare l’assassinio del fratello. Ottenuto un posto di gestore di una libreria, entra a far parte di una cerchia “bene” di bianchi. Assieme a Dex, amico rivale, dopo varie scorrerie dentro e fuori Buckton, progetta di far perdere completamente la testa e sedurre le splendide, gelide e inavvicinabili sorelle Asquith… È l’avvio di una storia crudissima che miscela i tratti salienti dell’epoca dei “belli e dannati” degli anni Cinquanta: automobili a velocità sfrenata, tempo e spazi polverizzati dal brivido dell’avventura, alcool fino alla nausea e all’annientamento, violenza come sfida spudorata e senza limite, sesso facile e musica di chitarre, musica ormai giunta alle soglie del rock…
Recensione
Complesso e caleidoscopico autore, Vernon Sullivan, nom de plume di Boris Vian, nel 1946 decide di cimentarsi (per motivazioni di cui diremo più avanti) – anche – nella stesura di romanzi hard-boiled, che tanto vanno di moda in quel periodo in Francia, importati dal modello americano. Non solo. Afferma, da bianco, di disprezzare i “neri buoni”, cioè quelli ai quali i bianchi, nella letteratura, “danno pacche affettuose sulle spalle”.
Vernon Sullivan, presentato inizialmente alla critica ed al pubblico come scrittore negro censurato in America, sicuramente più adatto di un Boris Vian a sfornare romanzi hard-boiled, immagina e vuole scrivere di “neri duri”, al pari dei tosti bianchi protagonisti dei romanzi americani.
E questo è proprio quello che tale poliedrico autore ha tentato di dimostrare con il suo scabroso romanzo, di una violenza, di un sadismo e di una descrizione della realtà di certi ambienti così abbietta che francamente, in America, terra di puritani travestiti da finti anticipatori dei tempi, questo romanzo non avrebbe mai potuto essere pubblicato, a causa del razzismo imperante.
Il breve romanzo, tutto narrato in prima persona dal protagonista, il giovane Lee Anderson, ci introduce in una serie di paesotti della provincia americana degli Stati del profondo sud.
Tre fratelli, di cui due dalla pelle bianca. Nonostante questo, o forse proprio a causa di questo fattore che scatena l’iniziale violenza, i due fratelli riescono a frequentare i bianchi, sotto mentite spoglie. Ma la scoperta che uno di questi ragazzi è in realtà un nero e frequenta una ragazza bianca, porta i familiari a giustiziare il ragazzo, che è appunto il fratello del ns protagonista e che nel romanzo verrà sempre chiamato così, “il ragazzo”, quasi a volersi smarcare da questo episodio rimasto impunito da parte della polizia.
Tom, il fratello maggiore e dalla pelle “giusta”, è un insegnante e rimarrà fondamentalmente sempre un buono, attirando l’ammirazione ed al contempo il disprezzo del nostro protagonista, il quale, proprio grazie al fratello insegnante, ottiene un lavoro come gestore di una libreria in un paese a qualche ora di distanza dal luogo natio, dove nessuno lo conosce e dove tutti, con un po’ d’accortezza da parte sua, non potranno mai immaginare che lui sia un nero. Potrà così condurre una vita migliore nella società bianca e così mettere al contempo in atto la sua vendetta: sedurre ed uccidere una ragazza bianca della società bene, se non addirittura altolocata, rivelando poi di essere un nero e non un bianco. E così consumare la vendetta a nome del fratello morto.
Si trasferisce, inizia a gestire la libreria e a guadagnare un po’ di soldi e così al contempo inizia a conoscere la gioventù del luogo ed inizia con crudele superficialità e ardore giovanile a sedurre giovani ragazze bianche, peraltro parimenti desiderose di avventure perniciose. Ma proprio questa eccessiva pruderie da parte delle ragazzine, che fanno parte dei margini della società bianca di questo paesotto agricolo, fa sì che Lee si ravveda quasi dal suo folle proposito bestiale. Decisione che dura il tempo di una festa a casa di Dex, un ragazzo molto benestante e che inizia a fare combriccola con Lee. A questa festa infatti l’evento scatenante è l’incontro con le altere sorelle Asquith – venti e quindici anni – facenti parte della società altolocata della zona. Ed il dado a questo punto sarà tratto, fino alla sua truculenta e pazzamente furiosa conclusione.
Violento fino all’eccesso, folle nell’idea e nella realizzazione della vendetta, ci fa vedere con occhi scevri da compassione pezzi di America dei ruggenti anni Cinquanta, tra baby prostitute nere date in pasto a bianchi danarosi e perversi, giovani ragazzine bianche impazienti di farsi sbattere dal primo ragazzotto interessante che frequentano, bourbon e whiskey tracannati come fossero acqua, sigari e sigarette fumati come fossero le odierne sigarette elettroniche al gusto di menta.
In tutto questo, ci si dimentica ben presto che l’autore non è realmente americano, ma francese. Ed era proprio questo l’intento di Boris Vian: confezionare un hard-boiled americano, scritto ancor meglio rispetto ai colleghi d’oltre oceano. E per questo utilizzare un nome americano che dia lustro iniziale alla carriera, viatico inoltre per un successo sicuro.
Storia crudissima che trascina con sé tutti i miti dell’America sulla soglia dei ruggenti anni Cinquanta, periodo dei “belli e dannati”: la musica con le chitarre ed il quasi rock, le mitiche automobili americane, con corse folli ed inseguimenti vari, alcol a fiumi, sesso facile, violenza gratuita ed animalesca, fino all’annientamento totale dell’essere umano in quanto tale.
Non per niente, nel giro di pochi giorni dalla pubblicazione del romanzo nel 1946 per la Casa Editrice Le Scorpion, il romanzo diviene subito un best seller, salvo poi essere subito censurato per lo scandalo senza precedenti causato, mentre Vian ammette alfine di esserne l’autore e viene poi condannato per offesa alla morale e distrutto a questo punto dalla critica.
A cura di Marina Morassut
Boris Vian
Sovversivo, geniale, surreale, poetico e audace tutto questo e molto altro ancora è stata la vita di Boris Vian, uno fra i più anticonvenzionali artisti del Novecento. Laureato in ingegneria decide presto di seguire il suo istinto artistico, avviando la sua carriera come musicista jazz nei fumosi locali della Parigi anni ’40. La sua vena artistica, però non si esaurisce con la musica, e infatti inizia a scrivere. La stesura dei primi romanzi a metà degli anni ’40. Successivamente inizia a lavorare come autore teatrale, passando poi alla poesia, fino al suo impegno come traduttore (sarà lui a portare la letteratura hardboiled in Francia con la traduzione dei libri di Raymond Chandler). Vian ha scritto 10 romanzi, tra cui 4 thriller del genere hard boiled piuttosto famosi, pubblicati sotto il nome di Vernon Sullivan. La scelta di questo pseudonimo fu dettata dal tentativo di aggirare la censura francese, visto il carattere “forte” di questi scritti; ciò nonostante, più d’un suo libro venne censurato. Con il suo vero nome, Vian ha pubblicato L’Arrache Coeur, L’Herbe Rouge, L’automne a Pekin e L’Ecume des Jours. Vian muore la mattina del 23 giugno 1959, nel cinema che proiettava in anteprima il film tratto dal suo romanzo Sputerò sulle vostre tombe. Aveva solo 39 anni e mantenne la promessa fatta da giovane di non vedere i 40. Amico di Raymond Queneau, Jeanne Moreau, Sartre e Simone De Beauvoir divenne simbolo di quell’epoca e anticipò i movimenti culturali degli anni ‘60 e ‘70. Preso di mira dai censori, benpensanti e moralisti amava ripetere con tono beffardo a chi lo criticava: “ho avuto una vita movimentata ma sono pronto a ricominciare”. In questi anni si sono scritte milioni di definizioni per definire Vian ma niente lo descrive meglio delle sue stesse parole: “…Sono un metro e ottantasei a piedi nudi e peso molto e metto al primo posto le opere di Alfred Jarry, la fornicazione, Un Rude Hiver e la mia beneamata sposa.”
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